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‘Il Ruanda è un paese sicuro’: così il Regno Unito punirà chi rifiuta di attuare la deportazione

Nel novembre 2023 una sentenza della Corte Suprema del Regno Unito aveva ritenuto illegale il piano del governo di deportare in Ruanda i richiedenti asilo, di qualsiasi nazionalità, arrivati illegalmente in Gran Bretagna. La sentenza si concentrava sul principio giuridico di non respingimento, conosciuto a livello internazionale come non-refoulement: si tratta di un principio fondamentale del diritto internazionale che vieta al paese che riceve richiedenti asilo di rimandarli in un paese in cui sarebbero in probabile pericolo di essere perseguitati per “razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica”.

La sentenza stabiliva che, a questo riguardo, il Ruanda non si poteva considerare un “paese terzo sicuro” in cui inviare i richiedenti asilo. La Corte Suprema citava le prove che erano state presentate dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, prove che dimostravano che non esistevano basi solide per essere certi che il governo del Ruanda avrebbe rispettato i suoi obblighi internazionali. A parere della Corte non era sufficiente che il governo del Ruanda affermasse di volerli rispettare a fronte di tante prove che dimostravano il contrario.

Il governo del primo ministro Rishi Sunak, ossessionato dalle barche dei trafficanti che scaricano immigrati irregolari sulle coste inglesi – quando non affondano prima di raggiungerle – preso atto della sentenza, si era immediatamente attivato per trovare una soluzione in vista delle imminenti elezioni e, dopo aver concluso un trattato con il governo ruandese, ha promosso una legge che è stata infine approvata dal Parlamento il 25 aprile scorso, nonostante fosse stata inutilmente criticata ed emendata dalla Camera dei Lord che, essendo nominati a vita, non si sentono minacciati dalle elezioni e possono ragionare in base a criteri diversi da quelli che guidano i membri della Camera dei Comuni.

Si tratta del Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Act 2024, che impone di trattare in modo definitivo la Repubblica del Ruanda come un paese sicuro per i richiedenti asilo. È una legge che rende esecutivo il giudizio del Parlamento secondo cui la Repubblica del Ruanda è un paese sicuro, indipendentemente dal fatto che il Ruanda sia davvero un paese sicuro: (1 (1) (b) this Act gives effect to the judgement of Parliament that the Republic of Rwanda is a safe country). Da ciò deriva l’obbligo, per chi debba prendere decisioni correlate, di considerare la Repubblica del Ruanda come un paese sicuro: (2 (1) Every decision-maker must conclusively treat the Republic of Rwanda as a safe country).

Per esempio, anche in presenza di prove inequivocabili che le persone deportate in Ruanda corrono un rischio di respingimento, i funzionari dell’immigrazione, nel decidere se trasferire un individuo in Ruanda, dovranno comunque considerare il Ruanda come un paese sicuro e i tribunali, a dispetto dei fatti, non saranno più in grado di fermare le deportazioni in base al fondato convincimento che il Ruanda non è un paese sicuro.

Ora, sebbene il Parlamento sia sovrano e abbia il diritto di rispondere alla sentenza di un tribunale approvando una legge volta a modificare un punto del diritto interno, com’è possibile che possa utilizzare una legge per alterare la realtà adattandola ai propri fini? Sarebbe come se il Parlamento approvasse un provvedimento in cui si stabilisse che la Terra è ferma e il Sole le gira attorno e tutti dovessero adeguarsi.

Un altro punto della legge, il punto 5, riguarda le “Interim measures” della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Rule 39 – interim measures – of the Rules of Court), cioè le misure urgenti e vincolanti adottate dalla Corte nell’ambito di procedimenti pendenti innanzi ad essa, allo scopo di evitare o prevenire il rischio imminente di un irreparabile danno ai diritti dell’individuo. Al comma 2 si afferma che solo ad un ministro della Corona spetta decidere se il Regno Unito dovrà rispettare la misura provvisoria (It is for a Minister of the Crown (and only a Minister of the Crown) to decide whether the United Kingdom will comply with the interim measure). Nel caso in cui il ministro decida di non rispettare un’indicazione contenuta nella misura urgente, non bloccando per esempio la deportazione di un immigrato irregolare in Ruanda; è però responsabilità dei dipendenti pubblici – che operano ai sensi del Codice della funzione pubblica – attuare quella decisione e il Codice della funzione pubblica afferma che i funzionari devono rispettare la legge, che include il diritto internazionale (tanto è vero che lo stesso Codice prevedeva che un funzionario, cui fosse stata notificata un’indicazione secondo la regola 39, dovesse senza indugi bloccare e rinviare una deportazione).

Una qualsiasi istruzione ministeriale di ignorare un provvedimento della Corte Europea costituirebbe una violazione dei termini di servizio dei funzionari pubblici e il loro sindacato, la FDA, ha fatto notare che i dipendenti pubblici potrebbero potenzialmente essere perseguibili, se dessero seguito alla richiesta di un ministro di ignorare un’ingiunzione urgente della Corte di Strasburgo che vieta un’espulsione. La FDA ha già inviato una lettera di diffida a James Cleverly, il ministro degli Interni, esponendo le sue preoccupazioni in merito.

Esiste poi anche un’altra difficoltà che riguarda gli aerei che dovrebbero trasportare in Ruanda i richiedenti asilo. Sunak dice di avere già prenotato aerei charter commerciali proprio a questo scopo, ma gli esperti delle Nazioni Unite hanno già avvertito le compagnie aeree che il trasporto di persone in Ruanda potrebbe renderle complici di violazioni dei diritti umani. In una dichiarazione congiunta, Siobhán Mullall, relatore speciale delle Nazioni Unite contro il traffico di esseri umani, Gehad Madi, relatore speciale per la tutela dei diritti dei migranti, Alice Jill Edwards, relatrice speciale sulla tortura, hanno ricordato che anche “le aziende sono obbligate a rispettare i diritti umani”.

Comunque, a parte queste considerazioni, va messa in conto la pubblicità negativa che circonda tutto il programma di deportazione dei migranti, che induce le maggiori compagnie a tenersene lontane per non danneggiare il loro brand. Si sa che il governo si è rivolto a compagnie minori: si è parlato di Privilege Style, di Titan Airways, di AirTanker, ma, appena sbuca un nuovo nome, gli attivisti di Freedom from Torture e altre organizzazioni umanitarie scrivono ai responsabili della compagnia per dissuaderli, inscenano proteste e di solito riescono nel loro intento, ottenendo dichiarazioni in cui le compagnie proclamano di non voler partecipare al piano di voli per il Ruanda. Neppure la compagnia di Stato ruandese Rwandair, di proprietà del governo, ha voluto saperne, per timore di danni reputazionali al proprio brand.

Curioso timore, perché solo pochi giorni fa la portavoce del governo ruandese, Yolande Makolo, ha detto che Kigali è compiaciuta nell’apprendere della decisione del Regno Unito di approvare una legge che consente agli immigrati irregolari di essere inviati nel paese africano e che il suo governo non vede l’ora di accogliere coloro che saranno trasferiti in Ruanda.

Anche il governo britannico soffre di contraddizioni: sostiene che la prospettiva dei trasferimenti forzati in Ruanda riuscirà a dissuadere i migranti dal raggiungere in barca le coste inglesi e poi si affanna a dipingere in tono positivo le strutture preparate a Kigali per accoglierli. Se il Ruanda ha tanti pregi, perché usarlo come spauracchio?