Italia del futuro: milioni di donne sono chiamate a riporre critiche e rivendicazioni perché al governo c’è una presenza autoritaria che vuole imporre decisioni che riguardano i loro corpi. Slogan come “Decido io” o “Il corpo è mio” vengono banditi dal dibattito pubblico. L’azione del responsabile alla comunicazione stabilisce che chiunque pronunci simili parole debba essere criminalizzata. Da uno a dieci anni di carcere vengono assegnati alle ragazze che vogliono abortire. Quelle che usano contraccettivi trovano muri dappertutto e se esigono di poter avere una libera sessualità senza dover per forza concepire un figlio ad esse viene applicata la gogna pubblica in ragione del Decreto “Destino di Maria”.
Il modello femminile che viene diffuso è quello della vergine gravida e a ciascuna viene assegnata una medaglia per aver partorito innumerevoli cloni di Gesù in nome della necessità di Stato di rimpolpare le truppe.
A scuola, fin dalle elementari, alle bimbe e alle ragazze viene detto che i loro uteri sono destinati ad una grande missione. Devono contribuire alla natalità del paese. Ogni ragazza riceve una spinta alla delazione, perciò ricorderete il caso di quelle studentesse che denunciarono la propria insegnante perché lei si rifiutava di fare una lezione in cui avrebbe dovuto dire loro che se non crescevano sottomesse e ben disposte ad aprire le gambe per saziare la sete di nuovi nati dello Stato a tutte sarebbe toccato un destino crudele.
Regole chiare venivano cucite sulle divise della scuola. Comportati da femmina, santifica la tua fertilità, fai più figli che puoi, torna al principio “naturale” che ti vuole promessa ad un uomo etero. Quando dal basso giunge una voce di dissenso governanti e media si assicurano di farla tacere, prima demonizzandola e poi ampliando le azioni criminalizzanti contro chi vorrebbe sfuggire ai ruoli assegnati.
Naturalmente la lezione vale anche per gli uomini: se non vogliono avere figli, il loro seme sarà portato in processione e loro saranno inviati in un centro di rieducazione che proclamerà come criminale qualunque spreco eiaculativo.
Pian piano donne e uomini si rassegnarono, finché non iniziò a circolare un volantino illegale che parlava di controllo autoritario dei corpi delle donne. Svelava che quelle sulla denatalità erano balle. Descriveva così la questione.
Se è vero che le donne fanno meno figli bisogna chiarire alcuni punti:
– la povertà delle donne è enorme
– alle donne non viene dato lavoro e quando lo trovano vengono pagate meno rispetto ai colleghi maschi
– il solo stipendio dell’eventuale altro genitore non basta
– ci sono figli di coppie omogenitoriali che l’attuale governo vorrebbe mandare al macello
– bimbi di altre lingue e provenienze continuano a morire annegati nel Mediterraneo per le leggi razziste che diventano sempre più oppressive.
I fatti:
– se vogliono che le donne facciano più figli, perché lo scelgono e non per obbedire alle imposizioni autoritarie, che il mercato del lavoro sia più accogliente per quelle che alla prima maternità solitamente vengono licenziate
– che alle donne sia garantito un reddito per se stesse e non contributi in somme un tanto a figlio da destinare al mercato degli infanti acquistati da fonti istituzionali
– che siano riconosciuti i figli di coppie omogenitoriali al pari di quelli di coppie etero
– che siano ammessi i figli di famiglie che arrivano da altre nazioni.
Fu spiccato un mandato di cattura nei confronti di chi aveva scritto il volantino e di chiunque lo avesse diffuso. Venivano usate molte risorse per impedire che il pubblico lo leggesse ma, il giorno dopo, riappariva sempre in ogni angolo della città. Il principale media a sostegno governativo titolava: “Terroriste minacciano i ministri”. La faccenda divenne pretesto per militarizzare ogni luogo. Per la sicurezza e il bene delle donne, ovvio. Strade, spazi di dibattito, perfino gli scambi di pettegolezzi presso il panettiere, tutto divenne presidio militare. Il governo fu gentilissimo: non vietò di certo che le donne parlassero. Stabilì solo che fosse vietate le parole “decido”, “io”, “il”, “corpo”, “è”, “mio”.
Il primo discorso pubblico della ministra per la sottomissione dell’utero femminile divenne alquanto incomprensibile. Vi riporto alcuni passaggi essenziali:
“Le donne hanno il dovere di considerare come un involucro santo ciò che pensano di poter gestire. La santità e l’involucro sono beni pubblici. Siamo in dovere di tutelarli.”
Dal giorno dopo ogni donna fu obbligata a recarsi presso il centro dei marchi e tatuaggi presieduto dalla ministra. L’addome marchiato recava questa scritta: “Proprietà dello Stato“. Seguirono decenni di oscurità.
E la storia continua.