Se un richiedente asilo proviene da un paese che l’Italia considera sicuro ha meno probabilità di ottenere la protezione umanitaria. Quali sono questi paesi lo dice una lista aggiornata annualmente per decreto del ministero degli Esteri. L’ultimo è del 7 maggio e allarga fortemente l’elenco, che passa dai precedenti 15 Paesi a 21 e del quale fanno ora parte Bangladesh, Sri Lanka, Camerun ed Egitto, da cui provengono molti migranti che attraversano il Mediterraneo, ma anche Colombia e Perù. Questi si aggiungono ad Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia, e Tunisia, già presenti nel decreto ministeriale del 17 marzo 2023. Così aggiornata, la lista dei Paesi “sicuri” assume significato soprattutto alla luce dei dati sugli arrivi. Quelli via mare dei quali il Viminale pubblica quotidianamente un cruscotto, vedono al primo posto proprio il Bangladesh, con 3.425 persone sbarcate. Un tempo dal Bangladesh si arrivava soprattutto attraverso la rotta balcanica, oggi i viaggi iniziano in aereo, verso l’Egitto, per poi proseguire nei paesi nordafricani dai quali prendere il mare. Il secondo paese d’origine dichiarato all’arrivo è la Siria, con 2.460 arrivi. Poi la Tunisia con 2.286 e la Guinea con 1.631. Quinto l’Egitto, con 1.043 persone nel 2024.
Secondo la legge (d.lgsl. 25/2008), “uno Stato non appartenente all’Unione europea può essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione quali definiti dall’articolo 7 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, ne’ pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”. Chi proviene da un paese sulla lista può ottenere protezione internazionale, ma rispetto agli altri dovrà dimostrate che sussistano “gravi motivi” per richiederla, rischiando con maggiore probabilità di vederla respinta perché infondata. Arrivare da un paese “sicuro” significa tempi stretti per l’audizione, la decisione e l’eventuale impugnazione del rigetto. E dunque una limitazione del diritto di difesa, oltre ai limiti posti al diritto a rimanere nel territorio dello stato fino all’esame completo della domanda. Ma soprattutto, i cittadini di paesi “sicuri” possono essere destinatati delle cosiddette procedure accelerate in frontiera, introdotte dal governo Meloni e adottate anche nel nuovo Patto migrazione e asilo approvato a Bruxelles e in attesa di essere reso operativo.
Procedure alla base anche dell’accordo tra governo italiano e albanese, sui tre centri che già da fine mese l’esecutivo Meloni vorrebbe operativi per ospitare i migranti provenienti da paesi “sicuri” raccolti nel Mediterraneo dalle navi militari italiane. Con l’allargamento della lista aumentano decisamente le persone che, secondo le intenzioni del governo, potranno essere condotte nei centri italiani in Albania. Basti pensare che nel 2023, su 157mila sbarchi, oltre 12mila erano arrivi dal Bangladesh e 11mila dall’Egitto. Un allargamento che a molti è sembrato dunque sospetto, se non politicamente indirizzato. La presidente di Magistratura democratica, Silvia Albano, ha diffuso una nota in cui commenta la scelta a partire dall’ipotesi che serva a nutrire il protocollo con l’Albania. E avverte: “Il decreto Ministeriale è fonte normativa secondaria e deve rispettare tanto le fonti sovraordinate, come la Costituzione e la normativa della Ue, quanto la legge ordinaria”; quindi, scrive, “i giudici dovranno verificare se il Paese designato come sicuro con decreto ministeriale, possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”. Cosa che già per la Tunisia è avvenuta, con giudici che nel caso specifico hanno considerato il paese non sicuro. “E’ lo stesso art 38 della direttiva 2013/32/UE (nuova direttiva procedure) a prevedere la necessità di una verifica della effettiva sicurezza del Paese da parte dell’autorità giudiziaria sulla base dei criteri indicati nella norma”, spiega Albano.
L’art. 2 bis dello stesso d.lgsl. 25/2008 prevede che “ai fini della valutazione di cui al comma 2 si tiene conto, tra l’altro, della misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante: a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese ed il modo in cui sono applicate; b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, aperto alla firma il 19 dicembre 1966, ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, in particolare dei diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della predetta Convenzione europea; c) il rispetto del principio di cui all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra; d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà”. Queste le valutazioni che la legge impone al giudice interessato dall’impugnazione di un rigetto della Commissione territoriale, che per prima si esprime sulle domande d’asilo. E prima di finire davanti a un giudice molti potrebbero passare dall’Albania, dove è ancora tutta da dimostrare la capacità dell’Italia di garantire le stesse condizioni, a partire dall’effettività del diritto alla difesa, finora garantite all’interno dei propri confini.
Cronaca
Più migranti verso l’Albania, il governo allarga la lista dei paesi d’origine “sicuri”: anche Egitto e Bangladesh. Cosa cambia davvero
Se un richiedente asilo proviene da un paese che l’Italia considera sicuro ha meno probabilità di ottenere la protezione umanitaria. Quali sono questi paesi lo dice una lista aggiornata annualmente per decreto del ministero degli Esteri. L’ultimo è del 7 maggio e allarga fortemente l’elenco, che passa dai precedenti 15 Paesi a 21 e del quale fanno ora parte Bangladesh, Sri Lanka, Camerun ed Egitto, da cui provengono molti migranti che attraversano il Mediterraneo, ma anche Colombia e Perù. Questi si aggiungono ad Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia, e Tunisia, già presenti nel decreto ministeriale del 17 marzo 2023. Così aggiornata, la lista dei Paesi “sicuri” assume significato soprattutto alla luce dei dati sugli arrivi. Quelli via mare dei quali il Viminale pubblica quotidianamente un cruscotto, vedono al primo posto proprio il Bangladesh, con 3.425 persone sbarcate. Un tempo dal Bangladesh si arrivava soprattutto attraverso la rotta balcanica, oggi i viaggi iniziano in aereo, verso l’Egitto, per poi proseguire nei paesi nordafricani dai quali prendere il mare. Il secondo paese d’origine dichiarato all’arrivo è la Siria, con 2.460 arrivi. Poi la Tunisia con 2.286 e la Guinea con 1.631. Quinto l’Egitto, con 1.043 persone nel 2024.
Secondo la legge (d.lgsl. 25/2008), “uno Stato non appartenente all’Unione europea può essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione quali definiti dall’articolo 7 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, ne’ pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”. Chi proviene da un paese sulla lista può ottenere protezione internazionale, ma rispetto agli altri dovrà dimostrate che sussistano “gravi motivi” per richiederla, rischiando con maggiore probabilità di vederla respinta perché infondata. Arrivare da un paese “sicuro” significa tempi stretti per l’audizione, la decisione e l’eventuale impugnazione del rigetto. E dunque una limitazione del diritto di difesa, oltre ai limiti posti al diritto a rimanere nel territorio dello stato fino all’esame completo della domanda. Ma soprattutto, i cittadini di paesi “sicuri” possono essere destinatati delle cosiddette procedure accelerate in frontiera, introdotte dal governo Meloni e adottate anche nel nuovo Patto migrazione e asilo approvato a Bruxelles e in attesa di essere reso operativo.
Procedure alla base anche dell’accordo tra governo italiano e albanese, sui tre centri che già da fine mese l’esecutivo Meloni vorrebbe operativi per ospitare i migranti provenienti da paesi “sicuri” raccolti nel Mediterraneo dalle navi militari italiane. Con l’allargamento della lista aumentano decisamente le persone che, secondo le intenzioni del governo, potranno essere condotte nei centri italiani in Albania. Basti pensare che nel 2023, su 157mila sbarchi, oltre 12mila erano arrivi dal Bangladesh e 11mila dall’Egitto. Un allargamento che a molti è sembrato dunque sospetto, se non politicamente indirizzato. La presidente di Magistratura democratica, Silvia Albano, ha diffuso una nota in cui commenta la scelta a partire dall’ipotesi che serva a nutrire il protocollo con l’Albania. E avverte: “Il decreto Ministeriale è fonte normativa secondaria e deve rispettare tanto le fonti sovraordinate, come la Costituzione e la normativa della Ue, quanto la legge ordinaria”; quindi, scrive, “i giudici dovranno verificare se il Paese designato come sicuro con decreto ministeriale, possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”. Cosa che già per la Tunisia è avvenuta, con giudici che nel caso specifico hanno considerato il paese non sicuro. “E’ lo stesso art 38 della direttiva 2013/32/UE (nuova direttiva procedure) a prevedere la necessità di una verifica della effettiva sicurezza del Paese da parte dell’autorità giudiziaria sulla base dei criteri indicati nella norma”, spiega Albano.
L’art. 2 bis dello stesso d.lgsl. 25/2008 prevede che “ai fini della valutazione di cui al comma 2 si tiene conto, tra l’altro, della misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante: a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese ed il modo in cui sono applicate; b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, aperto alla firma il 19 dicembre 1966, ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, in particolare dei diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della predetta Convenzione europea; c) il rispetto del principio di cui all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra; d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà”. Queste le valutazioni che la legge impone al giudice interessato dall’impugnazione di un rigetto della Commissione territoriale, che per prima si esprime sulle domande d’asilo. E prima di finire davanti a un giudice molti potrebbero passare dall’Albania, dove è ancora tutta da dimostrare la capacità dell’Italia di garantire le stesse condizioni, a partire dall’effettività del diritto alla difesa, finora garantite all’interno dei propri confini.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.