In Catalogna restano in vigore misure restrittive nonostante le precipitazioni. Allarme anche in Grecia, Romania e Sud della Francia. Mentre la ministra dell'Ambiente portoghese avverte: “La siccità in Algarve è qui per restare”. Dal Cile centrale al bacino australiano, ecco i "21 punti caldi"
Dalla Spagna al Portogallo, dalla Sud della Francia alla Romania. Come accaduto in Italia, in alcuni Paesi europei la pioggia è arrivata. Può servire a salvare l’estate dalla siccità, a patto che il turismo non diventi un boomerang (come si teme in Spagna), ma non basta ad allontanare il problema a cui i governi europei continuano a lavorare, spesso in emergenza. Le parole emblematiche della ministra dell’Ambiente portoghese riferite alla siccità in Algarve (“È qui per restare”), dimostrano che il caso italiano della Sicilia non è isolato. E non saranno certo le piogge previste nell’isola a risolvere i problemi, tra cui l’impossibilità sottolineata dal sindaco di Messina, Federico Basile, eletto con Sud chiama Nord di Cateno De Luca, di “garantire i lavori nei cantieri” per il Ponte sullo Stretto. Ma se ci si allontana dall’Europa, negli altri continenti ci sono Paesi che vivono situazioni ancora più drammatiche. D’altro canto, dalla Cina settentrionale alle coste cilene, dalla California all’India, sono 21 i “punti caldi” del mondo dove la disponibilità di acqua sta diventando un problema, come racconta la prima mappa globale della siccità, lavoro coordinato dall’Università olandese di Utrecht e recentemente pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters. Il resto, però, lo racconta la cronaca delle ultime settimane. Quella dell’America centrale e meridionale, ma anche di diversi Paesi africani.
La Catalogna piegata dalla siccità – La Spagna è al quarto anno nero per la siccità, che ha colpito soprattutto in Catalogna. Mesi e mesi di crisi che non possono essere cancellati neppure dalle precipitazioni di fine aprile, con la giornata più piovosa registrata dal 23 novembre 2021. Un sollievo certamente per la zona del Basso Llobregat, una delle aree della Spagna maggiormente piegate dall’assenza di precipitazioni negli ultimi mesi. Le riserve idriche e dei bacini interni della Catalogna sono così arrivati a poco più del 18% della loro capacità (a marzo era al 14%), ancora lontano da quel 28% che servirebbe per gettarsi alle spalle lo stato di emergenza. Così, nell’attesa che si possano vedere gli effetti del piano da 2,2 miliardi di euro varato nel 2023, restano in vigore misure restrittive dei consumi d’acqua in decine di comuni, compreso quello di Barcellona. Qualche esempio: sono vietati la pulizia di veicoli e strade, l’irrigazione di giardini, l’attivazione di fontane ornamentali, il riempimento di piscine private, ma anche diversi usi agricoli o industriali. Tutto questo sta avendo delle conseguenze anche sui settori economici più esposti: Freixenet, il maggiore produttore di vino spumante catalano e numero uno delle esportazioni di cava nel mondo, ha annunciato un piano di regolazione temporanea dell’impiego che riguarderà oltre 615 lavoratori del suo stabilimento. Una cassa integrazione, “misura eccezionale” in un contesto di crisi provocata dalla mancanza di materia prima derivata a sua volta dalla forte siccità che colpisce il settore dal 2021 e, in particolare, la produzione di uva nella zona del Penedès, fra le province di Barcellona e Tarragona.
La Spagna contro il turismo insostenibile (anche per l’acqua) – L’invito a risparmiare acqua è rivolto non solo ai residenti, ma anche ai turisti, che nelle ultime settimane – al loro arrivo all’aeroporto di Barcellona o nelle tappe tra i monumenti più visitati – si sono trovati davanti pannelli digitali con la scritta “Allarme siccità. Durante la tua permanenza, risparmia acqua”. Un’immagine che si scontra con l’aspettativa di una vacanza in una città di mare. Ma la situazione va inquadrata in un contesto più ampio, quello della protesta contro un turismo diventato a tratti insostenibile e che non riguarda evidentemente solo Barcellona. Il 20 aprile scorso, decine di migliaia di residenti nelle otto isole dell’arcipelago delle Canarie hanno manifestato contro un modello di sviluppo basato sul turismo di massa e su uno sfruttamento dell’ambiente e delle risorse naturali – acqua compresa – che impoverisce il territorio.
La ministra portoghese sulla siccità in Algarve: “È qui per restare” – Anche l’Algarve, splendida regione costiera del Sud del Portogallo, vive una situazione di estrema siccità idrogeologica. Le recenti piogge hanno fatto aumentare le riserve delle sue sei dighe al 44% della loro capacità, garantendo l’acqua per la prossima estate, tanto che la ministra dell’Ambiente, Maria da Graça de Carvalho, ha già annunciato che si possono allentare un po’ le restrizioni in vigore da febbraio 2024, ossia una riduzione del 15% nel settore urbano (turismo compreso) e del 25% in quello agricolo. La stessa ministra, però, ha anche ammesso: “La siccità in Algarve è qui per restare”. D’altronde, negli ultimi sei anni, le precipitazioni medie annue sono diminuite del 35%. E ora si apre il conflitto per l’acqua, con gli agricoltori pronti ad accettare un taglio che resta al 15% solamente se varrà per tutti i settori, compreso quello urbano. Anche perché l’impianto di desalinizzazione che dovrebbe essere costruito ad Albufeira con cento milioni di euro (dei 237 da investire nel settore idrico nell’ambito del Pnrr portoghese), non sarà pronto prima di due anni.
Dalla Francia del Sud alla Grecia, gli altri Paesi a rischio – La pioggia è arrivata a fine aprile anche a Perpignan, nei Pirenei Orientali. Nella pianura del Rossiglione le precipitazioni non erano così intense da novembre 2021. Da gennaio 2022 a marzo 2024 si sono registrati ben 22 mesi in deficit d’acqua. Un record, nonostante l’area fosse già stata colpita in passato da periodi particolarmente siccitosi, l’ultimo dei quali dal 2006 al 2009. Un altro Paese a soffrire la siccità è la Grecia, dove già agli inizi di aprile le temperature estremamente elevate hanno provocato in pochi giorni decine di incendi in tutto il Paese. Nel 2023, i roghi hanno distrutto un totale di quasi 175mila ettari di terreno. Anche in questo caso, la siccità è un problema enorme non solo per l’agricoltura, ma anche per il turismo. Sotto pressione, per esempio, ci sono anche isole dell’Egeo come Naxos o Mykonos. A Naxos il problema principale è quello dell’agricoltura, dato che si tratta dell’unica isola di tutte le Cicladi che può vantare una coltivazione significativa di patate oltre alla produzione di carne e formaggio. A Mykonos, invece, la situazione preoccupa in vista dell’arrivo dei turisti. In Romania, la siccità ha fatto calare in modo drastico il livello del fiume Danubio, la portata è arrivata a misurare la metà rispetto alla media normale, con grandi difficoltà di navigazione. Colpite anche le coltivazioni di mais, grano, colza, girasole e verdure, soprattutto nel nord-est del Paese.
La “mappa globale” (che include l’Italia) – La ricerca dell’Università olandese di Utrecht ha identificato nel mondo 21 “punti caldi” e li ha suddivisi in sette gruppi a seconda delle diverse caratteristiche. C’è anche l’Italia, che appartiene al gruppo più numeroso insieme alla pianura alluvionale nel Nord della Cina, alla zona centrale della California, agli altipiani degli Stati Uniti occidentali, alla valle del Nilo bianco in Sudan e al delta del Nilo: in queste aree la sfida è gestire l’acqua per uso agricolo. Tra i “punti caldi” ci sono anche la penisola arabica (con una bassa disponibilità di acqua ma un elevato consumo pro capite), Cile centrale e bacino australiano del Murray Darling (con un calo netto delle precipitazioni), i bacini fluviali di Indo e Gange (alle prese con la crescita della popolazione), Perù e India (dove acque superficiali e sotterranee si stanno impoverendo), Messico, Giava e Vietnam, dove lo sfruttamento delle acque sotterranee provoca il cedimento del terreno e infine la Thailandia, a cui manca la quantità di acqua necessaria alla produzione di riso.
La cronaca – Poi, però, c’è la cronaca degli ultimi mesi. Che porta in Brasile, dove dall’inizio del 2024 sono stati più di 17mila gli incendi boschivi, tra Amazzonia e Cerrado, conseguenza diretta dei cambiamenti climatici e del passaggio di “El Niño“, fenomeno climatico che provoca il riscaldamento del Pacifico tropicale centrale e orientale fino alle coste di Perù ed Ecuador. Anche l’Ecuador, di fatto, sta attraversando una grave siccità, che ha lasciato al di sotto del livello minimo il bacino di Mazar, il secondo più grande della nazione. Sospesa la fornitura di energia elettrica alla Colombia, dove pure la siccità causata da El Niño ha colpito duramente, tanto da spingere il governo a una serie di misure di emergenza. La siccità sta devastando anche lo Zambia che, insieme a Zimbabwe e Malawi, ha proclamato lo stato di calamità. Il tutto mentre hanno fatto il giro del mondo le immagini di branchi di ippopotami del Botswana, intrappolati nel fango dove prima c’era l’acqua del fiume Thamalakane o costretti a cercare una via di fuga verso le riserve d’acqua naturali vicine a Maun, città turistica dove generalmente si parte per i safari nei principali parchi naturali del Paese.