Come Olof Palme, il primo ministro svedese vittima un attentato nel 1986, Koji Sato, il 54enne amministratore delegato del gruppo Toyota in carica da un anno, cerca la “terza via”, quella che incrocia gli interessi capitalistici con i principi socialisti.
Subentrato al pronipote del fondatore nella primavera del 2023, Sato ha presentato il miglior bilancio della storia del gruppo per fatturato (277,3 miliardi di euro, +45%), utile netto (30,3, quasi +50%), produzione (11,21 milioni, +4,5%) e volumi di vendita (11,09 milioni di veicoli, +5%). Solo che invece che promettere ulteriori numeri da capogiro, il top manager ha stabilito che è giunto il momento di riconoscere chi ha contribuito al conseguimento di questi risultati. Ha anche anticipato che i margini del prossimo esercizio, che nell’anno fiscale nipponico vanno da aprile a marzo, subiranno una significativa flessione : “Abbiamo bisogno di una fase piatta – ha spiegato – per la nostra crescita futura”.
Una crescita per la quale Toyota ha deciso non solo di investire sul domani (10,5 miliardi di euro in ricerca e sviluppo, ossia 3,1 in più rispetto all’ultimo consuntivo), ma anche di consolidare il presente, malgrado il preventivato calo delle vendite per il 2024/25 (10,95 milioni di veicoli) e lo stimato crollo dell’utile netto del 39% a 22 miliardi. Con l’obiettivo di incrementare l’efficienza, Toyota ha già invitato i propri dipendenti a dedicare 30 minuti al giorno del proprio tempo a come migliorare il proprio lavoro e la propria carriera a vantaggio dell’efficienza.
Il gruppo aveva aperto il 2024 rivedendo gli accordi con i fornitori per pagarli meglio, a differenza di quello che stanno facendo altre case automobilistiche. Aveva proseguito garantendo al personale occupato in Giappone il più significativo aumento di stipendio da 25 anni a questa parte. E in aprile aveva attinto ulteriormente ai profitti dell’ultimo anno per versare ai concessionari del paese del Sol Levante l’equivalente di 66 euro al mese per ciascun addetto a libro paga.
Sato ha dovuto gestire anche alcuni scandali (due su tutti: la manipolazione dei dati sui motori della controllata Toyota Industries e la falsificazione di quelli della Daihatsu) e di sicuro anche in questa “terza via” non è tutt’oro quello che luccica. Ad esempio i numeri che riguardano le elettriche: nemmeno 117.000 quelle consegnate nell’ultimo esercizio. Il fiore all’occhiello restano le ibride: nell’anno fiscale appena cominciato dovrebbero arrivare a incidere per il 42% sui volumi totali.