Dall’eccesso alimentare all’illusione del cibo che nutre il Pianeta, ma che in realtà lo impoverisce attraverso agricoltura e allevamenti intensivi, fino alle strategie di seduzione alimentare attuate dall’industria. Sono alcune delle dieci ‘Trappole alimentari’ raccontate nell’omonimo libro pubblicato da Longanesi e scritto dal biologo nutrizionista e ricercatore Stefano Vendrame, che sfata diversi falsi miti, svelando “cosa è andato storto” nella dieta dei consumatori (anche italiani) con la “green revolution“, la trasformazione di agricoltura e allevamento in epoca industriale. Si ripercorre la storia di alcuni degli alimenti più consumati al mondo, fornendo anche dieci strategie per non cadere nella rete di insidie che si nascondono tra gli scaffali, sempre più ricchi di cibi ultra-processati, molto calorici ma poco nutrienti.
L’autore racconta tante curiosità che legano ciò che arriva sulla tavola a business redditizi, necessità industriali e scelte di marketing. Queste sono le ragioni del dilagare di prodotti studiati a tavolino, dai sapori neutri e in confezioni sempre più grandi. È per questo che nei supermercati si trovano non più di una cinquantina di specie vegetali commestibili, mentre sono più di 75mila quelle note alla scienza botanica. E che, tra tante carote bianche, gialle, rosse, viola, nere, ormai si semina solo quella arancione, la più recente di tutte che, in realtà, è un ibrido olandese creato nel diciassettesimo secolo. Bisogna rinunciare a una fetta di torta o al piatto preferito, perché contiene troppi grassi o zuccheri? La risposta è decisamente no, a patto di sapere cosa si mangia e di farlo abitualmente in modo equilibrato, riconoscendo “gli inganni”.
Un “dono avvelenato” – Come ricorda Vendrame, è vero che la durata della vita è aumentata (un trend che sta comunque rallentando), ma si tratta “di un dono avvelenato”, dato che negli anni in più vissuti “ci trasciniamo miseramente afflitti da ogni tipo di disturbo”. Dagli anni Settanta a oggi l’incidenza dell’obesità è più che triplicata in tutti i Paesi occidentali (nei bambini e negli adolescenti è decuplicata), mentre quella del diabete è quadruplicata a livello mondiale. In Italia, la cattiva alimentazione è stata all’origine di 97mila decessi nel 2022. Perché c’è una netta differenza tra la dieta mediterranea e la dieta degli italiani. In quest’ultima la voce “cereali” è quasi interamente rappresentata da un consumo spropositato di derivati del frumento in forma raffinata (pizza bianca, pane bianco, pizza fatta con farina bianca e via dicendo). Il consumo di carne pro capite in Italia è il secondo più alto d’Europa (dopo la Germania) con 61 chili a testa all’anno nel 2020 e un terzo riguarda salumi e insaccati. “La dieta italiana media è perfettamente in linea con la dieta occidentale degli Stati Uniti” spiega il biologo nutrizionista. Non hanno migliorato la situazione fenomeni come la guerra ai grassi (senza distinzioni “tra buoni e cattivi”) che tra il 1970 e il 2000 ha fatto triplicare l’incidenza dell’obesità negli Usa, dove è aumentato a dismisura il consumo di carboidrati e zuccheri.
Cosa è andato storto – “Trappole alimentari” racconta cosa è andato perso dal paleolitico a oggi, attraverso rivoluzioni industriale, agricola e green. “Concentrando nelle mani di pochissime aziende la quasi totalità delle catene produttive mondiali, a partire dai semi – scrive Vendrame – l’agricoltura intensiva favorisce i monopoli” e pone nelle mani di pochissimi soggetti le decisioni su “cosa produrre o non produrre, come produrlo, a chi farlo produrre e quanto farlo pagare”. Un sistema necessario per produrre più cibo e sfamare il Pianeta? Per l’autore “è vero il contrario: l’agricoltura industriale ha portato all’aumento della fame in molti Paesi che non si possono permettere di acquistare sementi e tecnologie brevettate”.
Anche nei Paesi più ricchi il sistema si basa su un’illusione. Il basso prezzo dei prodotti in commercio è distorto da sussidi, sovvenzioni e costi sull’ambiente: “Se si scontano questi costi mascherati, per l’agricoltura intensiva paghiamo un prezzo infinitamente superiore”. L’industrializzazione dell’agricoltura e dell’allevamento ha portato nel corso dell’ultimo secolo a una “drammatica riduzione della varietà alimentare” scrive l’autore, nonostante sugli scaffali siano comparsi cibi esotici e ricette da ogni parte del mondo”. Si sono persi anche i saperi, per esempio sui ritmi della natura e sulle capacità nutrizionali. Tutti sanno che è meglio compare verdure e frutta di stagione, ma moltissime persone non hanno idea di quale sia la stagione delle zucchine, che sono onnipresenti nei supermercati. E ancora, molti consumatori di legumi aggiungono bicarbonato per accelerarne l’ammorbidimento, ma questo distrugge la vitamina B1 di cui i legumi sono una fonte importante.
Le trappole alimentari – L’autore suggerisce di recuperare l’istinto alimentare, non facendosi trascinare dagli infiniti stimoli del marketing e dalle trappole studiate a tavolino. Dalla ricerca bliss point, la reazione massima dei centri del piacere a cui punta la composizione chimica dei prodotti dolci dell’industria attraverso miscele di additivi e aromi, fino al ricorso all’acido ortofosforico nelle bevande gasate zuccherate per nascondere un sapore, dovuto proprio all’alto contenuto di zucchero, che altrimenti risulterebbe nauseante. E poi c’è il junk food, prodotti “fat free”, “sugar free”, “light”, dove se diminuisce la quantità di uno dei tre composti dell’equazione, tra grasso, zucchero o sale, si compensa con gli altri.
Nel frattempo, Vendrame racconta di come la densità nutrizionale di tutti i prodotti vegetali e animali sia inesorabilmente declinata (“rispetto al 1940 il contenuto nei prodotti agricoli di tutti i minerali, a eccezione del fosforo, è diminuito, quello di ferro e di rame resta in media dimezzato e quello di magnesio decimato”). Il resto lo fanno l’eccesso di raffinazione (da una farina di frumento integrale a una bianca si perdono tantissimi nutrienti) e l’alimentazione ultra-processata. Sugli scaffali, la stragrande maggioranza dello spazio è occupato da conserve in scatola, piatti pronti, carne e salumi, biscotti, yogurt zuccherati, gelati e altri alimenti ultraprocessati. Anche il formaggio è diventato da pietanza a ingrediente in pizze surgelate, snack, sughi per la pasta, condimenti per insalate, salatini da aperitivo, patatine. Negli allevamenti intensivi, invece, bovini, maiali e polli che quasi non si muovono e fanno una dieta densissima a livello calorico per poter crescere più (“più che crescere, ingrassano”), hanno molti più grassi (visibili e invisibili) rispetto a quelli allevati in modo tradizionale.