C’è chi ha ipotizzato potesse trattarsi della resa dei conti di Vladimir Putin, ma il rimpasto ai vertici dell’esecutivo russo che inaugura il nuovo mandato del presidente assomiglia più allo spostamento di pedine che cambia molto per non cambiare (quasi) nulla. O meglio: per evitare che ministeri, servizi segreti e vertici militari si trasformino in centri di potere per coloro che, invece, non devono mai dimenticare che esiste un solo punto di riferimento e voce ultima in tutte le decisioni nella Federazione: Vladimir Putin.
Così, la decisione di rimuovere Sergej Shoigu dal ministero della Difesa non sembra essere un’epurazione. I rapporti tra il presidente e il suo ministro erano già stati messi in discussione dopo l’invasione militare dell’Ucraina. Il tentato golpe, poi fallito, dell’ex capo dei paramilitari del Gruppo Wagner, Evgenij Prigožin, aveva fatto ipotizzare che la testa a saltare sarebbe stata proprio quella del ministro. Né lui né il capo di Stato maggiore della Forze Armate, Valerij Gerasimov, si erano visti in giro per un po’. Ma propri quando i media internazionali iniziavano a credere alla teoria delle purghe putiniane, i due erano riapparsi saldamente al loro posto. E nemmeno l’impossibilità di frenare i continui attacchi oltreconfine dell’esercito ucraino, soprattutto nella regione di Belgorod, fastidiosa spina nel fianco per Putin, hanno convinto il capo del Cremlino a un cambio: Shoigu e Gerasimov sono stati confermati. Il secondo, per il momento, anche per quest’ultimo mandato.
La rimozione di Shoigu dopo 12 anni alla guida del dicastero assomiglia, invece, più a un cambio di strategia. Innanzitutto, il generale non viene declassato o indirizzato verso la pensione. Al contrario, da capo del dicastero diventa segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale, una carica se vogliamo superiore a quella ricoperta fino a ora, dato che il Consiglio, del quale fa parte anche il ministro della Difesa, è l’organo che parla all’orecchio del presidente su questioni di sicurezza nazionale e strategiche. La sua, esattamente come quella del fedelissimo Nikolai Patrushev negli ultimi 16 anni, sarà l’ultima parola in tema militare ad arrivare a Putin. Resta semmai l’incognita su quale sarà il destino proprio di Patrushev, uno degli uomini più vicini storicamente al capo del Cremlino, con una formazione simile all’interno dei servizi segreti sovietici e considerato il vero braccio destro del cinque volte presidente russo. Intanto, suo figlio Dmitry Patrushev è diventato uno dei nove vice primi ministri di secondo livello. Inoltre, Shoigu sarà anche responsabile del servizio federale per la cooperazione militare-tecnica e vicepresidente della commissione per il complesso militare-industriale.
La più grande indicazione sui motivi della scelta di un cambio al vertice della Difesa la dà però il nome di chi andrà a sostituire Shoigu. Non calcoli militari, proprio mentre l’esercito ha iniziato una nuova offensiva in Ucraina, sfondando nella zona di Avdiivka e cercando di fare lo stesso intorno a Kharkiv, bensì economici. Al posto del generale non andrà un altro membro dell’esercito, bensì un civile come Andrei Belousov, 65 anni, specialista del settore economico e finanziario, anche a livello governativo, come ex ministro dello Sviluppo Economico, ex consigliere del presidente per gli Affari Economici e anche ex vicepremier. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha spiegato la scelta di Belousov coincide con la necessità di “innovazione” all’interno del ministero della Difesa che “deve essere assolutamente aperto all’introduzione di idee avanzate e alla creazione di condizioni per la competitività economica“.
Ciò che Peskov non dice è che la Difesa è diventata un macigno sulle finanze russe. Non solo per la guerra in corso, ma anche per un sistema corruttivo diffuso. La spesa per il 2024 era salita addirittura del 70% rispetto all’anno precedente, andando a occupare il 30% circa del budget annuale e ben il 6% del Pil nazionale. Dati che secondo alcune stime salirebbero fino a sfiorare il 7% e che riportano la spesa russa nel settore ai livelli dell’ultima stagione dell’Unione Sovietica, quando anche la Difesa era impantanata in un gigantesco sistema corruttivo. Sistema che Putin, visto lo sforzo economico necessario ad alimentare la guerra in Ucraina, vuole scardinare. Non è un caso, quindi, che il generale Shoigu lasci il suo posto, e con lui molti membri dell’apparato, dopo che l’ex viceministro Timur Ivanov è stato arrestato con l’accusa di aver intascato “mazzette su larga scala” per oltre 1 miliardo di rubli: ben 10 milioni di euro.