“Prima o poi” il fentanyl o qualche altro oppioide ad alta potenza di produzione clandestina circolerà in maniera massiccia anche in Europa e in Italia e non sarà soltanto più un problema del Nord America (70mila morti l’anno). Potrebbe essere “un disastro” se non saremo preparati adeguatamente all’invasione di un prodotto sintetico, potentissimo e a basso costo: “Se arriva il fentanyl e va avanti anche la diffusione di crack quest’onda potrebbe travolgerci” dice Riccardo Gatti, medico specialista in Psichiatria e psicoterapeuta che da sempre si occupa di uso sostanze e dipendenze patologiche e ora coordina il tavolo tecnico della Regione Lombardia sulle dipendenze. Gatti, che è uno dei massimi esperti del settore, ha una visione amplissima di quello che potrebbe essere una “prossima grave emergenza mondiale” in grado, al pari delle guerre o dei problemi climatici, “di condizionare il presente e il futuro e la vita di tutti noi”. Si tratta del progressivo passaggio del mercato delle droghe a nuovi mix di sostanze di sintesi, prodotti in laboratorio e caratterizzati da alta potenza, alto potere additivo e basso costo.
La diffusione del fentanyl di produzione clandestina e non solo potrebbe essere un primo concreto segnale di una “pericolosa evoluzione”. Da alcuni mesi questo potente oppioide sintetico – che nel Nord America sta provocando una strage che sembra inarrestabile anche nei giovanissimi – circola in Europa e sicuramente ha iniziato a circolare in Italia, come dimostrano i casi di Perugia, Gioia Tauro (farmacia abusiva) e Piacenza (un arresto per traffico di droga nel novembre del 2023 ). Il farmaco fentanyl, se usato appropriatamente e sotto stretto controllo medico per la terapia del dolore, è utilissimo, efficace e sicuro, ma il suo abuso può avere effetti disastrosi.
Cosa ne pensa del primo caso segnalato a Perugia?
È da un po’ che mi aspetto che circolino anche da noi sia il fentanyl che altri oppioidi ad alta potenza. Il fentanyl è un farmaco, mentre quello che viene venduto clandestinamente in America è una sostanza della stessa famiglia: oppioidi ad alta potenza che spesso vengono anche venduti mischiati con altre droghe e farmaci contraffatti. È una sostanza che ha avuto successo e sta avendo successo nonostante stia ammazzando un sacco di persone. Ci sono tanti fatti strani in questa storia, sia negli Usa che da noi. C’è una composizione particolare nella dose di Perugia: c’è il 5% fentanyl, l’eroina, una benzodiazepina, la codeina. Sembra pensata, non fatta a caso. Poi c’è un consumatore che l’acquista e dice di aver provato effetti inusuali. Ne ha conservato una parte e la porta a una delle poche unità mobili attive in Italia, per analizzarla: si scopre che proprio quella dose contiene fentanyl. Ci sono tanti interrogativi. Magari era un test.
C’è un’indagine della procura di Perugia in corso sul caso. E c’era stata un’allerta del Sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri che ha fatto un esplicito riferimento alla ‘ndrangheta.
A settembre alcune testate straniere hanno parlato di organizzazioni criminali europee che stavano stringendo accordi con analoghe organizzazioni del Sud America e con il cartello di Sinaloa per estendere questo traffico. In realtà, se ci pensiamo un attimo, le vie tra noi ed il Sud America sono già aperte: basta utilizzare quelle percorse dalla cocaina. La ‘ndrangheta potrebbe essere interessata? Io dico, perché no? È una sostanza molto redditizia e fidelizza molti clienti che ne diventano rapidamente dipendenti. Penso che sia ovvio che le organizzazioni locali si interessino a una possibile importazione, che peraltro non comporta nessuna difficoltà di movimentazione: la sostanza è talmente potente che ne basta pochissima per preparare moltissime dosi. In Europa arrivano tonnellate di cocaina, è abbastanza semplice fare arrivare qualche chilo di fentanyl per la stessa via o, se necessario, produrlo direttamente anche da noi.
E un’allerta era già arrivata dall’Europa
C’è stato un allarme lanciato a settembre dalla Commissaria europea agli Affari Interni e nei giorni scorsi dal nostro Governo: la preoccupazione è che si diffonda in Europa e da noi pervade anche le Istituzioni. Il fentanyl, prodotto in laboratori clandestini (non il farmaco uscito dai canali ufficiali che già circola), è una sostanza nuova per il nostro mercato dello spaccio. Miscelata con altre sostanze, come avviene in Nord America, quali la xilazina, un farmaco sedativo di uso veterinario, produce di fatto una droga nuova che potrebbe tagliare fuori dal mercato altre droghe che hanno alle spalle una coltivazione agricola, come l’eroina. Ma il fentanyl si abbina anche alla cocaina e alle metanfetamine e apre una strada innovativa verso una generazione di “droghe mix”, con più sostanze attive ad alta potenza ed a costo relativamente accessibile. Fa intravedere una possibile transizione progressiva verso prodotti complessi, variegati negli effetti e completamente sintetici. La sintesi di laboratorio è meno visibile di una coltivazione agricola e meno condizionata da fattori geografici e climatici, ma cambia di fatto i percorsi tra produzione e consumo dove le sostanze, più che droghe, sono oggetti di scambio e strumenti finanziari. Questo può avere molti significati e molte conseguenze, anche rispetto ai cambiamenti geopolitici in corso a livello mondiale e apre ad alcuni interrogativi sul perché il fentanyl sia stato diffuso così massicciamente e prima in Nord America, rispetto al resto del mondo.
Qual è il suo pensiero?
Il “successo” del fentanyl tra i consumatori di oggi è la cosa più strana. Ogni anno, solo negli USA, questa sostanza uccide almeno 70.000 persone e l’anno successivo ne arrivano altre decine di migliaia che faranno la stessa fine: non si tratta solo di disperati ed emarginati anche se, ovviamente, le condizioni sociali, etniche e culturali hanno un peso. I video di persone barcollanti per le strade, probabilmente non solo per il fentanyl, colpiscono particolarmente ma, in Nord America, ormai si cerca di mettere a disposizione l’antidoto contro le overdosi nelle scuole, nei college, nei ristoranti, nei luoghi di aggregazione e credo che non esista una famiglia di quei Paesi che non conosca almeno una persona morta per overdose. Se all’inizio le organizzazioni criminali avevano diffuso il fentanyl all’insaputa dei consumatori, oggi la situazione è nota a tutti nella sua tragicità, eppure non sembra arrestarsi.
Quindi una sorta di epidemia
È una vicenda che intrinsecamente ha qualcosa di misteriosamente autodistruttivo, tra organizzazioni criminali che uccidono centinaia di migliaia dei loro clienti paganti e sempre nuove persone che continuano, comunque, ad accostarsi a determinati consumi, pur vedendone gli effetti. Se non fosse realtà, sembrerebbe un film dell’orrore. Poi c’è un altro pezzo…
Quale?
Nel bel mezzo di una crisi in cui si rischia un conflitto mondiale, il Segretario di stato Usa, Blinken, riapre un dialogo con il governo cinese e si scopre che uno degli argomenti trattati è proprio il fentanyl. C’è qualcosa di più? Perché diventa un argomento così importante di trattativa tra potenze mondiali? I precursori del fentanyl sono prodotti in Cina e finiscono in Messico, ma potrebbero essere prodotti anche altrove. Il dubbio, quindi, che il fentanyl sia un’arma impropria, uno strumento di condizionamento dei rapporti internazionali c’è. Non è un segreto, ma un mistero. Ed è lecito pensare a una sorta di guerra asimmetrica che usa le sostanze come strumento di destabilizzazione. C’è un altro pezzo, ma riguarda l’Afghanistan.
E l’eroina
Per anni anche durante l’occupazione occidentale, abbiamo investito milioni per convertire le colture di papavero da oppio. Non ci siamo riusciti. Dopo gli accordi di Doha arrivano i Talebani che in un tempo relativamente breve quasi sopprimono la produzione del papavero da oppio, riducendola del 95%. Difficile capire se si tratti di una scelta politico-etica, oppure commerciale, considerando che l’eroina, nel confronto di oppioidi a basso costo più potenti e prodotti in laboratorio, come il fentanyl e non solo, potrebbe avere un futuro incerto. Forse i Talebani lo hanno capito in anticipo, visto che sembrano più aperti alla produzione di metamfetamina? Ma intanto, la conseguenza della carenza di eroina, potrebbe essere uno dei fattori facilitanti l’immissione sul mercato europeo di oppioidi sintetici in Europa. In questo momento, da noi l’eroina, allo spaccio, costa poco. È strano, pensando al progressivo esaurimento delle scorte di eroina afghana. Ma lo è meno se si pensa a una promozione per ingaggiare nuovi clienti che, se ne diventeranno dipendenti, potranno transitare verso il consumo di altri oppioidi, più redditizi, in un prossimo futuro.
Un mosaico pieno di tessere
Complessivamente, quindi, siamo di fronte ad una situazione molto complessa in cui si intrecciano situazioni geopolitiche in mutazione, conversioni di mercati, interazioni di blocchi di potenze mondiali e tendenze dei consumatori verso cocktail di sostanze sempre più diversificate e potenti, alcune delle quali sono, in origine, farmaci leciti, non droghe illecite. Anche il ministero della Salute ha recentemente richiamato chi opera con questi farmaci ad una maggiore attenzione nei confronti di furti e di ricette contraffatte (o estorte) che sembrano, quindi, non poche. C’è stato poi l’allarme del Governo con la presentazione di un piano ad hoc. Personalmente avrei agito con maggior riservatezza, per non allertare anche chi non doveva essere allertato. Però trovo corretto che, comunque, un piano ci sia.
Lei diceva che al momento non sono segnalate persone che vanno in overdose e non ci sono segnali che ci sia una diffusione. Ma potrebbe essere che il fentanyl circoli già in una maniera sommersa?
La risposta è: in parte senz’altro sì, però si tratta principalmente di una circolazione impropria del farmaco. Girano ricette false, ricette contraffatte, forse ricette estorte, ci sono furti: un utilizzo di fentanyl (e di altri farmaci) che non pare più legato alla terapia del dolore sotto controllo medico. Per questo il Governo chiede anche maggiore controllo sulla catena del farmaco. Per ora non credo, invece, che ci sia una vera e propria larga diffusione di fentanyl prodotto clandestinamente: troppo potente e difficile da dosare, sia da parte di chi lo produce che da parte di chi lo consuma, produrrebbe più overdosi.
A questo punto cosa dobbiamo aspettarci?
A mio parere dobbiamo stare con gli occhi e con le orecchie aperti. Per quanto riguarda il fentanyl e, insisto, anche eventuali altri oppioidi ad alta potenza, ci sono due ambiti da presidiare: quello dello spaccio, in possibile pericolosa evoluzione, e quello del farmaco che già sembra diffondersi impropriamente, creando nuove situazioni di potenziale dipendenza. Se le due situazioni confluissero sarebbe un problema di difficile gestione. Ma c’è un altro aspetto
Quale?
È troppo poco considerato l’aspetto della cura e della prevenzione e della presenza di prossimità alle situazioni di maggior rischio. Per le dipendenze il nostro sistema di intervento risale agli anni ’90, gli scenari erano completamente diversi, più circoscritti e meno complessi. Oggi, quindi, per una serie di ragioni diverse, in molte parti del Paese abbiamo un sistema già sotto stress nei confronti della domanda. Inoltre l’uso del crack, un derivato dalla cocaina che produce effetti devastanti, sta diventando imponente ed è difficile da trattare, nelle sue conseguenze fisiche e psichiche. Se si diffondono anche oppioidi ad alta potenza, da soli o miscelati ad altre sostanze psicoattive, il rischio è che il sistema non tenga più e non riesca a rispondere a un aumentato bisogno e questo sarebbe un disastro. Se non si pensa oggi ad una differente organizzazione dell’offerta di cura e ad investire risorse nel settore, la situazione potrebbe non essere contenibile. In mancanza di provvedimenti e di nuove strategie, se arriva il fentanyl e va avanti il crack quest’onda ci travolgerà.
C’è una riflessione che vuole aggiungere?
A livello internazionale, europeo e italiano, le convenzioni, le normative e le strategie per il contrasto alle dipendenze e per prevenire le conseguenze dell’uso di sostanze devono essere ripensate. Sono sempre meno efficaci, perché figlie di scenari che sono cambiati e continuano a cambiare velocemente, anche nel loro significato. Senz’altro non sembrano tutelarci a sufficienza, sia rispetto alla diffusione delle droghe illecite (e anche di quelle lecite), che rispetto alla tutela della salute delle persone. C’è un grande lavoro da fare che deve mettere assieme capacità tecniche di analisi e di organizzazione, pensiero strategico e politico e azione legislativa, accettando anche di rivedere posizioni consolidate ma, ormai, anacronistiche. Purtroppo è difficile per tutti rimettersi in discussione, uscire dagli slogan e dalle rassicuranti e semplicistiche posizioni di bandiera e, tenendo conto della complessità dei presupposti, non è semplice operare scelte per percorrere nuove strade.
Da dove partirebbe?
Partirei dall’analizzare e dal mettere in atto tutto ciò che potrebbe essere più utile per tutelare la salute e la qualità della vita delle persone, valorizzando e non disperdendo le competenze e l’esperienza che abbiamo maturato negli anni. Dovrebbe essere il primo obiettivo delle nostre azioni in questo ambito, ma troppo spesso sembra passare in secondo piano e non sarebbe male anche capirne la ragione.