Thiago Motta, Riccardo Orsolini, Joshua Zirkzee, Riccardo Calafiori, Lewis Ferguson. Sono questi i principali protagonisti dell’impresa compiuta dal Bologna, qualificato in Champions League per la prima volta dopo l’apparizione nel 1964/65 (eliminata al primo turno contro l’Anderlecht dopo la “bella” al Camp Nou e un lancio di moneta sfortunato). Un risultato inatteso e assolutamente imprevedibile alla vigilia del campionato, giunto addirittura con due giornate di anticipo grazie al successo dell’Atalanta nello scontro diretto contro la Roma. I giallorossi sono scesi al sesto posto in classifica, a -7 dai felsinei. Troppi per pensare a una rimonta. I nomi sopracitati sono i gioielli, quelli che il Bologna dovrà cercare di trattenere durante il mercato estivo. Un’impresa complicatissima per provare a crescere ancora e giocare in Europa con il massimo del potenziale. Sono gli elementi più in vista, quelli di cui si discute maggiormente. Molto meno invece si parla di chi ha assemblato i pezzi del Bologna. L’architetto silenzioso e lontano dai riflettori grazie al quale piazza Maggiore si è riempita di persone, fumogeni, cori e incredulità: Giovanni Sartori.
Calciatore tra gli anni ‘70 e ‘80 (ha vinto come riserva il titolo della Stella del Milan nel 1978/79), nato a Lodi il 31 marzo 1957, Sartori è un dirigente vecchio stile, che diffida degli algoritmi, preferendo valutare un calciatore di persona. Fa anche ampio uso di piattaforme per analizzare i dati degli elementi osservati, ma l’ultima parola ce l’ha sempre l’occhio. Un lavoro ovviamente di collaboratori e allenatori, a tutto tondo. Il basso profilo è una scelta di vita e non solo. Sono appena tre infatti i club in cui ha lavorato in più di trent’anni di carriera dirigenziale: Chievo Verona, Atalanta e, appunto, Bologna. E tutti questi club, sotto le sue mani, hanno cambiato la propria storia. Il passaggio dal campo alla scrivania è arrivato grazie a Campedelli, Luigi, presidente del Chievo, il padre di Luca. Un’intuizione da cui prende vita un’altra carriera, nettamente migliore di quella modesta vissuta da calciatore. Stagione dopo stagione, Sartoni contribuisce a rendere una piccola squadra di quartiere una realtà nazionale. Il salto in Serie A, la qualificazione in Europa, i preliminari di Champions League nel 2006. Un viaggio unico (e forse irripetibile) durato fino al 2014, che ha prodotto anche le scoperte di giocatori come Amauri, Barzagli, Marazzina, Corradi e Perrotta. La sua tappa successiva è a Bergamo.
Il percorso non ricalca i passi di Verona, ma li migliora: dalla provincia alla Champions League (conquistata tre volte, con i quarti di finale nel 2019/20 e con due finali di Coppa Italia raggiunte) fino al 2022. Otto stagioni che hanno cambiato la dimensione dell’Atalanta, rendendola una squadra di vertice della Serie A. Costantemente in lotta per l’Europa. E anche qui la lista dei giocatori che ha scoperto (o rilanciato dall’anonimato) è lunga: Kessie, Caldara, Conti, Petagna, Gomez, Ilicic, Romero, De Roon, Zapata, Hateboer, Castagne, Djimsiti, Kulusevski, Koopmeiners, Gosens, Malinovskij. Ormai, dopo gli exploit con Chievo e Atalanta, è uno dei migliori dirigenti in Italia. Probabilmente potrebbe andare ovunque, e invece sceglie ancora la provincia, dove può lavorare seguendo i suoi metodi, con meno pressioni. Il presidente Saputo lo ingaggia per il suo Bologna, e anche qui la musica cambia.
Illustri sconosciuti vengono portato alla ribalta dagli angoli e dalle piazze meno battute in Europa: Ferguson (dall’Aberdeen), Posch (dall’Hoffenheim), Ndoye (dal Basilea), Aebischer (dallo Young Boys), Beukema (preso dall’Az Alkmaar). Non solo stranieri però. Per esempio, Calafiori viene pescato al Basilea dopo che la Roma l’aveva scaricato. E poi c’è Zirkzee, un autentico capolavoro: 8,5 milioni più il 50% sulla futura vendita. Secondo Transfermarkt, attualmente la sua valutazione si aggira intorno ai 40 milioni di euro. Un colpo che a Sartori è riuscito spesso in passato. Comprare a poco per rivendere a tantissimo. Basti pensare a Kulusevski, comprato dall’Atalanta a 200mila euro e rivenduto alla Juventus per 35 milioni più 9 di bonus. Oppure a Kessie, comprato per 1,5 milioni e rivenduto al Milan per 32 milioni. Le cessioni che sono state eccellenti anche in Emilia. Si tratta di quelle di Theate al Rennes, di Hickey al Brentford e di Svanberg al Wolfsburg nell’estate del 2022, di quelle di Dominguez, Schouten e Arnautovic nel 2023. Nessuna partenza però ha frenato il Bologna di Giovanni Sartori. Anzi, il progetto è stato al rialzo. Talmente tanto, da raggiungere la Champions League, con la possibilità di chiudere il campionato al terzo posto. Una posizione che da queste parti non si vede dal 1966/67.