Le prove Invalsi 2024 sono ufficialmente partite questa settimana, ma quest’anno – più di ogni altra volta – tra le polemiche. A puntare il dito contro l’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo sono il Crespi, Centro interuniversitario di ricerca educativa sulla professionalità dell’insegnante, e il Cve, Coordinamento per la valutazione educativa, che hanno lanciato in queste ore una petizione su Change.org contro la novità promossa da questo Governo ovvero l’inserimento dei risultati delle prove Invalsi nel curriculum allegato al diploma di maturità. Con loro anche Cristiano Corsini, il noto professore di pedagogia sperimentale all’Università Roma tre che propone di fare le prove a campione e non a tutti gli studenti ammettendo che in questi anni “l’Invalsi non ha migliorato il sistema scolastico italiano”.

A puntare gli occhi sull’istituto, presieduto da Roberto Ricci (uomo fedele ad ogni ministro passato da viale Trastevere), è anche Wired che sabato ha pubblicato un’inchiesta rivelando che l’Invalsi “ha negato” loro “copia della valutazione di impatto sulla privacy, utile a mettere in luce i potenziali rischi emersi nel trattamento dei dati, così come i verbali dei test effettuati per verificare il corretto funzionamento dell’impianto”.

Un avvio in salita anche perché oltre il consueto sciopero promosso dai Cobas per giovedì 9 dicembre contro i test, la sigla Sgb Cub Sur ha proclamato una protesta per tutta la durata delle prove chiedendo ai docenti di non correggere e tabulare i quiz e così all’istituto comprensivo di Chiari, ad esempio, per la prima volta da quando vengono eseguite le prove, la maggior parte dei docenti delle classi seconde e quinte della primaria, hanno incrociato le braccia.

“Non abbiamo mai creduto – spiega a ilfattoquotidiano.it la maestra Donatella Balbo – all’Invalsi e non abbiamo mai compreso il senso di test fatti solo per italiano e matematica senza tener conto delle diverse intelligenze di un individuo. Inoltre, l’Invalsi ci porta ad avere un piano di miglioramento della scuola incentrato solo al recupero delle lacune su queste due discipline senza in realtà avere reali supporti”.

Crespi e Cve se la prendono, invece, con il decreto Pnrr che inserisce il risultato delle prove nel curriculum di studentesse e studenti: “Il primo errore è di natura scientifica e consiste nel non aver considerato le indicazioni provenienti dalla ricerca educativa sui danni legati a un uso improprio di prove standardizzate. Tali prove possono fornire indicazioni preziose se finalizzate a gettare luce sui punti di forza e di debolezza del nostro sistema educativo ma tendono a compromettere la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento se vengono assunte come obiettivo e impiegate per rilevare lo sviluppo di competenze di singoli individui”.

Non solo. A detta degli esperti universitari c’è un errore di carattere educativo ovvero la messa in discussione dell’autonomia e della libertà di scuole e docenti: “Sappiamo – scrivono nella petizione – che la valutazione e la certificazione delle competenze sviluppate da studentesse e studenti sono operazioni complesse e dinamiche. Pertanto, esse non possono essere risolte con la somministrazione di una singola prova da parte di un ente esterno ma, al contrario, rappresentano una responsabilità che va affidata al corpo docente e alla comunità educante”.

A dar loro man forte è Corsini che interpellato da ilfattoquotidiano.it spiega: “Non sono contrario alle prove ma a come vengono somministrate e usate. Eviterei di farle fare a tutti gli studenti ma opterei per un campione. Se Invalsi deve valutare il sistema perché non si limita a selezionare una percentuale rappresentativa invece di andare a valutare singolarmente gli apprendimenti di ogni studente? Serve un istituto autonomo dal ministero: Invalsi, in questi anni, avrebbe dovuto valutare il lavoro del Mim e invece ora considera solo le fragilità degli studenti”.

Corsini sottolinea come dal 2005-2006 – quando furono introdotti i test – non c’è stata una variazione significativa dei risultati ma “ci sono scuole che degradano la loro didattica e la trasformano in un addestramento ai quiz che produce solo ansia e stress”. Giovedì si sono tenute le prove di matematica per le classi seconde e quinte della primaria dopo aver fatto i test di italiano e di inglese per gli studenti di dieci anni. Da lunedì 13 a venerdì 31 maggio, invece, le superiori sceglieranno due giorni per svolgere le prove di italiano e matematica. Il tutto con un costo – come scrive Wired – per il 2024 previsto in 22,5 milioni.

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