Dopo svariate condanne (l’ultima pochi giorni fa, ndr) e incarcerazioni per il suo cinema giudicato dissidente Mohammad Rasoulof, già vincitore dell’Orso d’oro a Berlino nel 2020, ha lasciato l’Iran. “Sono arrivato in Europa pochi giorni fa dopo un viaggio lungo e complicato. Circa un mese fa, i miei avvocati mi hanno informato che la condanna a otto anni di reclusione era stata confermata in appello e sarebbe stata eseguita con breve preavviso”, ha dichiarato Rasoulof, spiegando di non aver avuto “molto tempo” per prendere una decisione.
“Ho dovuto scegliere tra la prigione e lasciare l’Iran. Con la morte nel cuore ho scelto l’esilio. La Repubblica Islamica mi ha confiscato il passaporto nel settembre 2017. Pertanto ho dovuto lasciare l’Iran in segreto”, ha rivelato il regista che è una delle voci più critiche del panorama cinematografico iraniano nei confronti del governo di Teheran. “Sono grato ai miei amici, ai miei conoscenti e alle persone che mi hanno aiutato, a volte a rischio della vita, ad attraversare il confine e a mettermi in salvo”.
Il cineasta non ha rivelato dove si trovi e a questo punto è possibile che partecipi alla presentazione in anteprima mondiale del suo ultimo film Seed of the Sacred Fig Tree, in concorso al Festival di Cannes. Il regista, nei giorni scorsi, è stato condannato anche alla fustigazione, a una multa ed alla confisca dei beni. Il regime lo ha accusato di “collusione contro la sicurezza nazionale”. Dopo la conferma della condanna avrebbe dovuto scontare almeno 5 anni.
Il regista 52enne aveva vinto la Berlinale con il film del 2020 Il Male non esiste, sulla pena di morte nel suo Paese. Non aveva però potuto accettare personalmente il premio perché non gli era stato concesso un permesso di viaggio, in quanto si trovava agli arresti domiciliari a Teheran con il passaporto confiscato, dopo che a settembre 2019 aveva partecipato negli Stati Uniti al Telluride Film Festival.
Pochi giorni dopo la cerimonia di premiazione, Rasoulof era stato condannato a un anno di carcere in Iran e al divieto di girare film per i successivi due anni, a seguito di una sentenza che aveva ritenuto tre suoi film “propaganda contro il sistema“. Oltre alla sua carriera cinematografica, Rasoulof è stato attivo anche nel campo dei diritti umani e ha affrontato diverse sfide legali in Iran a causa delle sue opinioni politiche e del suo lavoro cinematografico.
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