di Tito Borsa
Stanno facendo molto discutere le contestazioni ricevute dalla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, ospite degli Stati generali della natalità a Roma. Un gruppo di studenti si è opposto all’intervento della ministra che non è riuscita a parlare e ha lasciato la sala. Roccella ha parlato di “censura”, mentre il presidente del Senato Ignazio La Russa ha fatto riferimento a un “gruppo di facinorosi che si arrogano la facoltà di stabilire chi può parlare e chi no”. Anche la premier Giorgia Meloni, in un post su Facebook, ha spiegato che i contestatori “amano la censura e impediscono a una donna di parlare perché non ne condividono le idee”.
La politica di centrodestra, con lo zampino del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fa quadrato attorno alla ministra Roccella ed è una situazione a dir poco bizzarra perché questi signori dimostrano di non comprendere la differenza tra censura e contestazione.
Premesso che le persone e le idee oggetto di censura o di contestazione sono del tutto irrilevanti e il nostro parere in merito non deve dipendere da quanto ci sta simpatico chi subisce questo trattamento, la differenza tra censura e contestazione risiede nei rapporti di potere impliciti o espliciti che regolano la vita politica, istituzionale e sociale di un Paese.
Un esempio è il famigerato editto bulgaro del 2002 con cui Silvio Berlusconi ha di fatto allontanato dalla Rai Michele Santoro, Daniele Luttazzi ed Enzo Biagi. Quella era censura perché lo strapotere mediatico, economico e politico del premier era tale da zittire tre giornalisti sgraditi che, al tempo, non avevano alternative per continuare a lavorare, visto che esisteva solamente il duopolio Rai-Mediaset.
Per quanto riguarda Eugenia Roccella, invece, abbiamo assistito alla contestazione di una donna di grande potere da parte di semplici cittadini. La ministra ha perso una preziosa occasione per esprimere il proprio pensiero? Assolutamente no, visto che Roccella è stata prontamente intervistata dal Corriere della Sera e, sul primo quotidiano nazionale, ha avuto modo di definire nuovamente la contestazione “una censura aggressiva totalmente immotivata”.
In tutta sincerità possiamo infischiarcene di quanto la ministra Roccella ritenga motivata o meno la contestazione ai suoi danni. Contestare il potere è un diritto proprio di qualunque democrazia. La censura è un’altra cosa: censurare significa utilizzare il proprio potere per impedire a qualcun altro di esprimersi. Per questo motivo la censura non può essere esercitata dal basso verso l’alto, quella è semplice contestazione.
Stiamo parlando di una differenza semplice, forse addirittura banale, ma che in Italia – specialmente negli ultimi trent’anni – è diventata un concetto incomprensibile da parte di chi esercita il potere. Non posso che essere felice del fatto che il governo Meloni abbia portato un’ondata di indignazione collettiva in questo Paese, ma non dobbiamo dimenticarci che altri governi (di ben altra parte politica) hanno operato una sistematica criminalizzazione del dissenso. Ed erano in pochi a indignarsi al tempo.
Che la ministra Roccella si metta l’animo in pace e che accetti le contestazioni, che sono il sale della dialettica in un Paese democratico. La censura è un’altra cosa. Ed è assurdo poter pensare che il potere – di cui Roccella è parte – possa essere in qualche modo censurato da qualche decina di studenti. Come diceva Nanni Moretti, le parole sono importanti e in questo caso l’utilizzo del termine “censura” al posto di “contestazione” fa capire da che parte della Storia si sta.