La neodirettrice del Salone del Libro di Torino 2024, Annalena Benini, sogna “un selfie con Gianni Morandi”. Ci voleva lo scalpo del Lingotto voluto dal centrodestra meloniano per giungere al sacrosanto anelito di questo click malandrino. Et voilà il primo Salone del Libro dell’era Meloni. Niente ministri in giro, niente collegamenti con ideologi putiniani, niente convegni sulla bistrattata cultura di destra. Ci sono, invece, i membri della squadra del team Benini, scrittrice e giornalista con pedigree da Foglio di Ferrara: Francesco Piccolo, sceneggiatore tra gli altri dei film di Nanni Moretti, che dialogherà con registi, attori e attrici di sinistra; c’è Luciana Littizzetto che cura la sezione Leggerezza (e qui il click con Morandi per la direttora sabato 11 maggio); c’è Alessandro Piperno, non proprio un meloniano, che analizzerà i gusti dei romanzieri in fatto di… romanzi; oppure il vicedirettore de Il Post, Francesco Costa, non proprio un adepto di Vittorio Feltri o Alessandro Sallusti, a spiegare ascissa e ordinata sul tema dell’informazione (c’è pure ospite Jill Abramson, peraltro, prima donna a dirigere il New York Times).
Insomma fa quasi tenerezza il gran rifiuto pre Benini di Paolo Giordano, comunque in un reading pro Palestina al Salone, alla carica di direttore per non volere “inserire alcune presenze specifiche nel comitato editoriale, figure di area, di destra”. Ecco, come scrive Luca Bizzarri, non proprio un altro balilla, ospite anche lui a Torino, nel suo ultimo libro Non hanno un amico (Mondadori), più che Salone è un “saloon” dove nel 2023 la “compagnia di giro del dissenso” non permise alla ministra Roccella di parlare del suo libro. Insomma, alle truppe del centrodestra all’assalto del Lingotto è bastato conficcare la bandierina, nient’altro. Semmai allargare gli spazi (il solito gigantismo del Ventennio, è una battuta, ovviamente) con l’imperativo corredato al vincere e vinceremo. I metri quadrati del Salone del Libro sono diventati 137mila. Si sta quindi più larghi. Niente calca assicura il presidente del Salone, Silvio Viale. Abbiamo la scorta di cerotti per i piedi, aggiunge ancora Benini. La marcialonga tra gli 800 stand e le 51 sale inizierà con un ospite di grande rilievo politico (destra e sinistra, con lui, pari sono). Salman Rushdie che dialogherà con Roberto Saviano sul suo ultimo libro, Coltello.
Da un lato l’arma usata da quell’attentatore che ha pugnalato più volte lo scrittore il 12 agosto del 2022 lasciandolo anche cieco da un occhio; dall’altro la scrittura come arma, come squarcio per trapassare il mondo e mostrare verità sconosciute. L’apertura però è al femminile con Elizabeth Strout “una delle autrici più incisive della letteratura contemporanea americana” – scrivono nel presskit del Salone -, “che con una precisione cristallina sa leggere il nostro tempo e dargli voce, e in questa occasione offrirà alle lettrici e ai lettori del Salone del Libro una riflessione personale sulla scrittura e sulle donne”. Anche Erin Doom andrà a dare manforte al Salone in “rosa” coordinando la sezione romance, dialogando con colleghe come Mercedes Ron e Rokia, provando a spiegare come si tramuta Il fabbricante di lacrime, pepita d’oro per Salani, in un (terrificante, aggiungiamo noi) film su Netflix.
Tante poi le radici dell’albero al femminile con focus sul femminismo e la violenza di genere (Jennifer Guerra, Giulia Siviero, Dacia Maraini, Viola Ardone) che coinvolgerà anche Gino Cicchettin, in tour promozione del libro dedicato alla figlia uccisa dall’ex fidanzato, Cara Giulia (Rizzoli) e l’altra sezione Donne, lavoro e libertà dove incroceranno le piste la storica dell’arte e giornalista Annabelle Hirsch e le star di Instagram, le Eterobasiche. Spazio anche al contesto “storico-politico” con Alessandro Barbero – presente per ben tre incontri, autentica star del Salone con ben più accoliti di un Fedez (domenica 12 a Torino), Luciano Canfora, Thomas Piketty.
E ancora per i classiconi contemporanei nientemeno che il Nobel, Abdulrazak Gurnah, Eshkol Nevo, James Ellroy, Orhan Pamuk e almeno un paio di firme asiatiche di tutte rispetto: il coreano Bae Myung-Hoon e il giapponese Murata Sayaka. Poi, sia chiaro, se c’è un aspetto sfizioso del Salone del Libro è perdersi un po’ in mezzo a copertine, editori e autori mai sentiti nominare. Infine, se volete un consiglio non perdetevi l’incontro delle 11 di venerdì 10 presso il Bosco degli Scrittori per La Via Selvatica. Storie di umani e non umani di Adriano Favole (Laterza). Potrebbe perfino capitare di incontrare qualche bestiola vera e propria. Con immenso piacere.