San Vito di Cadore è un paese che vive in uno stato di guerra permanente, combattuta fortunatamente solo a colpi di carte bollate. Al centro dello scontro la censura non solo del diritto dei cittadini a presentare ricorsi contro gli atti della pubblica amministrazione, ma anche di quello dei giornali di fornire una corretta informazione. Dopo l’annuncio che il commissario prefettizio aveva deciso di citare in giudizio per danni il Comitato di cittadini che da anni è impegnato contro la variante della strada statale 51 di Alemagna, la situazione è ulteriormente degenerata. Perché lo stesso commissario Antonio Russo, alla prova dei fatti, ha raddoppiato e se l’è presa perfino con i giornali locali. Sembrava inizialmente che l’iniziativa giudiziaria contro i cittadini accusati di un “eccesso di ricorsi” alla magistratura amministrativa fosse di 70mila euro. In realtà la cifra è esattamente il doppio. Si tratta di 144.526 euro, pari alla somma delle spese legali sostenute dal Comune dal 2020 in poi (in totale 64.526 euro e 44 centesimi) e del danno di immagine quantificato in 80mila euro, motivato anche da una presunta e generica diffamazione.
Una decina di giorni fa il commissario aveva firmato una delibera con cui ha affidato all’avvocato Patrizia Ghiani di Roma l’incarico di promuovere la causa contro i cittadini che si sono opposti alla circonvallazione, arrivando fino alla Corte di Cassazione. Finora non sono riusciti a fermare l’opera, che risente anche delle lungaggini burocratiche, visto che era prevista per il Mondiali di sci di Cortina 2021, ma solo agganciandosi al traino delle Olimpiadi invernali del 2026 l’Anas è riuscita ad aprire il cantiere qualche mese fa.
La strada è destinata a passare a valle del paese, sopra l’argine del Boite. I cittadini hanno sollevato, tra l’altro, questioni di instabilità idrogeologica e hanno ricordato la tragica alluvione che nel 2015 causò tre vittime, con una colata di terra e acqua proveniente dall’Antelao. Dopo l’annuncio della causa i cittadini avevano convocato una conferenza stampa per rendere nota all’opinione pubblica la situazione ritenendo di avere sempre agito a tutela di interessi individuali e collettivi legittimi, chiedendo l’annullamento di atti della pubblica amministrazione.
Le notizie riprese dalla stampa non sono piaciute al commissario. Così, mentre sono stati notificati 25 atti di citazione a singole persone, Russo ha diffuso un comunicato. Contesta che si possa parlare di un Comitato No variante e cita la definizione del Tribunale Superiore delle Opere Pubbliche, secondo cui il comitato sarebbe una “congerie eterogenea di soggetti il cui collegamento tra loro si appalesa estemporaneo ed instabile”. Ricorda poi che finora i cittadini hanno perso le cause. Nega di aver voluto mettere “un bavaglio giuridico-repressivo” alla protesta, che sarebbe riconducibile “a singoli soggetti portatori di interessi particolari”. Aggiunge che “i processi potevano essere evitati” e comunque i ricorsi riguardavano Anas. Il Comune però aveva deciso di costituirsi ugualmente.
I 25 cittadini hanno letto piuttosto allibiti la richiesta di danni per i ricorsi contro decreti di esproprio, determina di aggiudicazione dei lavori e delibere del consiglio comunale. Si vedono contestare un “abuso di diritto” soprattutto a causa della mole di cause e della “riproduzione pedissequa di circostanze, motivazioni e conclusioni totalmente prive di elementi di fatto e di diritto nuovi rispetto ai primi ricorsi”. Una parte della causa riguarda poi i servizi dei giornali locali che, riprendendo nel tempo le motivazioni della popolazione, avrebbero “gettato discreto sull’attività amministrativa dell’ente”, causando “un danno alla reputazione del tutto ingiustificato, con mero fine denigratorio”. Insomma, secondo questa lettura, si è trattato di una diffamazione collettiva.
A questo proposito l’avvocato scrive: “È fuori dubbio che la condotta di abuso del diritto, tenuta attraverso la proposizione di atti giudiziari, si è aggravata in virtù della vasta eco mediatica. La pubblicità negativa fatta tramite mezzi di informazione di massa ha sicuramente determinato un danno ulteriore alla reputazione del comune di San Vito di Cadore”. Alla faccia del diritto di cronaca, i cittadini sono accusati di aver stimolato articoli di giornale o servizi televisivi “nell’ottica di screditare l’operato del Comune e sottoporlo a pressioni per ottenere atti ovvero la revoca di questi”. L’accusa è di “aver voluto svilire la figura amministrativa del Comune, poiché il proliferare delle azioni – peraltro sempre comunicate alla stampa – ha ingenerato nella popolazione locale e cadorina l’immagine di una amministrazione incapace di gestire l’evento complessivamente inteso”.
Vengono anche elencati 6 articoli apparsi nell’arco di 16 mesi, dal dicembre 2022 al marzo 2024 su Corriere delle Alpi, Tgr Veneto, Gazzettino e Voci di Cortina. Dove sarebbe la diffamazione? Aver riportato notizia del ricorso in Cassazione del comitato “senza che vi fosse stato alcun riferimento al fondamento giuridico del ricorso”. Oppure, aver riferito del “danno erariale paventato dal Comitato del No” o aver riferito della denuncia alla Corte dei Conti “perché i lavori sarebbero privi di copertura legislativa”. Un giornale, poi, avrebbe dato notizia del fascicolo aperto in Corte dei Conti a carico del Comune “senza mai precisare i risvolti tecnico-giuridici dello stesso”. Ciliegina sulla torta: in un articolo si citava l’esistenza del comitato di cittadini, mentre “tutti i provvedimenti giudiziari ne hanno negato la valenza giuridica”. Più che giornalisti dovrebbero essere degli azzeccagarbugli e i giornali manuali di diritto.
Antonio Mengus, portavoce del Comitato, dichiara: “Visto che la maggior parte degli atti è riconducibile ad Anas, il Comune avrebbe potuto non costituirsi nei giudizi, come ha fatto la Provincia di Belluno. Inoltre, gli articoli di stampa riguardavano istruttorie che non sono state archiviate, mentre la Procura della Corte dei Conti ha aperto un fascicolo sulla base di una nostra denuncia perché i lavori e gli espropri avrebbero dovuto essere completati entro il 31 dicembre 2022”.
Luana Zanella, capogruppo alla Camera di Alleanza Verdi e Sinistra, ha subito presentato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e dell’Interno, sostenendo che l’iniziativa “costituisce un’azione intimidatoria per colpire la libertà di espressione nel nostro paese”. La compagna di partito, Cristina Guarda, consigliera regionale candidata alle Europee, aggiunge: “E’ un modo per impedire l’esercizio del diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Per Andrea Zanoni, consigliere regionale del Pd, anche lui in corsa per Strasburgo, è “una richiesta grottesca e preoccupante, che ha il sapore dell’intimidazione”.