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L’intelligenza artificiale può “resuscitare” i nostri cari. I pro e i contro secondo degli esperti di Cambridge

Tomasz Hollanek e Nowaczyk-Basińska, due ricercatori dell'Università di Cambridge, hanno espresso il loro parere riguardo alla resurrezione digitale

di F. Q.
L’intelligenza artificiale può “resuscitare” i nostri cari. I pro e i contro secondo degli esperti di Cambridge

Sin dall’antichità, c’è sempre stata la curiosità di sapere cosa c’è dopo la morte. Da secoli cerchiamo di comunicare con l’aldilà in ogni modo possibile, e ora l’intelligenza artificiale sta ipotizzando la resurrezione digitale. Grazie a foto, audio e video l’IA potrebbe ricreare un clone virtuale del defunto, con cui c’è anche la possibilità di parlare attraverso chatbot. I primi prototipi sembrerebbero funzionanti.

Tomasz Hollanek e Nowaczyk-Basińska sono due ricercatori ed esperti di etica dell’Università di Cambridge che si sono espressi sulla questione della resurrezione digitale: “Gli utenti potrebbero usare i chabot per riportare in vita i morti. I rapidi progressi nell’intelligenza artificiale generativa mostrano che quasi chiunque abbia accesso a Internet e un po’ di conoscenze di base può far rivivere una persona cara defunta”, hanno detto i due esperti. Basinska ha poi concluso: “Quest’area dell’intelligenza artificiale è un campo minato dal punto di vista etico. È importante dare priorità alla dignità del defunto e garantire che questa non venga lesa, ad esempio, da motivazioni finanziarie dei servizi digitali dell’aldilà”.

Con quest’ultima affermazione il ricercatore di Cambridge voleva dire che le aziende potrebbero utilizzare i chatbot per sponsorizzare i propri prodotti. Non solo, perché i morti virtuali potrebbero anche creare un cortocircuito cognitivo, intaccando il normale processo di lutto: “Nessun servizio di ricreazione può dimostrare che consentire ai bambini di interagire con i deadbot sia vantaggioso o non danneggi questo gruppo vulnerabile”, avvertono gli esperti secondo uno studio. Per questo è fondamentale che le aziende restino trasparenti rispetto al funzionamento dei chatbot.

Ci sono già dei precedenti di deadbot. Nel 2021, Joahua Barbeau aveva utilizzato GPT-3 per creare un bot per replicare la voce della sua fidanzata morta due anni prima. Nello stesso anno il sito MyHeritage ha introdotto Deep Nostalgia, ovvero una funzionalità che permette di ricreare video dei propri defunti morti, basandosi su album di foto. MyHeritage all’epoca affermò: “I risultati possono essere controversi è difficile rimanere indifferenti a questa tecnologia. Questa funzionalità è pensata per un uso nostalgico, ovvero per riportare in vita gli amati antenati”.

In Cina le pompe funebri utilizzano già foto, video e voce per creare avatar che durante il funerale parlano. E non è tutto, lo scorso gennaio, il cantante taiwanese Bao Xiaobo, grazie all’IA, ha resuscitato digitalmente la figlia di 22 anni, morta due anni prima. Il cantante ha mostrato online il suo clone.

La resurrezione digitale sembra positiva ma è un argomento così complesso che presenta anche molti contro. “Le persone potrebbero sviluppare forti legami emotivi con tali simulazioni, che li renderanno particolarmente vulnerabili alla manipolazione”, ha affermato Thomasz Hollanek. Infatti, conversare con le versioni digitali dei nostri cari potrebbe aumentare il dolore e creare uno scollamento dalla realtà.

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