E pensare che solamente due anni fa era un tifoso come tanti altri sugli spalti dello Stade de France per la finale di Champions League tra Liverpool e Real Madrid. Oggi, con addosso la stessa maglia, Joselu la giocherà. E il merito è tutto suo. Strano il destino, vero?
Aveva giocato solo diciotto minuti in questa fase a eliminazione diretta: contro il Bayern gliene sono bastati tre. Lui lo sa bene: “Novanta minuti al Bernabéu sono lunghi”. Una doppietta vista Wembley. Istantanee già entrate nella narrativa e nei ricordi dell’attaccante spagnolo che si prende l’abbraccio dei tifosi. Dentro quel bacio allo stemma, la favola di un ragazzo che sta vivendo la storia che tutti vorremo raccontare.
L’uomo del destino
Prima di Ancelotti, fu Josè Mourinho a far esordire Joselu in prima squadra. Solo che adesso ha 34 anni, allora ne aveva appena 20. Valdebebas lo accoglie nel 2009: il piano è quello di farlo crescere nella squadra B, il Real Madrid Castilla. 30 gol in poco più di 60 presenze. L’allenatore portoghese lo segue da molto vicino e la prima convocazione (e primo gol) con i “più grandi” arriva due anni più tardi. Il primo vero assaggio per affacciarsi nel mondo blancos.
Poi, il viaggio omerico in giro per l’Europa: Germania e Inghilterra (tra Hoffenheim, Francoforte, Hannover e Stoke City). Ma il richiamo di casa è troppo forte e quando meno se lo aspetta…Ancelotti ha bisogno di un attaccante. Il suo ritorno viene accolto da stampa e tifosi ricordando più la parentela con Carvajal (sono cognati) che la sua effettività utilità in campo (che si rivelerà decisiva in Europa). Lo scetticismo, per certi versi, è motivato: sostituire Benzema con un 34enne aspettando l’arrivo di Mbappé. Parlavamo di destino: il francese sfiora la finale, Joselu la giocherà.
“Qualcuno può darmi un buon link per vedere il Madrid?”