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Un ragazzo su 4 della Generazione Z non risponde mai al telefono: ecco cosa si cela dietro questo comportamento e perché è un segnale d’allarme

Questi dati, bizzarri ma curiosi, emergono da un sondaggio, commissionato dalla distilleria The Buffalo Trace, e riportato sul The Times inglese

di 30science per Il Fatto

In Inghilterra, un ragazzo su quattro nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni non risponde al telefono, preferendo di gran lunga i messaggi o le note vocali. Questi dati, bizzarri ma curiosi, emergono da un sondaggio, commissionato dalla distilleria The Buffalo Trace, e riportato sul The Times inglese. I ricercatori hanno chiesto a duemila partecipanti, appartenenti a diverse fasce d’età, quale fosse il loro rapporto con il telefono, distinguendo le conversazioni telefoniche dalla messaggistica istantanea.

Stando a quanto emerge dal questionario, il 31 per cento della coorte prova sensazioni di panico in caso di telefonata, specialmente se a chiamare è un numero sconosciuto o una persona che non si sente da qualche tempo. Nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 34 anni, inoltre, un intervistato su quattro ha dichiarato di non rispondere mai o quasi mai al telefono. Nella maggior parte dei casi, gli utenti hanno spiegato di lasciare semplicemente squillare la suoneria, ignorando le chiamate, cercando il numero sul web, oppure rispondendo ad amici e parenti con un messaggio.

Oltre la metà del campione associa la telefonata alla trasmissione di cattive notizie. Quasi il 70 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni ha dichiarato di optare per un messaggio di testo, il 37 per cento per una nota vocale. Solo l’uno per cento dei partecipanti nella fascia tra i 35 e i 54 anni ha espresso tali preferenze. Allo stesso tempo, il sondaggio ha rivelato che il 72 per cento delle donne era associato all’abitudine di rispondere a un numero sconosciuto, a fronte del 57 per cento delle controparti maschili. Il 12 per cento della coorte generale non parlava al telefono con qualcuno da almeno una settimana.

“La comunicazione è un’attività che viene portata avanti sempre più spesso in forma digitale – sostiene Andrew Duncan, global brand director del marchio inglese The Buffalo Trace – è naturale sentirsi meno a proprio agio nel sollevare il telefono quando squilla, ma in realtà non c’è nulla che possa sostituire i momenti tangibili di connessione con gli altri. È importante ricordare alla Generazione Z che a volte le chiamate inaspettate possono portare a piaceri semplici ma importanti”.

Il problema è quello del contatto, anche se soltanto telefonico – commenta Massimo Ammaniti, psicoanalista e professore onorario di Psicopatologia dello sviluppo presso la facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza, a Roma – i giovani utilizzano lo smartphone per chattare, condividere video, immagini o contenuti di carattere sessuale. Sono tutte forme indirette di comunicazione che evitano il dialogo, che invece promuove il confronto e favorisce lo sviluppo della capacità di adeguarsi all’altro”. Queste forme di interrelazione possono degenerare in una vera e propria fobia del contatto. “Il dialogo è fondamentale – continua Ammaniti – deve partire dai genitori, che devono dare il buon esempio. Oggi gli adolescenti vivono dei paradossi. Sono più liberi, hanno il cellulare, possono spostarsi, fanno spesso le prime esperienze sessuali nella loro camera a casa dei genitori, sempre più in difficoltà a porre dei limiti, ma vivono un malessere di fondo. Avere troppe opportunità non li aiuta, anzi, perché pone loro troppi interrogativi”.

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