Quando Maddalena Meleddu inizia a studiare e sognare il suo futuro, non immagina che metterà radici in Svezia. Dal suo paese d’origine, nell’entroterra sardo, sogna di trasferirsi in Spagna o nei Caraibi, ipotizza di cambiare Paese ogni anno e viaggiare per lavoro, fantastica un futuro a New York. Della Scandinavia, racconta ridendo a Ilfattoquotidiano.it, sa solo che ha un clima inameno, “poco adatto a una sarda”. L’unica certezza, all’inizio, è la volontà di partire: “Volevo conoscere il mondo, allontanarmi da casa per scoprire cosa ci fosse oltre la mia isola”.

Inizia così la sua lunga peregrinazione: da Laconi a Grimsby, da Cagliari a Madrid, passando per il Marocco e la Repubblica Dominicana. Fino a Göteborg, dove nel 2017 invia la domanda d’iscrizione all’Università: “L’ho mandata quasi per gioco – ricorda – non credevo mi avrebbero preso. Quando mi hanno accettata, pensavo di fermarmi solo per i due anni della magistrale. E invece sono ancora qui”. Perché in quel paese nordico, spiega, per la prima volta scopre che può esistere un equilibrio tra la vita lavorativa e la vita privata: “Nella cultura svedese la persona viene prima del lavoro. Il tempo per vivere è più importante di tutto, un principio che non ho trovato in nessun altro Paese in cui sia stata”.

In Svezia inizialmente fa la cameriera, poi la commessa, infine – dopo due lauree magistrali in Relazioni Internazionali e in Comunicazione, perché, ci tiene a sottolineare, “l’intero sistema educativo, inclusa l’università, è gratuito” – trova lavoro in una delle principali aziende automobilistiche del Paese, dove tutt’ora si occupa di Commercial Digital. Ad accomunare tutte le esperienze, la stessa idea di lavoro: “Ti seguono, vedono le tue inclinazioni, cercano di supportarti e spingerti a crescere, ti danno fiducia. Per la prima volta ho sentito che avevo delle garanzie, e che non esistevano sfruttamento e precarietà”. Per questo, secondo Maddalena, chi si trasferisce in Scandinavia tendenzialmente rimane: “Si trova lavoro facilmente e l’integrazione è agevolata: basta l’inglese, ma vengono offerti corsi gratuiti di svedese aperti a tutti gli immigrati”.

Dopo un periodo iniziale nel dipartimento di brand e marketing della società in cui lavora, viene spostata sul digitale. Il primo ruolo è di brand ambassador, poi si specializza: “Qui conta l’esperienza, il fatto che non fossi laureata in economia o in ingegneria non mi ha precluso la possibilità di entrare in una grande azienda”. Un lavoro che la soddisfa e le permette di reinventarsi ogni giorno: “Lavoro con i prodotti digitali che non sono legati all’automobile in sé, ma a ciò che possono offrire nell’esperienza del passeggero: dall’app che ti ricorda che hai un appuntamento, alle piattaforme di streaming nell’iPad del sedile, fino all’elettricità di casa tramite lo stesso wallbox in cui ricarichi la macchina. Il mio compito è capire cosa vogliano i consumatori”.

In questi sette anni, Maddalena è cresciuta, e le sue priorità sono cambiate. Ha scoperto che non aveva tutti i torti a temere il freddo scandinavo – “Soffrono persino loro che ci sono nati, figurati io…” – ma ha anche capito che può rinunciare al sole della Spagna, ma non alle possibilità che le offre Göteborg: “Qui so che se volessi potrei fare figli serenamente, senza rinunciare al lavoro. Dall’istruzione gratuita alla paternità obbligatoria, dagli stipendi più alti al servizio psicologico, c’è una reale politica di supporto alla famiglia”.

Del resto, mentre in Europa si fanno sempre meno figli – con 3,88 milioni di bambini nati nei paesi dell’Unione Europea nel corso del 2022, rispetto ai 4,09 milioni del 2021, secondo i dati Eurostat – in Svezia il tasso di natalità è tra i più alti. Tra incentivi economici, congedo parentale e asili nido gratuiti e accessibili, il carico della cura non ricade solo sulle donne, che possono così conciliare famiglia e lavoro. Chi ha figli, nello specifico, ha diritto a 480 giorni di congedo, dei quali 390 a salario pieno, divisibili tra i due genitori. Entrambi possono decidere di cedere all’altro fino a 150 giorni, ma almeno 90 sono obbligatori. Inoltre, la copertura nei servizi per l’infanzia 0-2 anni supera i 56 posti ogni 100 bambini. La media UE, invece, è 35. Un sistema di diritto, spiega Maddalena, che funziona anche grazie al rispetto della legge e a un rapporto di fiducia reciproca tra Stato e cittadino.

Eppure, nella sua esperienza, alcuni aspetti pesano. Su tutti, la nostalgia di casa: “Mi manca la nostra spontaneità. La Svezia è un paese molto organizzato, e lo sono anche i suoi abitanti. Le persone seguono in modo chiaro alcune prescrizioni di costume e di educazione. È impossibile, ad esempio, che tu un’ora prima chieda al tuo amico di uscire, è tutto molto più programmato”. Ma non solo: “In Sardegna c’è un romantico sapersi accontentare delle piccole cose, e tra queste cose c’è al primo posto la convivialità. E poi, diciamolo, noi sappiamo fare meglio le feste e le sagre paesane (ride, ndr)”.

Ma il paese di Astrid Lindgren e di Ingmar Bergman, dell’aurora boreale e della “fika” – l’usanza svedese di riscaldarsi in un bar con un caffè e un dolce (spesso alla cannella) in compagnia di un amico – secondo Maddalena ha qualcosa in comune con la sua regione d’origine: “Quando c’è il sole e il cielo è terso, gli svedesi sanno goderne a pieno. Nessuno sta a casa, le strade si riempiono, i chioschi vengono aperti. E quando cammino, giuro, mi sembra di essere a Cagliari, mi sembra di passeggiare al Poetto… ok, non c’è quella spiaggia, però la sensazione è la stessa. La gioia di uscire ed essere in contatto con la natura, un principio fondamentale nella cultura svedese, ci accomuna”.

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