C’è anche l’accusa di falso tra i reati contestati a Giovanni Toti nell’inchiesta che ha terremotato la Regione Liguria, portando il governatore agli arresti domiciliari. L’ipotesi è legata alla gestione delle discariche in provincia di Savona, una vicenda per la quale è indagato per corruzione l’imprenditore campano Pietro Colucci, che gestisce una galassia di imprese che si occupano di rifiuti. Nel 2021 la procura aveva indagato Colucci per finanziamento illecito al partito di Toti, poi durante l’inchiesta sono emersi indizi sulla corruzione dalle telefonate intercettate dagli uomini della Guardia di Finanza.
Secondo gli investigatori tra il 2016 e il 2020 Colucci, tramite le sue società, aveva finanziato Toti con 195mila euro. In quello stesso periodo “le società riconducibili al gruppo Colucci – si legge nell’ordinanza – avevano avuto come interlocutore istituzionale la Regione Liguria, competente al rilascio di autorizzazioni in materia di gestione delle discariche”. Tutti i finanziamenti provenienti dalle società del gruppo riconducibile a Colucci e diretti alla fondazione Change e al Comitato Giovanni Toti Liguria – sostiene l’accusa – non erano stati deliberati dai rispettivi organi sociali e, in alcuni casi, non erano neppure stati inseriti in bilancio.
Nel procedimento è riportata anche una telefonata tra Matteo Cozzani, capo di gabinetto anche lui ai domiciliari e che nell’interrogatorio di garanzia ha respinto le accuse e preannunciato le dimissioni, e Toti in cui “quest’ultimo faceva esplicitamente riferimento alla necessità di parlare a voce con (o di) tale Colucci in merito ‘alla roba della discarica’”. Il governatore dice: “Digli che se li convoco io qua lunedì, martedì sera anche a cena, Ripamonti, Vaccarezza, Olivieri, che la chiudiamo su tutt… Su tutta la situazione, così mettiamo in fila l’Ato idrico, la cosa, anche perché poi ci si infila dentro anche roba della discarica di Colucci, che voglio parlargliene a voce…”.