di Leonardo Botta

La vicenda del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, per cui sono scattati gli arresti domiciliari (per ora solo una misura cautelare richiesta dalla procura e concessa dal giudice per le indagini preliminari; le eventuali colpe saranno valutate in un altrettanto eventuale processo) mi fa pensare che la politica non sempre faccia figuroni nell’amministrazione delle Regioni italiane. Diversi sono stati i presidenti incappati nel recente passato in condanne penali passate in giudicato: a quelli di area conservatrice come Galan (Regione Veneto), Formigoni (Lombardia) e Scopelliti (Calabria) si aggiunge, per il centro-sinistra, Del Turco (Abruzzo). Insomma, la sensazione è che il potere di chi guida una Regione italiana (non a caso li chiamiamo comunemente “governatori”) sia decisamente sconfinato, e sconfinate siano le tentazioni di cedere alle lusinghe di chi all’ombra della politica cerca di prosperare in tutti i modi (specie quelli meno leciti).

Perciò, anche alla luce della vicenda che nella Regione Puglia vede coinvolto Michele Emiliano (non indagato) ribadisco un mio pensiero da tempo maturato: l’ipotesi del terzo mandato per i governatori è decisamente da scongiurare.

Intanto, qualche nota a margine: qualcuno nel centro-destra, dopo essersi legittimamente fiondato sull’inchiesta pugliese, ora parla di accuse inconsistenti e di giustizia a orologeria (viceversa a sinistra, dopo aver confermato la fiducia a Emiliano, ora invocano le dimissioni di Toti). Sulla consistenza delle accuse dell’inchiesta ligure, tocca attendere gli sviluppi delle indagini e (ripeto) l’eventuale processo. Per quanto concerne la tempistica dei provvedimenti di custodia cautelare per Toti e gli altri indagati, osservo che essi derivano da una richiesta di arresto partita non ieri ma cinque mesi fa (la giustizia, si sa, ha i suoi tempi) e che nessuna delle persone coinvolte ha a che fare con le elezioni europee che si celebreranno a giugno: quindi, di quale orologeria parliamo?

Infine, è ripartito il solito, sacrosanto mantra del garantismo e dell’attesa delle sentenze definitive. Dico la mia: Toti può legittimamente restare al suo posto (anche perché la custodia cautelare potrebbe essere presto revocata: in caso contrario, sarebbe complicato guidare un’importante regione da casa propria) e continuare a esercitare il suo mandato fino a quando qualche tribunale non sancirà (gli auguro di no) un’eventuale condanna. Però non capisco a cosa serva attendere le sentenze della magistratura, se poi continuano a candidare (è il caso delle prossime elezioni europee) pregiudicati come Sgarbi, Fidanza (Fratelli d’Italia) e Cota (Forza Italia). Insomma, vuoi vedere che nella politica italiana è tornato prepotentemente di moda (ammesso che mai fosse tramontato) il mito del Marchese del Grillo (“Io sono io e voi non siete un c…”)?

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Alla Camera si discute sulla “supercazzola”: Mulè riprende Iaria (M5s) per l’uso del deputato. E Giachetti interviene in difesa del collega

next
Articolo Successivo

“Monti e Macron vanno curati, sono pericolosi: vadano loro in Ucraina”: Salvini senza freni sull’ipotesi di invio delle truppe. L’imbarazzo di Fdi

next