Nel nuovo numero del mensile diretto da Peter Gomez, inchieste e approfondimenti su un'istituzione messa in discussione come mai prima. In vista del voto di giugno, vi raccontiamo perché i poteri del Parlamento europeo restano così limitati, mentre le scelte che toccano la vita di 450 milioni sono prese in quasi totale assenza di trasparenza
Si moltiplicano gli appelli perché i cittadini vadano a votare alle Europee dell’8 e 9 giugno, l’ultimo per voce del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma quanto pesa davvero la nostra preferenza? A Bruxelles chi prende davvero le decisioni che contano?
A questa domanda cerca di dare una risposta FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da sabato 11 maggio, con una serie di approfondimenti dietro le quinte di un’istituzione messa in discussione mai come in questi ultimi anni, e non solo dai “sovranisti”.
Un lungo articolo di Ivo Caizzi, per vent’anni inviato a Bruxelles per il Corriere della Sera, attraverso aneddoti e retroscena spiega perché i poteri del Parlamento europeo restino così limitati, mentre sono i governi nazionali a dettare la linea. Il nostro segno sulla scheda “un po’ conta, ma non abbastanza”, scrive Caizzi. Contano più le elezioni nazionali, che determinano “quale governo rappresenterà l’Italia a Bruxelles”.
L’effetto collaterale è una scarsa trasparenza su come, perché e nell’interesse di chi vengono fatte scelte che impattano sulla vita di 450 milioni di cittadini: le trattative fra i Paesi membri sono riservate e non lasciano resoconti scritti, come avviene invece per le discussioni parlamentari.
Caizzi affronta anche l’eterno tema delle lobby, dei conflitti d’interesse. L’insabbiamento di fatto del Qatargate “ha frenato le verifiche ai livelli più alti”, scrive Caizzi. Che elenca ben sei commissari Ue (totalmente estranei all’indagine) che hanno promosso provvedimenti favorevoli al Qatar. C’è anche l’italiano Paolo Gentiloni.
Ma quanto è davvero europeista l’Italia, al di là dei proclami? Intervistato da Roberto Casalini, lo spiega lo storico Antonio Varsori, autore del saggio Storia della costruzione europea dal 1947 a oggi (Il Mulino). Da fondatori – anche un po’ visionari – dell’Europa unita, siamo passati negli anni alla scomoda posizione di “sorvegliati speciali”, per via dei conti pubblici disastrati. Comunque il vero impulso all’Unione, ricorda il professore, venne dagli Stati Uniti, anche in chiave anti-sovietica, e la leadership reale è stata sempre una faccenda fra tedeschi e francesi.
A chi invece predilige l’approccio utilitaristico, farà piacere sapere che dopo il Covid, grazie soprattutto ai fondi del Next Generation Eu, l’Italia è tornata in attivo nel suo dare-avere con Bruxelles: nel 2022 ha ricevuto dall’Ue fondi per 37 miliardi di euro, a fronte dei 19,5 che ha versato alle casse comunitarie.
E la tanto invocata “difesa europea” è davvero praticabile? Tra il dire e il fare c’è un abisso, secondo Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it, intervistato da Franz Baraggino. Per ragioni politiche, perché avere un esercito comune senza una politica estera comune “non ha alcun senso”. Ma anche per ragioni pratiche: l’industria bellica europea non è all’altezza e difficilmente potrebbe mettersi in pari con la grande concorrenza targata Usa: “L’esercito tedesco ha chiesto all’industria 18 carri armati, la risposta è stata ‘non prima del 2026’. Ma è una quantità che sul fronte ucraino può finire distrutta in una settimana”.
Abbiamo sentito ripetere mille volte che l’alternativa sarebbe “l’Europa dei cittadini”. Nell’attesa, Martina Castigliani ha intervistato numerosi partecipanti a Europe Talks, un’iniziativa che sta coinvolgendo circa 4 mila persone (oltre 700 in Italia, dove ilfattoquotidiano.it è media partner, senza ricevere alcun finanziamento dagli enti coinvolti) di Stati membri diversi. La particolarità è che l’algoritmo funziona come un Tinder al contrario: mette insieme non solo chi sta in Paesi diversi, ma chi la pensa esattamente all’opposto su temi divisivi come immigrazione, guerra in Ucraina, Gaza… L’obiettivo non è far cambiare idea a qualcuno, ma ridurre la polarizzazione e favorire la tolleranza verso posizioni radicalmente diverse.
Questo e tanto altro sul nuovo numero di MillenniuM. La linea ce l’ha dettata Francesco Guicciardini, nei Ricordi pubblicati nel 1530: “Spesso tra ‘l palazzo e la piazza è una nebbia sì folta o un muro sì grosso che, non vi penetrando l’occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che si fanno in India“.
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