Alessia Marcuzzi: 8. Divertente e divertita, spigliata, affabile, ipercinetica ma con grazia. Si capisce che i film candidati ai David li ha visti e ne parla con cognizione di causa. Insomma non come il Ministro della Cultura Sangiuliano con i libri dello Strega. Giunta in prima serata Rai con le stigmate dell’imposizione governativa a scapito di Geppi Cucciari lascia invece brillantemente il segno. Di diritto verso il palco 2025.
Fabrizio Biggio: 2. Non è che adesso dopo il successo come spalla di Fiorello fai la spalla ovunque ma senza Fiorello. Perché il risultato è terribile: moscio, pallido, continuamente a gonfiare retorici elogi per il cinema, i teatri di posa, i vincitori. Apoteosi cringe quando si mette a guidare un macchinino per mostrare quanto è grande il teatro 18 (“è grandissimo!!”) e dopo due secondi e mezzo ha già finito il giro. Sempre meglio e grandissimo come Solito Idiota più che da valletto cadavere.
Carlo Conti: 6. Lo stesso abito blu “palco David” da non si sa più quanti anni. Gli stessi occhiali, gli stessi calzini, le stesse scarpe e la stessa abbronzatura. Ieri sera poteva essere la serata dei David del 2023, quella del 2021, del 1998, del 1965 e nessuno se ne sarebbe accorto. Quest’anno ha fatto pure l’imitazione di Fantozzi (due volte) di fronte alla Vukotic/Pina e lo share non è andato a picco fin sotto Pantelleria. Alla lunga vince sempre lui. Chapeau.
Nanni Moretti: (n.g.). In seconda fila, inquadrato come la madonna di Pompei, un po’ come il povero Scorsese all’ultima Notte degli Oscar. Il sol dell’avvenire non vince nulla di nulla e a un certo punto all’ennesima inquadratura si capisce dall’espressione contratta che Nanni ha il taxi che lo attende in seconda fila da almeno mezz’ora. Toccherà a Silvio Orlando saldare il taxista.
Paolo Sorrentino: 6 -. Più che il Napoli di Maradona sembra il Napoli di Mazzarri. Appare trenta secondi per premiare il miglior regista esordiente e sembra cercare una tenda dietro la quale scomparire. Capelli sempre più dita nella presa della corrente, svagatezza raffinata alla Jep Gambardella, manda pure qualche whatsapp a Thierry Fremaux (“piove anche lì”?). Animo Paolo, animo.
Pierfrancesco Favino: 9. È in nomination come miglior attore protagonista con due interpretazioni da urlo (Comandante e L’ultima notte di Amore) e tutti cercano Mastandrea, Albanese, l’uscire del teatro 18, il taxista che attende Moretti. Poi all’improvviso la regia impietosa inquadra la sua poltroncina vuota mentre è andato un attimo al bagno e sopra ci fanno sedere Giorgio Moroder. Generoso, stoico, troppa roba per una sola edizione dei David.
Emanuela Fanelli: (n.g.). Ogni film che tocca è un David (per lei). In C’è ancora domani ha giusto mezza battuta in più del morto (Giorgio Colangeli) ma i colleghi (romani) ne parlano come fosse Meryl Streep. Mistero della fede oltre il Sacro Gra. Attendiamo la chiamata per The white lotus.
Sergio Ballo: 10. Vince il David come miglior costumista, agguanta il microfono e sbrocca in diretta come Cavallo Pazzo. Prima minaccia Biggio (“guai se non me lo dai a me”), poi accusa di “tirchieria” l’organizzazione dei David e la scelta di relegare i nominati su una scaletta come Wanda Osiris, infine si inerpica in un’esegesi del sionismo che nemmeno Mario Draghi con i condizionatori accesi. Manca giusto che legga il monologo di Scurati. Scheggia impazzita. Non proprio da mamma Rai.
Lucia Borgonzoni: 5 +. Se la ride e se la suona come negli anni d’oro del Link bolognese. Dai che si fa balotta. Ehi vez. Facciamoci una paglia. Dammi il tiro (e un tiro). Et voilà: cinema revolution (o devolution padana?). 3,5 euro da giugno a settembre per i film italiani e europei perché “il resto ce lo mette il ministero”. D’accordoooo?!?!