La stragrande maggioranza delle croniste e dei cronisti della Rai, oltre l’80%, ha aderito allo sciopero indetto dal l’Usigrai contro il tentativo in atto di trasformare le redazioni in megafoni del governo meloni e contro la dissoluzione di interi comparti aziendali, a cominciare da Rai tre. Un risultato straordinario e inaspettato, in presenza di minacce, pressioni dei vertici aziendali, cambiamenti di orario, allestimento di squadre antisciopero, secondo le peggiori tradizioni degli anni Cinquanta.
Nulla di simile si era mai visto nella lunga storia della Rai, pur costellata da censure, editti più o meno bulgari, lottizzazioni brutali. Persino nelle stagioni più buie, nessun direttore generale ha mai tentato di condizionare uno sciopero, nessun direttore si è mai prestato al crumiraggio, nessun giornalista ha mai pensato di sostituire i colleghi in sciopero. La percentuale di adesione allo sciopero Usigrai è stata superiore a quella registrata in precedenti occasioni: l’unica differenza sta negli atteggiamenti della destra destra che governa la Rai, che ha espresso questi vertici aziendali, che ha imposto questi direttori, che ha incentivato una associazione di giornalisti “giallo nera” che ha il compito di “credere, obbedire, combattere”.
Nonostante gli sforzi e gli autorevoli sostegni l’azione di boicottaggio ha registrato qualche successo solo in alcune edizioni del Tg1 e del Tg2. Non si era mai vista una associazione di giornalisti sempre pronta a solidarizzare con il governo, con i vertici aziendali e sempre silente di fronte a censure, querele bavaglio, strage di cronisti a Gaza e dintorni.
Per comprendere chi sono basta andare a cercare una loro dichiarazione sulla censura a Saviano, sulle leggi bavaglio, sul conflitto di interessi, sulla vendita dell’agenzia Italia, sulle querele intimidatorie contro Mario Natangelo, il Fatto, Domani, Tomaso Montanari, Luciano Canfora, Donatella di Cesare, Davide Conti: commenti non pervenuti. Questo manipolo non avrebbe potuto tentare di boicottare lo sciopero senza autorevoli coperture, del resto tra gli sponsor ritroviamo quel senatore con la carota che ha più volte minacciato Report, Sigfrido Ranucci, Serena Bortone, Antonio Scurati e chiunque osi solo nominare la Costituzione antifascista.
Il tempo darà ragione a chi ha scioperato e torto alla guardia regia che presto scoprirà di aver segato l’albero dove sta appollaiata. Nel frattempo l’Italia, dopo l’approvazione del Media Freedom act, sta correndo in direzione opposta. Quel documento ha chiesto norme rigorose contro conflitto di interessi, nomine Rai, querele bavaglio: è accaduto l’esatto contrario. Non ci sarà bisogno di nessun nuovo rapporto internazionale per sapere che siamo andati oltre l’Ungheria, mentre si annuncia una controriforma costituzionale, segnata dal trasferimento dei poteri ad un capo o capa e dalla riduzione del ruolo di tutti i poteri di controllo.
Lo sciopero indetto dall’Usigrai è stato un primo positivo segnale, ora bisogna mettere insieme quanti hanno ancora nel cuore la Costituzione antifascista, antirazzista, pacificata, inclusiva.