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Ti ricordi… Gigi Corino, difensore della Lazio di Zoff e Gascoigne: “Era meraviglioso. Ancora ricevo l’affetto dei tifosi, ma ho un rimpianto”

I gol, certo, o magari le parate memorabili, i colpi di classe: il calcio si guarda per quello in fin dei conti. Ma a volte per restare nel cuore dei tifosi più che i numeri serve altro. Una totale abnegazione, la capacità di dare ogni goccia di sudore per la causa: come ha fatto Gigi Corino, ad esempio, nella sua esperienza alla Lazio (scherzi di Paul Gascoigne compresi). Orgogliosamente beneventano (“la Strega è la mia squadra del cuore, ancora oggi il primo risultato che guardo è quello del Benevento”), ha da poco compiuto 58 anni, e altrettanto orgogliosamente ricorda le origini, i primi calci in giallorosso: “In un calcio totalmente diverso da quello attuale però: si giocava per strada e per noi giovani era un divertimento anche quando iniziavi a scendere in campo con la prima squadra. Oggi mi sembra quasi che i ragazzi non si divertano”.

Giovanissimo gioca un ottimo campionato nella stagione a guida Materazzi: è un difensore forte fisicamente ma anche molto rapido, qualità che gli valgono la chiamata dell’Udinese. “Non ero pronto – dice Gigi – ero un ragazzino che veniva da Benevento che si ritrova in una squadra di Serie A, allenata da Vinicio e con dentro gente come Edinho, De Agostini, Carnevale. Un salto che un po’ ti destabilizza, anche se per come sono io è stata comunque un’esperienza che mi ha fatto crescere: ho imparato da tutti quei campioni che ho incontrato, pur senza presenze, e poi sono andato a Genova”. In rossoblu in B trova più spazio: “C’era Tarcisio Burgnich, anche lì ho avuto la possibilità di confrontarmi con tanti grandi calciatori e uomini: da Gigi Marulla a Roberto Policano a Giovanni Cervone a Oscar Tacchi. Lì ho capito che avrei potuto fare il calciatore professionista”.

La consacrazione, dopo un altro anno a Benevento, arriva a Catanzaro, la sorprendente squadra di Guerini sfiora la B nel 1987, Corino resta tre anni e poi passa alla Triestina, prima di spiccare il salto quando arriva la chiamata della Lazio di Zoff. “Dino Zoff è una persona fuori dal comune, una di quelle che incontri raramente nel calcio e solo se hai fortuna: ricordo ancora prima delle partite, quando io ero tesissimo e lui con la sua calma serafica veniva a tranquillizzarmi. Me lo vedo ancora davanti con la sua parlata tipica che mi dice ‘Ma dai Gigi che con la tua rapidità pure se ti superano li riprendi subito, stai tranquillo‘. Un allenatore che trattava tutti allo stesso modo e che ti faceva stare bene”.

E alla Lazio incontra anche il giocatore più forte mai visto nella sua carriera: “Paul Gascoigne era fuori dal comune: quello che gli ho visto fare in allenamento e in partita non l’ho visto fare a nessuno, e quella Lazio aveva gente come Riedle, Ruben Sosa, Beppe Signori, Thomas Doll”. Ed è arcinoto l’episodio del furto dell’auto, con Gazza che chiede a Corino di passare a prenderlo per andare all’allenamento, salvo poi rubargli la macchina e scappare al campo, chiedendo a Zoff di multarlo per il ritardo. Ma Gigi ricorda pure che Gazza è stato il primo calciatore della Lazio a volerlo conoscere personalmente: “Era dopo un derby, lui sarebbe arrivato l’anno dopo, mi dicono che voleva incontrarmi, lo saluto e mi fa i complimenti dicendomi che ero l’unico difensore italiano che avrebbe potuto giocare anche in Premier”. Ma non solo: “Prima di un altro derby mi chiede di prenderlo a pallonate in faccia e di tirare forte…voleva che uscisse il sangue per gasarsi”. Tuttavia: “A raccontarlo così pare che Paul fosse uno sempre esagerato, posso assicurare che non è così: aveva un lato umano meraviglioso. All’epoca eravamo amici, oggi non ci sentiamo più e mi dispiace”.

La sua esperienza alla Lazio però non è certo solo Gascoigne: “Con Zoff stavamo andando fortissimo, tant’è che nel ’93 finiamo un campionato meraviglioso che riporta la squadra in Europa dopo tanti anni”. A 27 anni e nel suo momento migliore Gigi pregusta quella che avrebbe dovuto essere la stagione della consacrazione: “Il 25 agosto alla vigilia del campionato giochiamo un’amichevole contro l’Inter e io mi rompo i legamenti del ginocchio. Altri tempi, le cure non erano quelle di adesso e di fatto mi perdo tutta la stagione e mi rendo conto tornando di non essere più lo stesso: d’altronde ero uno che della fisicità faceva la sua arma principale, da lì iniziò la fase calante tra Brescia, il ritorno romantico a Trieste e la chiusura di carriera a Messina dove mi sono divertito molto però. L’unico rimpianto aver contribuito a riportare la Lazio in Europa senza però giocare neppure una partita nelle Coppe”.

Ma c’è il calore dei tifosi che ripaga: “E’ incredibile: ancora oggi mi fermano per strada mostrandomi affetto, mi chiedono foto. E in fin dei conti io alla Lazio ho giocato 42 partite, dando tutto certo, ma ricevendo di più, ancora oggi. Ha ragione Nando Orsi: la Lazio è qualcosa che ti entra dentro”. Citazione di un’altra puntata di Ti ricordi...