L’applauso dei suoi ex colleghi non è stato particolarmente caloroso. Ma dopo mesi di polemiche, è già tanto che la platea dell‘Associazione nazionale magistrati batta le mani al guardasigilli Carlo Nordio. E infatti il ministro della Giustizia ci ha tenuto a sottolinearlo come prima cosa. “Grazie dell’invito e del vostro applauso. Ci tenevo profondamente a essere presente come gesto di omaggio e partecipazione all’Anm di cui ho fatto parte”, ha detto sul palco del teatro Massimo di Palermo. Ospite al 36esimo congresso dell’Anm, Nordio si è fatto immortalare insieme a Giuseppe Santalucia, presidente del sindacato dei magistrati che nei mesi scorsi ha spesso criticato il dicastero via Arenula. Sotto al cielo di Palermo, però, il clima teso delle ultime settimane appare superato. Dal caso della giudice Iolanda Apostolico, alle frizioni per le indagini su Daniela Santanchè e Andrea Delmastro, fino agli attacchi del ministro Guido Crosetto, i rapporti tra politica e giustizia sono stati roventi. Al congresso dell’Anm, però, Nordio ha giocato la carta della pacificazione, predicando il superamento di un “conflitto tra poltica e magistratura“. Il ministro, però, ha anche confermato tutte le riforme attualmente in cantiere. A cominciare da quella che piace di meno al pubblico del teatro Massimo: la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti. Riforma che è stata attaccata frontalmente dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, anche lei ospite del congresso Anm. Ma andiamo con ordine.
La captatio benevolentiae di Nordio – L’inquilino di via Arenula è arrivato nel capoluogo siciliano nella notte tra venerdì e sabato, direttamente dal G7 sulla Giustizia di Venezia. Ad accompagnarlo c’era Giusi Bartolozzi, sua fidatissima capa di gabinetto, che è siciliana e dunque a Palermo giocava in casa. Sul palco del Massimo Nordio ha parlato per circa trenta minuti, con un’intervento improntanto da captatio benevolentiae. Il ministro ha ricordato più volte quello che a tutti è notissimo, cioè il suo passato da procuratore aggiunto di Venezia: “Mai mi sognerei di entrare in conflitto con la magistratura io che sono stato magistrato per 40 anni e ho svolto il mio lavoro credo con dignità e onore”. Poi ha spiegato che al ministero contano “di colmare i vuoti della magistratura entro il 2026“. E siccome si trovava a Palermo, il ministro ha raccontato degli omaggi dei giudici stranieri alla magistratura italiana per il lavoro nella lotta contro la mafia. “Al G7 di Venezia tutti hanno convenuto che la nostra legislazione e l’attività della magistratura sono la punta avanzata che altri Paesi tendono a imitare e a prendere come modello, perché la criminalità organizzata è ormai un fenomeno transnazionale”, ha detto il guardasigilli. Solo pochi mesi fa, Nordio aveva negato pubblicamente che i mafiosi potessero utilizzare i telefoni per commettere reati. Evidentemente deve aver cambiato idea.
I mormorii in sala sulla Dichiarazione di Bordeaux – La promessa di Nordio sull’indipendenza della magistratura è una sorta di excusatio non petita, visto che subito dopo il guardasigilli ha aggiunto: “Resta però il problema della separazione delle carriere“. È uno dei provvedimenti bandiera del governo di Giorgia Meloni, uno di quelli più indigesti per i magistrati. “Ci sono differenze nelle nostre posizioni, lo sappiamo tutti, e spesso sono state espresse anche in termini severi – ha concesso Nordio – Io accetto il dissenso che è il sale della democrazia. Tutte le critiche sono benvenute, a meno che non travisino gli atti”. In ogni caso, però, la separazione delle carriere si farà. “È nel programma elettorale, ma è sicuramente un percorso lungo perché richiede una revisione costituzionale. Sarà fatta nel principio della Dichiarazione di Bordeaux. È la stessa Dichiarazione di Bordeaux che prevede una netta distinzione tra pubblico ministero e giudice. Ma essa stessa prevede, e per me è un principio non negoziabile, che via sia una assoluta indipendenza del pubblico ministero nei confronti di qualsiasi autorità, a cominciare dal potere esecutivo. Questo è un dogma non trattabile per me”. La questione della Dichiarazione di Bordeaux è quella su cui si è registrata maggiore tensione. Nordio infatti ha cominciato a leggere alcuni passaggi del documento predisposto nel 2009 tra i consigli consultivi dei Giudici e dei Pubblici Ministeri Europei. Poi ha alzato gli occhi dagli appunti e ha detto: “La Dichiarazione prosegue con altri articoli dove si vede chiaramente che le funzioni sono distinte”. A quel punto il pubblico ha cominciato a rumoreggiare, con vari mormorii d dissenso, fino a quando qualcuno non ha invitato la platea al silenzio. “Se le parole hanno un senso, questo è il senso della Dichiarazione di Bordeaux”, ha chiosato il ministro.
“In quell’atto non parla si separazione delle carriere” – Il motivo del mormorio è legato al contenuto della Dichiarazione, che in effetti non parla mai esplicitamente di separazione delle carriere tra giudici e pm. Lo fa notare per esempio Alessandra Maddalena, vicepresidente dell’Anm. “Il ministro ci ha ricordato la Dichiarazione di Bordeaux per dirci che anche l’Europa vuole la separazione delle carriere. Mi permetto di dire che io leggo quella dichiarazione in senso esattamente contrario, anzi, ci ha letto anche dei passaggi della dichiarazione e secondo me da lì si trae la conferma della necessità della unicità delle carriere, perché siano veramente garantite l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, requirente e giudicante”, dice la numero due del sindacato delle toghe. Ancora più netta è la nota Rocco Maruotti, esponente di AreaDg, l’associazione che riunisce le toghe progressiste: “La Dichiarazione di Bordeaux letta dal Ministro Nordio non fa alcun riferimento alla separazione delle carriere, ma delinea lo statuto minimo di indipendenza della magistratura”. Maruotti spiega di non fidarsi delle rassicurazioni di Nordio: “Si affanna a ripetere che questa riforma non comporterà mai una sottoposizione del pm al potere esecutivo. Ma le sue rassicurazioni non possono valere anche per chi verrà dopo di lui e una volta che l’argine sarà rotto l’indipendenza della magistratura requirente non sarà più assicurata”. Anche se la riforma è nell’agenda del governo, in ogni caso, non sembra destinata a vedere la luce immediatamente. “In questo momento si stanno affollando vari provvedimenti di vario tipo e siamo nel mezzo di una campagna elettorale che riduce di molto le possibilità di riunione del Parlamento e dello stesso Governo, quindi non sono in grado rispondere. Sappiamo che la campagna elettorale impegna le energie dei partiti”, ha spiegato Nordio, rispondendo ai giornalisti dopo il suo intervento.
Schlein: “Dal governo insofferenza su equilibrio tra poteri” – La riforma sulla separazione delle carriere ha occupato anche gran parte dell’intervento di Elly Schlein, che ha ribadito la contrarietà del suo partito. “Oltre a non incidere sui veri problemi e le criticità della giustizia rischia essere l’anticamera della sottomissione dei pm al potere esecutivo e una compromissione della obbligatorietà dell’azione penale, cui non possiamo rinunciare”, ha detto la segretaria dem. “Non possiamo fare a meno di constatare come il disegno della separazione delle carriere si inserisca in uno scenario generale piuttosto eloquente: un mosaico di scelte, dichiarazioni e comportamenti che tradiscono il retropensiero neppure troppo celato di questo governo. C’è una certa insofferenza verso l’equilibrio fra i poteri e l’attuale assetto istituzionale. La magistratura è mal tollerata con atteggiamento muscolare aggressivo. Vale la pena di ricordare una nota che la accusava di fare l’opposizione”, ha aggiunto la leader del Pd, riferendosi a un attacco lanciato da Palazzo Chigi la scorsa estate. Secondo Schlein stiamo assistendo alla pretesa di certa politica che le corti e i tribunali si adeguino ai programmi del governo. È una pretesa sbagliata a cui non si accompagna alcuna proposta sulle vere priorità della giustizia: il rafforzarmento degli organici, la digitalizzazione, gli investimenti dove servono personale e mezzi”. La segretaria del Pd ha poi citato il decreto Rave “che nella sua prima formulazione impediva anche un raduno degli scout” e per questo ha parlato di “un approccio securitario e repressivo”. Per Schlein “quella che si prospetta è una giustizia forte coi deboli e debole coi forti, dove si usa il pugno morbido nei reati dei colletti bianchi e che apre ai subappalti a cascata. Noi contro queste derive continueremo a batterci”. L’esponente numero uno del Nazareno ha poi difeso l’intera classe giudiziaria: “Su molti temi nuovi, alludo ad esempio al fine vita, la politica è in grave ritardo ed è stata la magistratura a dare risposte che hanno segnato un avanzamento dei diritti individuali e collettivi. Guai, perciò, a trascinare i magistrati sul terreno dello scontro politico. La politica deve assumersi le sue responsabilità”. La segretaria dem ha poi criticato l’ipotesi di scegliere i componenti del Consiglio superiore della magistratura col sorteggio: “L’idea del sorteggio del Csm, se letta insieme ai test psicoattitudinali, sembra a volte a instillare un sentimento di sfiducia nella magistratura, un modo sottile e insidioso per incrinarne la credibilità, non comprendendo che delegittimandola si indeboliscono gli anticorpi di legalità, si indebolisce la lotta al crimine, alla corruzione e alla mafia, ma anche la fiducia nell’ordinamento democratico. È un intervento sulla magistratura che tradisce la tentazione di limitarne gli spazi di azione, di autonomia, di terzietà e indipendenza”.