Non è la prima volta che se ne parla: obbligare gli agenti a indossare le body cam, le telecamerine inserite nei giubbotti dei poliziotti che riprendono l’attività degli agenti. Il clamore del caso di Matteo Falcinelli, lo studente 25enne di Spoleto arrestato e “incaprettato” dalla polizia americana lo scorso febbraio, innesca nuovamente il quesito: perché le forze dell’ordine, in Italia, non utilizzano i dispositivi di registrazione audio, video o immagini come negli Stati Uniti? La vicenda Falcinelli – che la famiglia ha potuto denunciare proprio quando è entrata in possesso delle immagini – non è un caso isolato. E non occorre nemmeno arrivare sull’altra sponda dell’Atlantico. Nella Penisola, bodycam e targhette identificative sugli agenti avrebbero certamente aiutato in alcuni episodi. Come gli scontri davanti Montecitorio tra studenti e polizia del dicembre 2023 fatti di manganellate e strattoni. Oppure, caso ancor più emblematico, le manganellate delle forze dell’ordine, partite a caso, sugli studenti pacifici di Pisa dello scorso febbraio. O ancora, le violenze davanti la Sapienza di Roma di circa un mese fa. Ma cosa sono le body cam? E quando se n’è iniziato a parlare in Italia?
Cosa sono le body cam – Sono dispositivi predisposti a registrare audio, immagini e video che, oltre a essere utilizzati da diverse forze dell’ordine e corpi di intervento all’estero, sono chiare nel nostro immaginario grazie alle iconiche serie televisive poliziesche. E negli Stati Uniti, l’uso di queste telecamere per il corpo di polizia, è iniziato intorno al 2007, in coincidenza con la diffusione di altri dispositivi di registrazione come gli smartphone Ma è nel 2011 che la diffusione delle body cam è aumentata. L’obiettivo era quello di migliorare la responsabilità, la trasparenza e la fiducia tra le forze dell’ordine e le comunità in cui operano. A fine 2016 è stato stimato che oltre il 95% dei grandi dipartimenti di polizia negli Usa avevano implementato telecamere per il corpo o avevano pianificato di farlo. E molti dipartimenti più piccoli seguivano l’esempio.
I primi passi in Italia – I carabinieri e i poliziotti italiani, impegnati nelle attività di ordine pubblico, hanno ricevuto le prime body cam nel gennaio 2022. Il ministero dell’Interno, attraverso una circolare, ne ha distribuite meno di mille: 700 tra i Reparti Mobili della Polizia di Stato e 249 ai battaglioni dell’Arma dei Carabinieri. Le body cam sono assegnate “quale ulteriore strumento di documentazione degli accadimenti e, nel contempo, di tutela del personale operante”, aveva spiegato il capo della Polizia Lamberto Giannini che aveva ricordato che i video registrati durante l’attività delle forze dell’ordine verranno conservati dal sistema “per sei mesi dalla data di effettuazione delle videoriprese”. Un passo in avanti ma c’è un però. L’utilizzo delle body cam è limitato e strettamente regolamento. Cioè? L’avvio della registrazione potrà essere disposto solo dal responsabile del servizio “ogni qualvolta l’evolversi degli scenari faccia intravedere l’insorgenza di concreti e reali situazioni di pericolo, di turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica o quando siano perpetrati fatti costituenti reato”, continua la circolare del ministero. Mentre la registrazione verrà interrotta “quando venga meno la necessità di documentare gli eventi”.
La questione privacy – Sulla distribuzione delle body cam è intervenuto anche il Garante per la privacy che ha dato il via libera a Viminale e Arma sulla distribuzione delle telecamere. Il Garante si è prima espresso nel 2017 con due pareri per disciplinare i principi su cui occorre si attengano gli uffici pubblici nell’uso delle tecnologie. Poi è tornato sull’argomento nel 2021. E dopo un dibattito lungo, si è permesso l’utilizzo delle body cam ma vietando “la registrazione continua e l’utilizzo di sistemi di riconoscimento facciale”. Inoltre, una volta scaricati e inviati ai server centrali, i video saranno cancellati automaticamente dalla memoria della body cam e potranno essere conservati per un massimo di sei mesi.
Dunque body cam in circolo, ma limitazione nell’utilizzo. E neanche l’appello della senatrice Ilaria Cucchi è servito. In un’intervista del novembre 2022, all’Huffington Post, la Cucchi ha chiesto che le nuove telecamere venissero utilizzate in maniera più incisiva per tutelare sia i cittadini che gli agenti: “Occorre estendere l’utilizzo delle body cam e per farlo è sufficiente una circolare del dipartimento della Pubblica sicurezza e un confronto preventivo con le organizzazioni di rappresentanza del personale”. Nell’ottobre 2022, invece, +Europa ha depositato una proposta di legge alla Camera, con primo firmatario il deputato Riccardo Magi, per “richiedere subito body cam e codice identificativo sulle divise delle forze dell’ordine”. Contraria, invece, la linea di governo. “Non sono assolutamente d’accordo sul codice di identificazione, ha detto la senatrice forzista Licia Ronzulli, che poi ha aggiunto che “con le body cam probabilmente emergerebbero molto più testimonianze di abusi fatte nei confronti delle forze dell’ordine che viceversa”.
In Europa – Ma la questione body cam non è solo “cosa americana”. Basta restare tra i confini del Vecchio continente per vedere come altre forze di polizia le abbiano adottate. Tra queste ci sono il Belgio, la Germania, il Regno Unito, la Svezia, la Danimarca e la Finlandia. In Olanda è stata introdotta la body cam T2+, una loro soluzione “fatta in casa” che è stata distribuita alle forze d’ordine locali (polizia municipale, controllori del traffico). Mentre in Spagna, il ministero dell’Interno ha annunciato nell’agosto 2022 di aver avviato una fase di sperimentazione con l’utilizzo di minuscole telecamere per le forze dell’ordine in modo da registrare interventi e interazioni con i cittadini o i sospettati di aver commesso crimini.
L’utilità o meno – Secondo i dati del Bureau of Justice Statistics (l’ufficio di statistiche giudiziarie americano), che nel 2018 ha esaminato l’efficacia delle telecamere sulle forze di polizia, le body cam porterebbero diversi vantaggi tra cui la sicurezza degli agenti, il miglioramento della qualità delle prove che si acquisiscono, la riduzione delle denunce da parte dei civili e una minore responsabilità degli agenti. Un elenco che dimostra come le telecamere siano dispositivi bipartisan in grado di giovare sia alle forze dell’ordine, alla giustizia in generale e alla collettività. Strumenti tecnologici che permetterebbero agli agenti di lavorare in maniera più protetta e ai civili di sentirsi maggiormente al riparo contro possibili soprusi e violenze.