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Gaza, ci sono prove scientifiche del genocidio. Ma l’Occidente si ostina a negarlo

I doppi standard morali del mondo occidentale di Gaza accecano così tanto che perfino le prove scientifiche pubblicate su riviste prestigiose come Lancet, giustamente usate per contrastare le asserzioni dei negazionismi Covid durante la pandemia, ora vengono messe in dubbio o ignorate? I dati che anche le Nazioni Unite e epidemiologi di istituzioni accreditate a livello mondiale ritengono approssimativamente validi, per i negazionismi del genocidio non sono affidabili se si tratta di Gaza? O sono le critiche sui dati di mortalità a rivelare l’inaffidabilità delle opinioni dei negazionismi del genocidio? Pur di negare l’evidenza di un crimine del quale siamo tutti complici la nostra mente prova di tutto?

In questa ricerca apparsa su Lancet che ha analizzato i dati di mortalità del ministro della Sanità a Gaza, tre ricercatori della John Hopkins School of Public Health chiariscono in modo empirico che i dati di mortalità a Gaza non sono gonfiati e non hanno grandi margini di errore. I morti accertati, infatti, come accaduto durante la pandemia, sono molto probabilmente sottostimati. Perché? Per una ragione molto semplice: con il 70% delle case distrutte, quasi tutti gli ospedali, scuole, panetterie distrutte, senza acqua potabile, riscaldamento, scarso accesso a cibo e medicinali, cosa ci si aspettate succeda? Che la mortalità diminuisca? E cosa ne dite “dell’effetto statistico” (concedetemi il tragico sarcasmo) di centinaia se non migliaia di corpi sotto le macerie?

Sciolti i dubbi sui dati di mortalità, i negazionisti del genocidio argomentano che la definizione di genocidio stabilisce sia necessario accertarne l’intenzionalità. Un documento redatto da Law for Palestine ha raccolto 500 incitamenti al genocidio e altrettanti link che ne corroborano la veridicità. Una buona parte sono di top figure politiche del governo e dell’esercito israeliano. Altri provengono da giornalisti e opinionisti israeliani.

Il doppio standard morale creato dal pregiudizio di conferma occidentale è così accecante che perfino l’International Court of Justice, citata e ammirata per il mandato di cattura a Putin, ora viene attaccata e minacciata (es. una dozzina di senatori repubblicani in Usa che scrivono all’ICJ “vi abbiamo avvertito”) per il mandato di cattura a Netanyahu. Ah, dimenticavo, la stessa Corte ha stabilito che la denuncia del Sud Africa a Israele per “atti di genocidio” è plausibile e ha infatti intimato un cessate il fuoco immediato, puntualmente ignorato da Israele, con pacche sulle spalle dei leader occidentali.

In sette mesi di assalto a Gaza, Israele ha ucciso oltre 14000 bambini; l’invasione della Russia in Ucraina in oltre 2 anni di bombardamenti poco più di 500 (ovviamente anche questi dati sono sottostimati e ogni vita di un bambino ucciso in guerra è una tragedia indicibile beh oltre i freddi numeri). I freddi numeri tuttavia dicono che il genocidio di Israele a Gaza, aiutato e sostenuto moralmente e militarmente dal mondo occidentale, è un atto di ferocia (e psicopatia internazionale) senza precedenti storici recenti.

Di fronte a questi fatti e questi dati, arrampicarsi sugli specchi adducendo sofismi di vario tipo al fine di negarne la devastante, tragica importanza, è sintomo di un pregiudizio culturale che assegna valore alla vita umana a targhe alterne. È la prova che mass media, istituzioni educative e socializzazione hanno spinto il nostro immaginario collettivo a suddividere le persone uccise in guerra in “vittime di serie A” e “vittime di serie B”. Quelle di “serie A”, opera dei nostri nemici, meritano le nostre lacrime e la nostra compassione. “Quelle di serie B”, causate dai nostri governi e loro alleati, la nostra indifferenza?

Possiamo fare meglio.