Come richiesto dall’accusa Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, abbandonata a casa da sola per 6 giorni nel luglio del 2022. La sentenza è stata emessa dai giudici della Corte d’assise di Milano, l’imputata è apparsa impassibile. È arrivato così a un primo punto giudiziario il caso della bimba trovata senza vita. I giudici hanno escluso l’aggravante della premeditazione.

L’imputata è stata condannata al risarcimento dei danni in via previsionale a favore delle parti civili: 20mila euro per la sorella Viviana, 50mila euro per la madre, Maria Assandri. A pena espiata, inoltre, Pifferi sarà soggetta misura di sicurezza libertà vigilata per tre anni. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.

Il caso – Era il 21 luglio del 2022 e la donna era stata fermata con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e premeditazione. La piccola era in un lettino da campeggio e a fianco c’era il biberon. Secondo una prima ricostruzione la bambina è stata ritrovata nell’appartamento in zona Mecenate, la mattina presto del 20 luglio. A dare l’allarme è stata una vicina di casa a cui la madre si sarebbe rivolta chiedendo di chiamare i soccorsi. Al giudice per le indagini preliminari di Milano disse che aveva lasciato la piccola per passare del tempo con il suo compagno e perché “voleva un futuro”. La perizia, disposta dalla corte, ha mostrato che la donna era perfettamente capace di intendere e di volere.

Il pm: “Prima tappa dell’accertamento della verità” – “È una sentenza giusta, la prima tappa per l’accertamento della verità. Ci ho creduto sempre e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima – ha detto il pubblico ministero Francesco De Tommasi – Ho visto una donna che ha recitato una parte, mi aspettavo l’ergastolo”. “È un dolore atroce. Si è dimenticata di essere una madre. Ora non riuscirei a dire nulla. Deve pagare per quel che ha fatto. Se si fosse pentita e avesse chiesto scusa Ma non l’ha fatto” ha detto Maria, la mamma dell’imputata. L’avvocato di parte civile, che tutela la madre e la sorella dell’imputata, aveva chiesto in totale 350mila euro di risarcimento.

La difesa: “Faremo appello” – “Alessia Pifferi ha pianto molto, era molto dispiaciuta di aver sentito la sorella e la madre esultare durante la lettura della sentenza, quando il presidente ha detto ‘ergastolo’ – ha detto l’avvocata – Leggeremo le motivazioni poi ovviamente faremo appello, mi aspettavo una sentenza così dura. Penso non ci sia stato un clima sereno e senza l’inchiesta parallela forse la perizia psichiatrica avrebbe dato esito diverso”.

La requisitori dell’accusa – Nel chiedere il fine pena mai per l’imputata durante la requisitoria il pm di Milano Francesco De Tommasi aveva ricostruito gli ultimi giorni di vita della piccola: la bimba, aveva detto, ha “patito sofferenze atroci, terribili, che si è spenta lentamente all’esito di un processo di progressivo indebolimento delle funzioni vitali fino a perdere la vita”. E ancora: “Non aveva acqua e cibo a sufficienza per resistere”, ha chiarito, evocando “la paura, la fame e la sete che questa bambina ha avvertito”. Nella sua requisitoria il pm aveva definito la donna “una persona lucida, che con strategia vuole ottenere un obiettivo e in questo caso vuole un beneficio in termini sanzionatori”. In generale “racconta bugie, le utilizza per eludere a suo modo gli ostacoli della propria esistenza, è una persona che ha tanti obiettivi egoistici e desideri insoddisfatti”. Lo scopo dell’omicidio, ha continuato il rappresentante dell’accusa, “era di divertirsi col suo compagno, di spassarsela coi suoi uomini, ora il suo scopo è di ottenere benefici”.

L’arringa dell’avvocata– La difesa, all’inizio dell’arringa iniziata questa mattina, aveva chiesto l’assoluzione: “Se mi dovessi togliere questo cencio nero dalle spalle direi che è un mostro, ha fatto una cosa terribile, tremenda. Oggi dalla parte civile viene definita lussuriosa, ma qui non stiamo dando giudizi morali ma per applicare la legge nel miglior modo possibile e per questo vi chiedo l’assoluzione di Alessia Pifferi. È evidente che non volesse uccidere la bambina. Ha avuto una vita terribile, è crescita nell’incuria e nell’abbandono, non voglio accusare nessuno” aveva detto Alessia Pontenani, l’avvocatessa che tutela gli interessi, che è stata indagata dalla procura di Milano insieme a due psicologhe del carcere di San Vittore di Milano.

L’avvocata aveva ripercorso in aula le tappe della vita della 38enne, dai problemi avuti fin da bambina, i rapporti con la madre Maria Assandri e la sorella Viviana Pifferi, rapporti difficili. “Alessia Pifferi non ha mai voluto uccidere la figlia. Esiste un reato nel nostro codice, che è l’abbandono di minore. Ci siamo: è il nostro caso, è la morte di Diana – ha detto la legale – Alessia ha commesso il reato di abbandono più volte: la prima volta che è andata al supermercato senza la bambina, il primo weekend che è partita, quando ha fatto la cena in limousine, il secondo weekend. Questo è il reato per cui deve essere condannata Pifferi. La caratteristica di abbandono di minore è la speranza che non accada nulla: lei sperava in cuor suo, e credeva, che non sarebbe accaduto nulla alla bambina“.

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