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La National Gallery di Londra celebra 200 anni di Storia, il direttore Finaldi: “Il futuro? Trovare metodi sempre nuovi per rendere l’arte attraente”

Il direttore del celebre museo di Londra racconta la galleria e se stesso in un'intervista a Fq Magazine

di Giorgia Scaturro
La National Gallery di Londra celebra 200 anni di Storia, il direttore Finaldi: “Il futuro? Trovare metodi sempre nuovi per rendere l’arte attraente”

Nel cuore pulsante di Londra la National Gallery, tra i più celebri musei del mondo, celebra 200 anni di storia. Gabriele Finaldi (il cui cognome svela le origini nostrane) dal 2015 dirige l’iconica galleria britannica e insieme a restauratori, scienziati, custodi e visitatori italiani – per non parlare delle nostre preziose opere d’arte oltremanica- rappresenta un pezzo d’Italia nella storia, presente e futuro, della prestigiosa galleria britannica.

Direttore Finaldi, come si sente ad aver raggiunto un anniversario molto importante, e come lo festeggerete?
Ci sentiamo molto onorati di essere la generazione che farà questo passaggio dai 199 ai 200 anni. La National Gallery nasce con il proposito di portare opere d’arte di grande significato davanti agli occhi del pubblico e anche degli artisti, questo è stato l’elemento specifico agli inizi ed è quello che continuiamo a fare oggi. Entriamo nell’anno del bicentenario con l’Ultimo Caravaggio che sta diventato un fenomeno di pubblico e poi 12 capolavori del museo andranno in esposizione in 12 città della Gran Bretagna in modo che tutta la nazione partecipi alle celebrazioni. Stiamo lavorando per creare nuovi spazi all’interno della galleria per dare un benvenuto appropriato al pubblico in questo museo che prima della pandemia riceveva 6 milioni di spettatori all’anno. E poi le grandi mostre di quest’anno a partire da Van Gogh in autunno che celebrerà un secolo di presenza nella nostra collezione, infatti nel 1924 abbiamo acquistato I girasoli e su questo artista abbiamo organizzato la nostra prima mostra. Agli inizi del 2025 prima di riaprire il museo a lavori completati faremo una mostra sulla Siena del 1300 di Duccio, dei fratelli Lorenzetti, di Simone Martini con una presenza molto importante dei prestiti italiani.

Nel 1824 la National Gallery ha aperto con 38 quadri, nel 2024 sono 2400, e nel mezzo ci sono 200 anni di storia. Quali sono stati i momenti più significativi?
La nostra collezione non è grande, sono 2400 opere, non tantissime ma alcune sono capolavori della storia dell’arte europea pensiamo alla Vergine delle Rocce di Leonardo ad esempio. La NG nasce come realtà piccola in una casa privata, solo 20 anni dopo si crea il museo di Trafalgar Square nel pieno centro di Londra, momenti entusiasmanti della nostra storia quando il direttore Charles Eastlake comincia ad acquistare opere di grande importanza alcuni direttamente dell’Italia, e poi gli anni della seconda guerra mondiale quando la NG è vuota di opere d’arte ma rimane una presenza culturale importante nella città soprattutto attraverso la musica e la direzione del grande storico dell’arte Kenneth Clarke. Ultimamente con la creazione della Sainsbury Wing abbiamo un modo nuovo di presentare le collezioni medievali e rinascimentali e ogni giorno poniamo enfasi sull’attività degli artisti contemporanei con la presenza di artisti che vengono a lavorare e vivere qui con noi e si lasciano ispirare dalle nostre collezioni. Naturalmente poi c’è il mondo digitale che è una presenza importante qui in galleria.

Di cosa va più fiero come direttore?
Tutti i direttori vogliono incidere sulla storia dell’istituzione, io sono fiero dell’acquisto del grande quadro Il ritrovamento di Mosè di Orazio Gentileschi, realizzato qui a Londra per il re d’Inghilterra, e poco tempo dopo di quello della prima prima opera di Artemisia Gentileschi, il suo autoritratto in veste di Santa Caterina d’Alessandria che è stato un fenomeno che ha creato scalpore perché abbiamo avuto l’idea piuttosto originale di presentare l’opera in piccoli luoghi fuori Londra dove non ci si aspetterebbe mai di vedere arte classica, come una prigione femminile nel sud dell’Inghilterra o in una scuola per ragazze nel nord del paese. Quindi ci sono stati momenti in cui abbiamo portato opere d’arte ad un pubblico nuovo e fresco in una maniera anche un po’ sorprendente e questo mi è piaciuto molto. Recentemente poi abbiamo fatto un acquisto un po’ fuori dal normale, abbiamo comprato un’opera di un espressionista tedesco ad un’asta. Queste sono alcune delle cose che mi fanno molto piacere.

E a cosa è più legato dal punto di vista personale?
La prima visita alla galleria la feci a 7 anni insieme a mia madre che stava facendo una ricerca su Charles de Foucauld, e mi portò qui per mostrarmi il famoso ritratto di sua zia, Madame Moitessier, una signora meravigliosa vestita in grande lusso e di grande ricchezza. Mia mamma mi spiegava che il nipote di questa signora dedicò la sua vita invece a curarsi dei poveri quindi un contrasto assoluto con l’origine della famiglia. Fu l’inizio di un susseguirsi di visite alla galleria che poi è diventata strettamente parte della mia vita. Ogni giorno che vengo a lavorare mi sento enormemente privilegiato.

Accessibilità e gratuità sono due elementi importanti per il flusso costante dei visitatori della NG, ma qual è secondo lei il segreto del suo successo?
La galleria è stata fondata per il pubblico non è una collezione principesca che diventa parte dello Stato. Qui si crea e si vuole un museo per il pubblico, per le persone, per i cittadini, una galleria dove tutte le classi sociali si possono riunire pacificamente ed essere esposte alla presenza della gran bellezza, e dove gli artisti possono aspirare a dipingere come i grandi maestri. Quindi c’è una intenzione educativa nella creazione della NG, e c’è anche il senso che sia un luogo piacevole da visitare: un binomio di intrattenimento ed insegnamento. Nel 1824 sulla porta della National Gallery c’era scritto: una collezione di quadri per l’uso del pubblico, quindi qui in Gran Bretagna abbiamo la sensazione che le opere in qualche modo ci appartengano, trattiamo la galleria un po’ come se fosse nostra, come fossimo noi i proprietari in quanto cittadini, e la gratuità dell’ingresso è parte fondamentale di questo. Da ragazzo ho potuto visitare con frequenza questo museo perché era gratuito quindi qui non esiste una barriera fondamentale. Il museo esiste perché i quadri sono per noi.

Un pezzo di questa iconica istituzione britannica di fatto è proprio nostro, dell’Italia. Ci può dare la dimensione di come la National Gallery sia rappresentata dal nostro paese?
L’Italia è molto presente. La rappresentatività delle collezioni per la storia della cultura italiana è eccellente e completa. Cominciamo con Cimabue, Giotto e i pittori del 300 e arriviamo al Canaletto con una presenza forte dei grandi maestri, dei movimenti. Tiziano è uno dei pilastri su cui è costruita la NG ma anche Botticelli, due delle tre opere su tavola di Michelangelo sono qui, insieme a Raffaello e Leonardo, sono figure fondamentali nella nostra collezione. Le opere italiane sono circa un terzo della nostra collezione e abbiamo sempre prestato ai grandi progetti italiani. C’è un costante flusso di opere dall’Italia verso di noi e viceversa e mi piacerebbe in futuro trovare l’opportunità di fare mostre insieme alle istituzioni italiane. C’è una forte presenza di italiani nel nostro staff, scienziati, restauratori, custodi di sala, sono persone che amano l’ambiente artistico e vogliono trasmettere il loro entusiasmo, certamente è il caso mio. Dopo gli inglesi e insieme a francesi e tedeschi, sono gli italiani i maggiori visitatori della NG, decine di migliaia di persone che spero si sentano a casa.

Il vostro bilancio è solido. Cosa rende vincente il vostro modello di business?
Fondamentale per noi è che siamo una galleria nazionale, dipendiamo dal ministero della Cultura, e il contributo statale di 24 milioni di sterline è importante per portare avanti la nostra attività e curare l’edificio. Noi però dobbiamo trovare altri 20/25 milioni per far funzionare la galleria e lo facciamo attraverso l’attività commerciale, la filantropia, le sponsorizzazioni e i rapporti con imprese e fondazioni. Siamo fortunati perché siamo nel pieno centro di Londra, siamo una istituzione di prestigio con molti visitatori (oltre 4 milioni di visite nella galleria di Trafalgar Square nel 2023, in aumento del 14% rispetto al 2022 e 60 milioni di visualizzazioni online e sui Social Media ) e quindi non è così difficile per noi e attrarre l’appoggio necessario per portare avanti questo grande progetto.

Che lezione potete essere per l’Italia?
Ammiriamo le istituzioni e i grandi musei italiani ed il rapporto intimo che hanno con il loro territorio. Le ultime riforme italiane che hanno dato maggiore autonomia ai musei, rendendoli un po’ più simili al nostro, credo abbiano dato una carica di energia e l’opportunità di fare necessarie innovazioni nel modo di mostrare le collezioni, e in questo senso credo che il nostro modello sia stato utile ai musei italiani. Ma ammiriamo molto la carica di energia e il grande lavoro anche dal punto di vista del restauro che si realizza in Italia. Una mia ambizione è quella di poter fare una mostra insieme ad un grande museo italiano, questo mi piacerebbe molto.

Come dipingete il vostro futuro?
Abbiamo grandi progetti per sviluppare gli spazi della collezione, c’è una prospettiva di lavori molto interessante: creeremo il nuovo centro studi della National Gallery. Abbiamo investito molto nel digitale, produciamo contenuti per cercare nuovi modi di portare l’arte a un pubblico online e adesso, in occasione del bicentenario, abbiamo lanciato 200 creators: abbiamo chiesto la collaborazione di 200 artisti e influencer online che hanno messo contenuti loro in rapporto con la NG sui loro siti, per i loro follower, e tutto d’un tratto raggiungiamo pubblici nuovi. Tocca a noi trovare metodi sempre nuovi per rendere l’arte attraente ed efficace, fresca, nuova, entusiasmante ed innovatrice.

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