Il Sistema Informativo di Inclusione Sociale e Lavorativa, Siisl, ha ormai nove mesi. Ma la nuova piattaforma voluta dal ministero del Lavoro di Marina Calderone continua a far disperare i cosiddetti “occupabili”, che troppo spesso si vedono negare il sussidio senza spiegazioni. Si tratta dei 350 euro al mese, per un massimo di 12 mensilità, del Supporto formazione e lavoro, anch’esso al via dallo scorso primo settembre. Ad averne diritto sono coloro che non possono accedere all’Assegno di inclusione, il nuovo Reddito di cittadinanza, perché 18-59enni senza minori, disabili o persone over 60 nel proprio nucleo famigliare. Per il governo sono occupabili e se frequentano corsi di formazione, servizi di orientamento, di accompagnamento al lavoro o altre politiche attive, hanno diritto al sussidio. Salvo intoppi. A testimoniare che qualcosa è andato storto sono i numeri della misura, che il governo continua a rilasciare malvolentieri. Su una platea potenziale di 250mila persone, rispondendo a un’interrogazione parlamentare il ministero ha ammesso che le domande accolte sono appena 63mila. Ma la domanda accettata non significa ricevere i soldi, come troppe storie dimostrano, comprese alcune a dir poco assurde.
La domanda di Monica (nome di fantasia) è stata accettata due mesi fa. Tutto in regola, compreso il percorso formativo concordato con il suo centro per l’impiego che l’ha iscritta al programma Garanzia occupabilità lavoratori e registrato tutto sul portale regionale della Lombardia, dove Monica risiede. In teoria, non serve altro per iniziare a ricevere i 350 euro del Supporto formazione e lavoro che, ricordiamolo, per i poveri “occupabili” sono tutto ciò che lo Stato concede. Devono bastare per l’affitto, le bollette e per fare la spesa. E infatti non bastano, a maggior ragione se non arrivano. Non si tratta di casi isolati, come confermano i centri per l’impiego italiani ai quali le persone si rivolgono. E tuttavia i cpi possono fare ben poco perché il governo ha deciso che non devono avere accesso alla piattaforma Siisl. Che invece è stata affidata in gestione all’Inps e infatti è all’Istituto che l’utenza finisce per rivolgersi con alterne fortune. E così Monica, con domanda accolta e politica attiva in corso ma senza vedere un soldo, scrive una mail. La risposta è paradossale: “In merito alla sua richiesta le comunichiamo che non abbiamo accesso a Siisl. Non sappiamo dirle, quindi, quando partiranno i pagamenti”. In altre parole, Inps afferma di non avere accesso alla sua piattaforma, cosa impossibile. Ma invece di aprire un ticket e girarla a un funzionario più attrezzato, la mail viene semplicemente liquidata, lasciando Monica senza soldi e senza risposte.
Risposte che spesso non ci sono perché, dopo nove mesi, il problema principale rimane quello dell’incomunicabilità tra le piattaforme regionali e Siisl. Un pasticcio informatico che la fretta di mandare a casa il Reddito di cittadinanza ha impedito di valutare fino in fondo e che Inps e Calderone non hanno ancora saputo risolvere, nonostante le mirabolanti dichiarazioni di inizio anno in cui annunciavano per Siisl l’arrivo dell’intelligenza artificiale. Così c’è chi riceve i soldi e chi no, anche se entrambi hanno presentato domanda identica, anche se seguono lo stesso percorso, anche se sono marito e moglie. E’ il caso di una coppia che ha fatto domanda per il Supporto a dicembre. “Hanno 56 e 57 anni, lo stesso Isee familiare, ovviamente, e tutto il resto”, racconta chi ha provato ad assisterli. A gennaio e febbraio ricevono entrambi i 350 euro. Ma a marzo e aprile i soldi sono arrivati solo a lui. Così si rivolgono al centro per l’impiego e quindi all’Inps, “che stavolta risponde di non riuscire a leggere il percorso formativo della donna”. Strano, visto che “moglie e marito sono iscritti allo stesso percorso formativo e seguono entrambi un corso di informatica di base presso lo stesso ente di formazione“. Qual è allora il problema? Vallo a capire.
“Infatti tanti lasciano perdere e finiscono per abbandonare i corsi di formazione e arrendersi al fatto che lo Stato li ha abbandonati“, è il commento di chi lavora nei centri per l’impiego. Che di fronte a storie simili si domanda se non ci sia davvero la volontà di ostacolare queste persone, disincentivandone al punto da costringerle a rinunciare. “Dal 30 al 50 per cento di chi ha fatto domanda per il Supporto formazione e lavoro ci ha segnalato problemi a ricevere i soldi, e parliamo solo di quelli che si rivolgono a noi”, spiegano dai cpi. A quasi un anno dal lancio della misura, aggiungono, “dovrebbero esserci dei protocolli, delle soluzioni da offrire a chi si trova spesso in una condizione di estrema vulnerabilità. Invece la risposta sono così inconcludenti che poi le persone si rassegnano. Non sono persone attrezzate per fare class action, rivolgersi alle associazioni dei consumatori o a un sindacato per far valere i loro diritti. Lo Stato oppone loro un muro di gomma e tutto finisce lì”.