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Che cos’è la riforma Abodi, perché il mondo dello sport è contrario e quali sono gli interessi in ballo

Un nuovo ente pubblico, di nomina politica, per controllare i bilanci dei club. L’idea del ministro Abodi, diventata di dominio pubblico sabato, quando è stata ufficialmente comunicata alla FederCalcio, agita il mondo del calcio ed è diventato quasi un caso nazionale. La Figc di Gabriele Gravina prepara le barricate, il n.1 del Coni Giovanni Malagò parla a quotidiani unificati e denuncia l’invasione politica sullo sport. Abodi preso in contropiede difende se stesso e il suo provvedimento, che nonostante alcuni evidenti limiti ha però centrato un punto: i controlli nel mondo del calcio sono davvero trasparenti e imparziali?

LA PROPOSTA: UN’AGENZIA INDIPENDENTE (IN MANO ALLA POLITICA) – Partiamo dal testo, che ancora non è definitivo, solo una bozza, quanto basta per far impazzire i potentati del pallone. Dovrebbe chiamarsi “Agenzia per la vigilanza economica e finanziaria sulle società sportive professionistiche”, quindi non solo calcio ma anche la Serie A di basket. Tra le principali funzioni: chiedere documenti alle società, fare eventualmente anche ispezioni, controllare i bilanci, i pagamenti, il rispetto delle regole per il rilascio delle licenze nazionali, verificare anche i requisiti delle proprietà, e alla fine dare pareri alla Figc, proporre l’apertura di indagini e sanzioni. Insomma, a grandi linee quello che fino ad oggi ha fatto con risultati davvero modesti la Covisoc, l’organo di controllo finanziario attualmente in seno alla FederCalcio. Con una profonda differenza però: l’Agenzia non sarebbe più interna al mondo dello sport, ma esterna, statale, e si spera per questo davvero indipendente (oggi il presidente della Covisoc è scelto invece direttamente dalla Figc, quindi dal decisore politico del pallone). Alla testa del nuovo organo ci sarebbe un presidente, affiancato da due consiglieri, di nomina politica (scelti da Palazzo Chigi o dal Ministero dello Sport), con a disposizione 30 tecnici, per spulciare i bilanci delle società professionistiche. Costo totale del provvedimento: 2,5 milioni, a carico delle società controllate. Non è vero invece – come raccontato probabilmente da chi voleva screditarla – che la norma verrà infilata in un decreto legge sull’agricoltura: dovrebbe far parte di un più ampio provvedimento di carattere sportivo, da portare in Consiglio dei ministri forse già questa settimana.

LE REAZIONI: GRAVINA-PETRUCCI-MALAGO’, LA CASTA DELLO SPORT FA LE BARRICATE – Come prevedibile, l’irriformabile mondo dello sport italiano non ha certo gradito una proposta di riforma calata dall’alto. Il n.1 della Figc, Gabriele Gravina, già prepara le barricate e chiama a raccolta tutte le componenti tecniche in una riunione d’urgenza: la Covisoc fa parte del potere tentacolare della FederCalcio, di cui Gravina non vuole cedere neanche un pezzettino. Su questo ha l’appoggio di Petrucci (basket) e Malagò, che è tornato a rispolverare un suo vecchio cavallo di battaglia: l’invasione della politica e la violazione del principio di autonomia dello sport. Quando difende Gravina, Malagò difende innanzitutto se stesso: non ha mai digerito la riforma che ha tolto soldi e competenze al Coni per darle alla società governativa Sport e Salute (qui il discorso è più o meno lo stesso), ed è sempre in attesa di una deroga che gli permetta di mantenere la poltrona, su cui pare esserci il veto proprio di Abodi e Giorgetti. Molto più variegata invece la posizione all’interno della Serie A: tanti presidenti, non solo Lotito, sono stufi di Gravina e vorrebbero affrancarsi dalla Federazione. Anche per quanto riguardi i controlli finanziari. Certo però si aspettavano che questi rimanessero all’interno del mondo dello sport, e non finissero in politica, nei cui confronti c’è sempre un po’ di diffidenza. Di qui la posizione di contrarietà, che presenta comunque un profondo distinguo: ribadisce infatti la richiesta di autonomia dalla Figc.

GLI SCENARI: O IL CALCIO CAMBIA O CI PENSA IL GOVERNO – Abodi probabilmente ha sbagliato strategia nel presentare in questo modo la norma, e adesso è costretto a difendersi: tanto dipenderà dalla coesione in maggioranza su un provvedimento che è stato voluto dal ministro dello Sport ma anche e soprattutto da Giorgetti. Margini di trattativa ci sono, sulle forme di finanziamento (non a carico dei club, per ammorbidire i presidenti) e le modalità di nomina dei vertici. L’impressione comunque è che il governo abbia sparato alto (un nuovo ente pubblicato nominato dalla politica) per portare a casa una riforma che potrebbe essere anche più morbida. Una tattica che ad esempio Giorgetti aveva utilizzato da sottosegretario qualche anno fa quando minacciò aveva minacciato di cassare il Collegio di garanzia, costringendo il Coni ad autoriformarsi. Non è detto che non finisca allo stesso modo, con la creazione di un’authority indipendente interna al mondo del calcio e il governo che ritira la sua proposta. Ma il messaggio è chiaro: o il pallone cambia o ci pensa la politica.

Twitter: @lVendemiale