Scuola

Valditara vuol mettere mano ai programmi, ex ministri preoccupati. Bianchi: “Viene meno principio dell’autonomia, vuole centralizzare”

Prima del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nessuno aveva mai pensato di nominare una nuova commissione per rivedere le Indicazioni nazionali relative al primo e secondo ciclo d’istruzione, ovvero lo strumento normativo che ha archiviato per sempre l’idea del “programmascolastico dove ciò che era da studiare era deciso da Roma. Dal 2012, anno in cui sono entrate in vigore (quando al dicastero di viale Trastevere c’era Francesco Profumo), solo l’ex ministra Valeria Fedeli aveva apportato un’integrazione elaborata da un comitato scientifico presieduto da Italo Fiorin, che era stato il coordinatore della commissione incaricata della stesura delle Indicazioni già nel 2007 con il ministro Giuseppe Fioroni. Quel documento, che sostanzialmente definisce cosa e come si deve studiare all’infanzia, alla primaria e alle medie, è sempre rimasto la “Costituzione” della scuola italiana.

La notizia che il ministro leghista ora voglia metterci mano fa preoccupare soprattutto alcuni ex ministri: da Profumo a Valeria Fedeli a Patrizio Bianchi. Attendista, invece, Lucia Azzolina che tornata a far la dirigente a scuola dopo la maternità è cauta nel criticare Valditara. Così come non commenta Fioroni: “Non lo faccio mai coi successori”, ma poi si lascia sfuggire una frase alla Bersani. Ovvero: “Il ministero può disegnare la cornice, il quadro lo devono dipingere l’alunno e l’insegnante”.

Le questioni che destano qualche mal di pancia sono un paio. La prima: le Indicazioni in vigore oggi davano autonomia alle scuole. Tradotto con un esempio: per la scuola secondaria c’è scritto per quanto riguarda storia che “l’ultimo anno viene dedicato allo studio della storia del Novecento”. Nulla di più. È lasciata all’autonomia della scuola e alla libertà d’insegnamento la definizione del curriculo. La seconda: il percorso che ha portato alla stesura delle Indicazioni è stato frutto di anni e anni di lavoro e v’era un comitato, definito da Profumo, con il compito di effettuare la “manutenzione” del documento, ovvero di aggiornarlo come è avvenuto nel 2018 quando con la ministra Fedeli si sono inseriti i temi della sostenibilità ambientale, della cittadinanza digitale e sociale.

Non c’era – sostanzialmente – la necessità di una nuova commissione, a meno che il ministro non abbia intenzione di rivoluzionare il tutto. Duro il commento del predecessore di Valditara, l’ex titolare del Miur Patrizio Bianchi: “Se il ministro torna alla definizione dei programmi viene meno il principio di autonomia. A questo punto questo Governo ci dica da che parte vuole andare, se verso una centralizzazione o verso la de-centralizzazione. Quelle Indicazioni non andavano toccate”. Sulla questione interviene anche Profumo, che contattato da ilfattoquotidiano.it dice: “La nostra nel 2012 è stata una di quelle operazioni che ha avuto un impatto importante con un risultato ottimo. Sono passati più di dieci anni, bisogna rileggere quello che è stato fatto ma non abbiamo elementi per capire ciò che ha in testa il ministero. In questa fase storica abbiamo bisogno di scuole attente alle innovazioni, tenendo presente che c’è un ritardo rispetto a quando i giovani entreranno nel mondo del lavoro. Avere dei programmi rigidi, figli di una storia precedente, non serve. Il docente del passato che aveva come riferimento il libro di testo oggi dev’ essere un ricercatore in grado di stimolare gli studenti”. E provocato sulle affermazioni di Valditara dice: “Da una parte ci sono gli annunci dall’altra il lavoro serio: mi auguro che il gruppo nominato lavori con la giusta serenità a una scuola che dev’essere attraente”.

L’ex ministra Fedeli è stata l’unica ad aver ritoccato ma non modificato le Indicazioni: “Attraverso il comitato presieduto da Fiorin – ci spiega – abbiamo implementato quanto già scritto tenendo conto dell’Agenda 2030 ma ora mi sembra che vi sia l’intenzione di mettere mano all’autonomia delle scuole e alla libertà d’insegnamento che è sacrosanta”. Cauta Azzolina: “Stiamo a vedere. Non so cosa abbiano intenzione di fare e perché hanno deciso di metterci mano. Personalmente, quand’ero ministra, sono stata assediata dal Covid, e manco ho avuto il tempo di pensarci”. Intanto, dopo l’attacco della Flc Cgil, il ministro Valditara un paio di giorni fa su “X” ha mostrato i muscoli: “Si rilassino i contestatori e i polemisti di professione. Non appena il decreto di nomina della Commissione sarà registrato sarà avviata una consultazione del mondo della scuola. Noi ci preoccupiamo dell’interesse dei nostri giovani, di chi insegna, del Paese. Altri pensano solo a cristallizzare la loro visione ideologica e proprietaria della scuola”.

Il più preoccupato per questa situazione è proprio Italo Fiorin, che è stato il presidente del comitato definito da Profumo ma anche il coordinatore della commissione presieduta da Mauro Ceruti insediatasi nel 2007. “Una prima bozza era del 2000 ai tempi di Tullio De Mauro. Noi abbiamo ereditato quel lavoro e lo abbiamo definito, ma la ministra Letizia Moratti aveva pensato di fermare il tutto e affidare alle mani di Giuseppe Bertagna (attuale consulente di Valditara ndr) una nuova stesura. Fioroni aveva assegnato a me e Ceruti il compito di allestire un progetto condiviso con le scuole. Abbiamo fatto così”. A dare l’ufficialità al tutto ci ha pensato nel settembre 2012 il professore torinese. “Ottima l’idea – spiega Fiorin – di qualcuno che si occupasse di aggiornare il tutto. Quel comitato è rimasto in vigore fino all’epoca della Fedeli poi non è più stato nominato disattendo la Legge”.

È l’esperto del ministero a spiegare il cuore delle Indicazioni: “Sono uno strumento di orientamento; abbiamo cercato di dare peso all’autonomia non alla centralità dello Stato. Il curriculo lo scrivono le scuole tenendo conto della loro situazione. Le nostre prescrizioni riguardavano le competenze ma non esiste un metodo di Stato. I punti fondamentali uguali per tutti sono questi: partire dalla realtà degli studenti; favorire l’apprendimento come frutto di scoperta; promuovere quello collaborativo; scuola inclusione; avere una scuola laboratorio. E poi ci sono dei valori fondanti: la centralità della persona; l’idea di cittadinanza plurale, si è cittadini del proprio Paese, del continente Europa, del mondo, del pianeta. Non esiste il “fatta l’Italia facciamo gli italiani”. E poi il senso di comunità: la scuola non è un’azienda”.

Principi cardini sui quali Fiorin punta gli occhi: “Sono preoccupato non tanto perché le considero sacre; sono un testo di lavoro, sono un documento partecipato ma se quei valori che le ho citato venissero toccati allora potrebbe diventare un problema. L’orizzonte dell’autonomia si stia restringendo verso una direzione centralistica? Quest’idea della commissione spuntata come un fungo sottintende una strana idea di dialogo”. Non sembra essere così convinto della validità di questo lavoro proprio Valditara che su “La Stampa” la scorsa settimana ha definito le Indicazioni “documenti piuttosto elefantiaci che spesso hanno obiettivi irrealistici che obbligano gli studenti a sapere troppo e quando c’è l’obbligo di sapere troppo c’è il rischio di apprendere male. È necessario poi rafforzare la visione pedagogica rileggendo gli ultimi documenti in modo che si passi dall’educare istruendo che era alla base delle indicazioni precedenti, all’istruire educando”.