“Le ha viste le arance quest’anno?”: al mercato del Capo, a Palermo, chi vende frutta indica il proprio banco e lo prende a riprova della gravità della situazione. Le famose arance siciliane – succose ma soprattutto grandi – quest’anno non si sono viste: al loro posto frutti ugualmente gustosi ma molto più piccoli. “Gli alberi hanno meno acqua e hanno dato frutti meno grandi, andando di fatto in risparmio idrico”, spiega Giuseppe Amato, responsabile risorse idriche per Legambiente Sicilia. Sull’isola da settembre ad aprile ha piovuto pochissimo e adesso lo spettro siccità si addensa alle porte della stagione estiva, dove il consumo d’acqua raddoppierà. Non a caso il sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha già firmato una curiosissima ordinanza in cui ha vietato di innaffiare piante di balconi e giardini privati e di lavare le auto dalle 5 alle 23: potranno lavare le auto solo gli autolavaggi. Un divieto sul quale sarà complicatissimo controllare, ma Lagalla spiega: “Più che avere un intento vessatorio nei confronti dei cittadini, questa ordinanza ha l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini stessi verso buone partiche sull’utilizzo di un bene prezioso come l’acqua. Proprio in quest’ottica, già nelle settimane precedenti a questa ordinanza, l’Amap, l’azienda che si occupa del servizio pubblico idrico in città, ha pubblicato un vademecum con i suggerimenti da seguire, in particolare sull’uso domestico dell’acqua per evitare gli sprechi. Proprio l’Amap sta adottando tutte le misure possibili per affrontare la situazione, a cominciare dall’individuazione di nuovi pozzi ed è stata solo ridotta in tutta la città la pressione dell’erogazione idrica del 4%, un’azione che, di fatto, non viene neanche avvertita dalla cittadinanza”.
Una situazione molto critica “dovuta a un cambiamento climatico che vede colpite alcune zone del mondo più di altre e la Sicilia è una di queste”, spiega di nuovo Amato, da Legambiente. Per questo sul tavolo del consiglio dei ministri è arrivata la richiesta di stato di calamità naturale, come ultimo disperato tentativo della Regione Sicilia per affrontare una situazione ormai troppo critica: “Si sperava in aprile ma la situazione si è ulteriormente aggravata”, scuote la testa Dario Cartabellotta, dirigente generale dell’assessorato all’Agricoltura siciliano. Rimasto solo alla guida del dipartimento più critico dell’isola, dopo la sospensione dai pubblici uffici dell’assessore leghista Luca Sammartino, Cartabellotta non sembra ottimista: “Le speranze di un recupero significativo del pesante deficit accumulato durante l’autunno e l’inverno erano concentrate soprattutto per l’inizio del mese, quando apporti significativi di piogge avrebbero potuto salvare almeno parte della produzione cerealicola, che in alcune zone è andata invece del tutto perduta”, spiega ancora Cartabellotta.
La media regionale della precipitazione mensile, d’altronde, è risultata pari a 23 mm circa, mentre il valore degli ultimi vent’anni, dal 2003 al 2023, è di 41 mm. Dall’1 settembre 2023, d’altronde, “le precipitazioni sono state complessivamente per la Sicilia solo la metà dei valori normali, ma vi sono aree della Sicilia orientale dove è caduto meno del 30% di quanto atteso in base al clima. Numeri che assumono “sempre più i contorni di un’anomalia climatica estrema”, scrivono dall’assessorato siciliano.
Soprattutto per quelle zone, come il Catanese e il Siracusano che registrano le anomalie più alte. Catania città registra addirittura un’anomalia del 70 per cento, che vale a dire che nel periodo da luglio del 2023 ad aprile del 2024 a Catania ci sono state il 70 per cento in meno delle precipitazioni. Peggio va in provincia: a Linguaglossa si tocca il 79 per cento in meno, a Mineo mentre conta il 67 per cento, a Paternò il 71. Nel Catanese non cadeva così poca pioggia come non capitava dal 1969. Nel Siracusano, invece, i centri più in crisi sono ad Augusta e Lentini, con cifre analoghe. Le dighe? A secco: il Fanaco, lago artificiale in provincia di Palermo, “praticamente non c’è più – avverte Amato – potrà fornire acqua per meno di 100 giorni ancora”. I numeri sono sconcertanti: il bacino ha una capienza di 20,70 di milioni di mc, ad aprile del 2023 contava 13,49 milioni di mc di acqua e ad aprile di quest’anno ne conta appena 1,52, perdendo il 6 percento rispetto al mese di marzo quando era a 1,57. Sono in tutto 29 le dighe siciliane e quasi tutte mostrano una portata dell’acqua dimezzata rispetto all’anno precedente. Numeri che si traducono in perdite economiche per l’agricoltura soprattutto, se si considera che la Sicilia è “la regione italiana con la maggiore superficie di agricoltura biologica con 338mila ettari e ha il primato nazionale di imprese agricole condotte da giovani Under 35 (6375)”, scrivono dall’assessorato siciliano nella relazione sull’impatto della siccità sull’economia agricola.
“I settori più colpiti sono la zootecnia e la cerealicoltura”, spiega Andrea Passanisi, presidente Coldiretti Catania. “Sono gli animali ad essere in particolare sofferenza – sottolinea – perché non trovano da mangiare durante il pascolo, questo vuol dire un costo in più per il fieno che non si trova e il cui prezzo sta arrivando alle stelle per la speculazione, vuol dire che gli animali producono meno latte o che addirittura muoiano: per questo quello zootecnico è il settore più a rischi in questo momento in assoluto e con Coldiretti abbiamo lanciato l’allarme già mesi sperando in una risposta tempestiva della Regione”.
Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani è andato per questo a Roma per presentare personalmente al tavolo del consiglio dei ministri la richiesta di stato di calamità naturale, ma è tornato a casa con un risultato di molto inferiore alle aspettative, ottenendo soltanto 20 milioni di euro, nonostante sia stata già accertata una perdita di un miliardo e per come è andata ad aprile le perdite sembrano ormai triplicate. Lo scenario peggiore ipotizzato finora sembrava il più lontano e invece è adesso alle porte. Sono 3 in tutto gli scenari ipotizzati portati all’attenzione del cdm e riguardano appunto la perdita economica: nel primo scenario le perdite quantificate sono poco più di un miliardo, nel secondo sono di un miliardo e 678 milioni e nel terzo scenario si prevede una perdita di 2 miliardi e 686 milioni. E Cartabellotta scuote ancora la testa: “Finora eravamo nello scenario uno di tre, dove il primo è il miglior e il terzo è il peggiore ma a questo punto il primo e il quello di mezzo sembrano sfumati”.
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Nella foto in alto | Dall’alto Cartabellotta, Amato e Passanisi