Non preoccupatevi per le lacrime che vi scendono copiose sulle gote, ma è satira di Natangelo anche questa. Cenere (Rizzoli), la graphic novel del vignettista del Fatto Quotidiano presentata ieri al Salone del Libro di Torino, profana dolcemente l’indicibile tabù della morte. Abituati al tranciante satireggiare del nostro su politici e celebrità varie, è evidente che l’operazione autobiografica (la morte della madre a 62 anni dopo un lungo periodo di sofferenza, e la successiva accettazione della sua definitiva assenza) sia immediatamente spiazzante.
Elaborazione del lutto, sì, ma con un lieve tocco dissacratorio che giunge carsico e gentile. Mamma in fin di vita che minaccia i medici dicendo “mio figlio lavora per il Fatto Quotidiano” o il sepolcro della resurrezione tappato per la madre e aperto per Gesù sono solo due istanti dei diversi istanti che bucano la morsa della pietas familiare con l’impennata di una risata gentile e garbata. Un contatore per i giorni del lutto e uno per i giorni del ricordo che Natangelo appone a bordo pagina dividendo spesso in quattro le tavole, alternandole a diversi screenshot di chat con la madre (“stanze in cui torno spesso a perdermi per ritrovare la sua voce”) o vere fotografie di famiglia (l’ultima di “Amato padre” con cucciolo di cane spacca il cuore). Ma va bene così. L’abbiamo voluto noi.
Cenere alla cenere. Polvere alla polvere. Come quella che entra nell’occhio del vignettista napoletano, facendogli scivolare una lacrima mentre il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ne ricorda la sensibilità personale e professionale: “Questa graphic novel, fatta in questo modo, non mi stupisce perché conosco anche la sua vena malinconica”, spiega Travaglio durante l’incontro al Salone del Libro. “La satira si deve occupare di tutti i tabù, ciò di cui, di solito, giornalisti e politici dicono di non doversi occupare: la religione, la politica, la vita e la morte. Il tabù della morte è talmente intoccabile che quando una persona muore usiamo altre parole per dirlo come è “scomparso” o “è venuto a mancare”. Natangelo è riuscito a fare satira su un grave evento luttuoso come quello della morte prematura della madre. La satira può essere sviluppata su molti registri, deriva dal latino satur, che significa pieno, un piatto pieno di roba, dove c’è di tutto”. “Il libro nasce da una mia richiesta di scuse ai lettori: non riesco a farvi ridere perché è morta mia mamma”, ha ricordato Natangelo. In Cenere del resto riappare la celebre vignetta dello scandalo, quella con Arianna Meloni nel lettone con un ragazzo nero, pubblicata il giorno del trigesimo della scomparsa di sua mamma. “Sapevo esattamente le parole che avrebbero detto i politici, la solidarietà dalla finta opposizione a cui le vignette vanno anche spiegate”, ha ricordato Travaglio. “I giornalisti più importanti dissero che la satira offensiva non è satira, mentre se non si offende la vittima le hai fatto una parodia, la satira deve far incazzare. Del resto Natangelo è con noi dal 2009 e facemmo molto bene a prenderlo. Avevo letto le sue vignette e non lo conoscevo di persona. Credevo, infatti, che essendo bastardo e carogna fosse un signore di mezza età, uno incattivito dalla vita. Invece era un ragazzetto di 23 anni con i boccoli. Ora è invecchiato ma per fortuna è rimasto carogna, il posto fisso non lo ha rammollito. E poi a me se uno non è un po’ carogna non mi piace”.
Appuntamento da non perdere: Luca Guadagnino dialoga con Natangelo per l’uscita di Cenere il 13 maggio a Milano alla libreria Hoepli Via Hoepli 5, ore 18