L’idea che Donald Trump possa finire in galera è diventata all’improvviso concreta. Si comincia addirittura a discutere su quale prigione potrebbe ospitare il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Le domande si accavallano. Soprattutto: se fosse condannato, potrebbe fare campagna elettorale dal carcere? Potrebbe essere eletto e poi liberato in caso gli americani lo scegliessero come presidente il prossimo 5 novembre?
Il giudice di Manhattan Juan Merchan ha dichiarato Trump in “oltraggio alla corte” per la decima volta in pochi giorni per aver criticato la giuria (“per lo più tutta democratica” dice il tycoon) via social o con interviste ai media, per cui ha aumentato la multa totale per oltraggio alla corte a 10.000 dollari e ha avvertito che ulteriori violazioni potrebbero portare l’ex Commander in Chief in galera. “L’ultima cosa” che il giudice ha detto di voler fare, ponendo però le basi per l’ennesimo drammatico capitolo della politica americana nel primo processo penale contro un ex presidente.
Trump è stato incriminato per 34 pagamenti effettuati al suo ex avvocato Michael Cohen, che nei libri contabili della sua società erano elencati come spese legali. Gli esborsi includevano compensi a Cohen per 130.000 dollari dati in effetti all’attrice porno Stormy Daniels per impedirle di rivelare un presunto incontro sessuale con Trump. “Lei è l’ex presidente degli Stati Uniti, e forse anche il prossimo presidente”, ha detto Merchan in tribunale. “Non voglio imporre una sanzione carceraria e ho fatto tutto il possibile per evitarlo. Ma lo farò se necessario”. Trump, non in tribunale, ma ai giornalisti, ha fatto capire di non essere affatto scoraggiato dalla minaccia del carcere. Anzi la prospettiva gli piace. Ovvio: risulterebbe ancor più un eroe per i 70 milioni di americani che credono fideisticamente in lui: “La nostra Costituzione è molto più importante del carcere… Farò questo sacrificio ogni giorno”, ha detto.
Secondo la legge dello Stato di New York, l’oltraggio alla corte è punibile con una detenzione fino a 30 giorni di carcere, e se questo fosse il caso, Trump verrebbe trasferito a Rikers Island, la prigione di New York sull’isola dell’East River che ha visto tra gli altri ospiti famosi l’ex capo del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn (stupro, poi assolto), l’ex stella della NFL Plaxico Burress (possesso di armi, poi condannato a due anni) e il magnate del cinema caduto in disgrazia Harvey Weinstein (molti casi di stupro). Incarcerare un ex presidente candidato alla Casa Bianca costituirebbe uno scenario inedito incredibilmente esplosivo. I temi evocati dal bel film di Alex Garland Civil War (consigliabile vederlo) diventerebbero materia di cronaca politica quotidiana. E le conseguenze anche pratiche sarebbero notevoli. Tanto per cominciare, come ha dichiarato il portavoce del Servizio Segreto Anthony Guglielmi, Trump avrebbe diritto alla protezione 24 ore su 24, anche in prigione. E avere una decina di agenti armati del Servizio Segreto all’interno di un carcere popolato di delinquenti comuni e assassini, non è cosa di tutti i giorni.
In verità sembra improbabile che l’incapacità quasi patologica di rispettare l’ordinanza del silenzio (garg order) emessa dal giudice possa tradursi in una pena detentiva. “Per qualsiasi imputato, di 77 anni, senza precedenti penali – per un crimine non violento, non dipendente da droghe, non suscettibile di commettere un altro crimine – non sarebbe appropriata la prigione, anche se la legge lo consente”, è l’opinione dell’ex commissario del Dipartimento penitenziario di New York City, Martin Horn. Possono essere previste altre pene: libertà vigilata, libertà condizionale, multa.
Eppure, che l’ex Commander in Chief finisca dietro le sbarre è un’ipotesi che solletica tutti gli oppositori democratici. La domanda chiave rimane: Trump potrebbe diventare presidente dopo essere stato condannato per un crimine? La risposta è sì, non c’è nulla nella Costituzione americana o nella legge federale che impedisca a un criminale di ricoprire la carica più alta della nazione. Mentre molti dipendenti federali non verrebbero assunti in caso di fedina penale sporca, per l’elezione alla Casa Bianca la Costituzione degli Stati Uniti non stabilisce alcun criterio.
Altre domande. Il 14° emendamento non squalifica i candidati che “si sono impegnati nell’insurrezione?” Sì, ma Trump non è stato accusato di insurrezione dopo l’assalto del 6 gennaio a Capitol Hill. E la Corte Suprema ha stabilito all’unanimità che gli Stati che agiscono per conto proprio non possono far rispettare questa disposizione. Qualcuno si è mai candidato alla presidenza dal carcere? Sì. Eugene Debs si candidò cinque volte per il Partito Socialista e ottenne quasi un milione di voti nel 1920, quando stava scontando una pena detentiva per sedizione. Ancora: quali sono le possibilità che Trump venga condannato prima delle elezioni? Allo stato attuale, è del tutto possibile.
Trump deve affrontare quattro processi con accuse penali. I due casi più gravi riguardano le imputazioni federali avanzate dal procuratore speciale Jack Smith, che ha incriminato Trump a Washington per aver cospirato nel sovvertire il conteggio delle schede elettorali dopo la sconfitta alle elezioni del novembre 2020 vinte da Biden per sette milioni di voti. In un caso separato, The Donald è stato accusato di aver lasciato la Casa Bianca con documenti top secret, di averli tenuti nella sua casa in Florida e di essersi rifiutato di restituirli quando richiesto. Entrambi i processi si stanno muovendo lentamente e non si prevede che finiranno prima delle elezioni. In sostanza il processo di New York guidato dal giudice Mechan potrebbe essere il meno grave di tutti, ma ha le migliori possibilità di andare a sentenza prima delle elezioni.
Altra domanda: Trump rieletto potrebbe perdonarsi se fosse condannato nel processo di New York? La risposta è no. Il potere di grazia del presidente è molto ampio, ma si applica solo ai reati federali, non ai crimini previsti dalla legge statale, anche se la Costituzione americana afferma che “i giudici di ogni Stato sono vincolati” dalle leggi emanate “sotto l’autorità degli Stati Uniti”. Il fatto è che non esistono precedenti. Siamo in un territorio nuovo. Non lo sappiamo perché non abbiamo alcuna esperienza di situazioni come questa. Benvenuti in America, terra di Civil War, per ora combattuta in modo incruento.
Aggiornato da redazioneweb alle ore 14