Sale la tensione nel governo sull’obbligo di spalmare i crediti del Superbonus su dieci anni. Dopo l’allarme lanciato da banche e imprese, che quantificano in almeno 16 miliardi di euro i lavori interessati, scoppia lo scontro anche all’interno della maggioranza. Ad accenderlo è il vicepremier e segretario di Forza Italia Antonio Tajani, che va all’attacco della norma annunciata dal ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti.
La polemica deflagra mentre ancora si attende l’arrivo in commissione Finanze al Senato dell’emendamento del governo al decreto Superbonus con l’annunciata stretta. Con il testo ancora in via di definizione sul tavolo dei tecnici del Mef, Tajani accende la miccia. “Ho qualche perplessità sulla retroattività dell’ultima proposta del ministro”, dice il vicepremier berlusconiano. “Come Forza Italia vogliamo ascoltare le imprese e le banche per capire se ci sono dei danni o se bisogna intervenire in Parlamento per fare delle proposte, fermo restando l’intervento indispensabile per fermare i danni del superbonus”, aggiunge l’azzurro, esprimendo dubbi anche sul passaggio dei rimborsi da quattro-cinque a dieci anni: “Forse sono troppi”.
Ma il titolare del Tesoro non ci sta e replica lapidario: “Io ho una responsabilità e difendo gli interessi dell’Italia come ministro delle Finanze. Chiaro?”. Poi in serata il richiamo alla cautela: “Aspettate i testi, non le fantasie”. E non risponde circa il chiarimento con Tajani. Che evidentemente non c’è stato, perché poco dopo il ministro degli Esteri torna a martellare: “Non è un emendamento concordato col governo. Anche io faccio l’interesse degli italiani. È una proposta di Giorgetti, non è una proposta del governo, perché io non sono mai stato consultato. Valuteremo i contenuti”, ha rincarato per poi precisare di voler “vedere il testo, ma non c’è nessuna polemica” ma “uno può avere dei dubbi, perché se è una decisione collegiale, ma una decisione individuale si valuta e si discute”. La posizione critica di Forza Italia non arriva a sorpresa. Già mercoledì la deputata Erica Mazzetti avvertiva: l’introduzione di una retroattività apre a “profili di incostituzionalità”.
La capogruppo del Pd in commissione Cristina Tajani osserva che intanto in serata dell’emendamento atteso per metà giornata non c’è traccia: “Mi sembra evidente che la maggioranza è in difficoltà a trovare una quadra”. La linea del Mef è circoscrivere la norma alle spese sostenute nell’esercizio del 2024: quindi una retroattività “limitata”. Non abbastanza, però, da attenuare le preoccupazioni delle imprese. L’Ance, sulla base delle dichiarazioni di Giorgetti in Parlamento secondo cui l’emendamento è finalizzato a recuperare almeno 2,4 miliardi nel 2025-2026, stima che saranno interessati “almeno 16 miliardi di lavori attualmente in corso”. Per capire che il 110% era “uno sfascio della finanza pubblica” non si doveva aspettare la primavera del 2024, osserva il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, cui non va giù che si debba “pagare delle tasse in termini retroattivi, senza certezza del diritto”. Federcostruzioni prevede “danni pesantissimi” per la filiera. E l’Unione dei piccoli proprietari immobiliari stima che l’80% dei condomini sia a rischio causa.