L’inchiesta della procura di Genova segue diversi filoni che continuano a emergere di giorno in giorno. L’ultimo riguarda il consigliere di amministrazione di Esselunga, Francesco Moncada, e l’editore di Primocanale, Maurizio Rossi: entrambi sono accusati di finanziamento illecito nell’indagine sul “sistema Toti”, il governatore della Liguria che da martedì si trova agli arresti domiciliari. Rossi, ex senatore di Scelta Civica ed editore della tv ligure ribattezzata ‘TeleToti’, è stato perquisito tre giorni fa.
In procura si indagava già per finanziamento illecito alla fondazione Change e al partito di Toti. L’inchiesta, ancora aperta, è coordinata dal pm Luca Monteverde, lo stesso dell’indagine su cosiddetto “sistema Toti”. In quel fascicolo sono indagati una serie di imprenditori che, per l’accusa, avrebbero versato soldi alla fondazione in maniera occulta. Tra questi anche Pietro Colucci, alla guida di una galassia di società che si occupano di rifiuti, anche queste finite tra gli accertamenti.
Nei mesi scorsi, nell’indagine su Change, la Guardia di finanza aveva anche perquisito le imprese di Vincenzo Onorato, armatore di Moby, e dei petrolieri Costantino di Europam e Black Oil. Tra i finanziatori sotto la lente degli investigatori anche gli imprenditori navali Amico, l’armatore Gianluigi Aponte, e gli Spinelli, al centro del presunto sistema corruttivo contestato nel filone principale dell’indagine che ha portato in carcere l’ex presidente dell’authority portuale genovese e ad, ora sospeso, di Iren Paolo Emilio Signorini. Il manager ha deciso di non rispondere al giudice per le indagini preliminari nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto nel carcere Marassi di Genova dove è recluso da martedì mattina.
Il terremoto giudiziario continua anche ad agitare il centrodestra, con i distinguo netti di Fratelli d’Italia rispetto alle posizioni di Forza Italia e della Lega. “Siamo per la possibilità di tutti di dimostrare con serenità la propria innocenza, partendo dalla presunzione di innocenza. Al netto di questo attendiamo con pazienza gli esiti anche di una fase intermedia tra la chiusura indagini e il resto”, ha detto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. E sulla possibilità – già ventilata in ambienti meloniani – di un passo indietro di Toti ha aggiunto: “Non conosco le carte, cercheremo di approfondirle, di capire il contesto, lo approfondiremo tra forze politiche ma non credo che questo possa essere chiesto al ministro dell’Agricoltura che si occupa solo di agricoltura”.
Nessun dubbio, invece, tra i berlusconiani, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, numero uno di Fi, che si è detto certo della possibilità per Toti di “continuare a lavorare, poi si vedrà”. Il vicepremier ha sottolineato che è “veramente molto presto per prendere” decisioni: “Io sono garantista vero, a qualsiasi forza politica appartengono non ho mai speculato su nessuno”. La linea su Toti è di attendere? “Assolutamente sì, non c’è stato nemmeno il Tribunale del Riesame ancora”, ha precisato.
Nel centrosinistra, invece, si spinge per accelerare il ritorno alle urne. Di “follia” a proseguire l’avventura amministrativa parla il Movimento Cinque Stelle: “Ditemi voi se un presidente di Regione agli arresti domiciliari, con un’inchiesta che si sta allargando sempre più e sta denunciando quello che stiamo dicendo da tempo, una contaminazione affari-politica, sistemi di finanziamento a dir poco allegri, addirittura il rischio di infiltrazioni mafiose negli affari regionali. Allora, ditemi se può rimanere a fare il presidente della Regione. Aspettiamo il terzo grado di giudizio, aspettiamo una decina di anni e poi ne traiamo le conseguenze? È così che si amministra la res publica?, ha detto il presidente dei pentastellati Giuseppe Conte. “Il quadro è desolante, persino disgustoso, ma non sorprendente. A prescindere dagli aspetti penali, da tempo denuncio l’involuzione della situazione politica ligure. Prima ancora che una questione criminale c’è una questione democratica”, ha detto il deputato Pd ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a Il Secolo XIX.