Libri e Arte

“Il mio primo porno l’ho visto a 16 anni, ma quello di oggi è violenza”: Lilli Gruber porta la sua idea della pornografia al Salone del Libro. E accusa la “cultura patriarcale”

Non farti fottere (Rizzoli) è il titolo del suo libro inchiesta sul mondo della pornografia contemporanea che la giornalista ha presentato al Salone in compagnia di Massimo Giannini e del pornoattore Max Felicitas

di Davide Turrini
“Il mio primo porno l’ho visto a 16 anni, ma quello di oggi è violenza”: Lilli Gruber porta la sua idea della pornografia al Salone del Libro. E accusa la “cultura patriarcale”

“Io bacchettona? Figuriamoci. Il primo porno lo vidi a 16 anni, ma quello di oggi è violenza e sul web per i minori deve essere a pagamento”. Lilli Gruber scatenata. Non farti fottere (Rizzoli), recita il titolo del suo libro inchiesta sul mondo della pornografia contemporanea. Che poi è un invito soprattutto agli uomini di smetterla di vedere le donne come sottomesse e sopraffatte nell’atto sessuale (“il corpo delle donne come campo di battaglia”), smetterla di vivere in un immaginario da sessualità estrema foraggiando oltretutto un sistema economico industriale che ha fatto socialmente regredire la donna. Un mondo del porno che, a dire la verità, durante la presentazione di Non farti fottere al Salone del Libro di Torino, in compagnia di Massimo Giannini e del pornoattore Max Felicitas, sembra spesso fluttuare, fino inopinatamente a sovrapporsi, tra i meandri della violenza sessuale di terrificanti e tragici casi di cronaca.

“In Italia il porno è un tema poco esplorato. Tutti lo guardano e lo fanno ma nessuno ne parla. Poi ci sono stati casi di cronaca, come quello del branco a Palermo dove un ragazzino che filma la violenza di un gruppo di maschi su una ragazzina, mentre registra la scena in un video dice: ‘una cosa così l’ho vista solo nel porno'”, spiega la Gruber. “Nella nostra società tutto è sessualizzato, ci sentiamo quindi molto liberi e liberati, ma temo che non sia cosi. Nella pornografia mainstream la donna vive perennemente in un ruolo degradato e degradante”. Ed è gioco facile puntare sull’esempio di Max Felicitas, il 32enne italiano che ha assaggiato l’industria del porno per poi ritrarsene e proporre un porno come dice lui “comico”, “con due tre posizioni al massimo”, su una pagina personale a pagamento (30 dollari al mese). Ricordiamo, infatti, che oramai l’industria del poro non è più orientata alla produzione di tradizionali film, ma di video da caricare e proporre spezzettati su piattaforme gratuite oppure direttamente in vendita in digitale.

“Il porno è fatto di finzione, di inquadrature che offrono prospettive che non sono la realtà delle cose. Quando vado nelle scuole spiego ai ragazzi che non devono prenderlo come esempio per fare sesso”, spiega Felicitas con l’assenso della Gruber. “Spero che i pornoattori importanti inizino a fare porno accessibile a tutti, un porno semplice, tra amici. Il sesso va fatto scoprendosi di persona senza ausilio di video o di emulare brutte cose viste online. Anche il sesso è linguaggio, i ragazzi devono capire come leggerlo. È intrattenimento e va preso per quello che è”.

Ma è quando Giannini apre il capitolo su Non farti fottere come “libro femminista” che la conduttrice di Otto e mezzo, recentemente ai ferri corti con l’incontinente Mentana che le ha mangiato minuti preziosi di trasmissione senza avvisarla, che scoppia il putiferio politico. “La cultura machista e patriarcale è la fonte di una certa idea del porno che sottomette la donna”, spiega Gruber che subito si collega alla presidente del consiglio. “Giorgia Meloni non vuole farsi chiamare la presidente. Certo si è accorta tardi di aver detto una cavolata e con la tigna che c’ha non è tornata sui suoi passi. Mica è la sinistra o qualche mondo orribile femminista a chiedergli di declinare al femminile l’articolo, è solo la grammatica italiana. Si è ingarellata in una storia che la rende un po’ ridicola. Questo ci fa capire che usare l’articolo al maschile – “il presidente” – dà autorevolezza mentre quello al femminile toglie”.

E ancora rifacendosi ai consigli peregrini dell’ex compagno della Meloni, Andrea Giambruno, verso le ragazze per non farsi violentare, Gruber esplode: “Perché invece non si dice che devono essere educati i maschi? Perché dite sempre a noi donne come dobbiamo vestire, sederci, mostrarci?”. Insomma se c’è questa pornografia iperaccessibile (“l’età media di accesso al porno è 12 anni”) è colpa della cultura maschilista mai messa in discussione nella società, nonché di un sistema industriale che Gruber definisce di “capitalismo selvaggio” distribuito su quattro grandi aggregatori globali di porno gratuito online con strutture poco trasparenti a scatole cinesi che macinano miliardi alle spalle delle briciole lasciate alle sex workers”.

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