Mai più casi come il Mondiale di atletica. Ma nemmeno le Olimpiadi di Milano-Cortina, i Giochi del Mediterraneo di Taranto, gli Europei di calcio, la Ryder Cup. La lista di grandi eventi a cui l’Italia si è candidata in maniera maldestra è lunga: dossier pasticciati o incompleti, precipitose fughe in avanti delle Federazioni, che alla fine si sono tradotte in un salasso per le casse pubbliche o una figuraccia planetaria per il nostro Paese. Adesso il governo ha deciso di intervenire con una legge che regolerà le candidature alle manifestazioni sportive internazionali.

Nel decreto Sport preparato dal ministro Abodi non c’è solo la controversa proposta di istituire una nuova Agenzia statale per la vigilanza delle società professionistiche, di cui tanto si discute in questi giorni. Il provvedimento dovrebbe comporsi di 5-6 articoli in totale, con altre norme in materia, dal solito credito fiscale per la ristrutturazione di impianti e centri federali, alla preparazione olimpica degli atleti militari. La più interessante, probabilmente, è quella che riguarda le candidature ai grandi eventi, tema tutt’altro che marginale, su cui il ministro Abodi si è già scottato di recente, con la brutta storia dei Mondiali di atletica di Roma 2027, saltati tra mille polemiche e lo scambio di accuse tra governo e Federazione.

È un film che ormai si ripete sempre alla stessa maniera da anni. La Federazione di turno (o il Coni nel caso delle Olimpiadi), si fa avanti col rispettivo organismo internazionale, perché ovviamente organizzare manifestazioni di questo tipo significa soldi e prestigio per la propria disciplina. Qualsiasi presidente vorrebbe vivere un Mondiale o un Europeo da protagonista. Dopo che sono stati mossi i primi passi, il dossier finisce sul tavolo dell’esecutivo, spesso vicino alla scadenza, con una sorta di ricatto: o il governo firma, accollandosi garanzie e spese, oppure si prende la responsabilità di far saltare l’evento, con tutta la retorica che ne deriva. È andata così per l’atletica, ma a pensarci anche per Milano-Cortina 2026: vi ricordate la pantomima per i Giochi dell’autonomia e la firma estorta a Conte con la promessa che sarebbero stati a costo zero per lo Stato? Oppure la Ryder Cup, con la vittoria celebrata in pompa magna da governo e Coni, prima che saltasse fuori che lo Stato doveva metterci 60 milioni di contributi e quasi 100 di garanzia, come fu svelato dal Fatto. E che dire degli Europei di calcio 2032, il progetto più ridicolo di tutti, perché non ci siamo solo candidati, ce li siamo addirittura aggiudicati senza un vero dossier (non si sa ancora né quali saranno gli stadi ospitanti, né chi e come li pagherà: prima o poi il nodo verrà al pettine).

La nuova norma metterà finalmente chiarezza. Chi ha soldi e infrastrutture (cioè praticamente nessuno) potrà continuare a candidarsi in autonomia. Per chi difetta di uno dei due requisiti nascerà un nuovo percorso da seguire: una sorta di “application” istituzionale, con la richiesta da sottoporre al governo, completa di studio di fattibilità e stima precisa dei costi, prima e non dopo la candidatura a livello internazionale. Solo in caso di via libera da parte dell’esecutivo, allora l’Italia formalizzerà la sua proposta. I dettagli saranno definiti all’interno del Decreto, che in questo momento è in standby: viste le trattative in corso con il mondo del calcio, difficile arrivi in Consiglio dei ministri prima della seconda metà del mese. Non sarà la soluzione ad ogni problema, perché è evidente che l’approvazione di una candidatura continuerà a dipendere (anche) dalle sponde politiche che le Federazioni potranno vantare con la maggioranza di turno. Ma almeno lo Stato potrà prendere una decisione più serena, valutando per tempo costi e benefici, senza ritrovarsi sistematicamente spalle al muro nel momento della scelta.

Twitter: @lVendemiale

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