La resistenza del mieloma multiplo alle terapie dipende anche dalla “scomparsa” di uno specifico gene nelle cellule tumorali che diventano così “invisibili” al sistema immunitario. A scoprirlo è uno studio condotto dall’IRCCS Candiolo, condotto in collaborazione con il Dana Farber Cancer Institute di Boston. I risultati, pubblicati sulla rivista Blood, aprono la strada a nuove combinazioni terapeutiche in grado di contrastare la capacità di questo tumore del sangue, lo stesso che ha colpito il celebre compositore Giovanni Allevi, di resistere al trattamento.

“Sappiamo che il farmaco bortezomib, un inibitore del proteasoma, contrasta il mieloma multiplo sia direttamente, colpendo le cellule tumorali, che indirettamente, attivando il sistema immunitario e provocando la cosiddetta morte cellulare immunogenica”, spiega Annamaria Gullà, responsabile del Laboratorio di Ematologia Traslazionale e Immunologia di Candiolo e autrice principale dello studio. “La perdita di efficacia a lungo termine del farmaco può derivare dall’insorgenza di forme nuove di resistenza alla terapia, in cui il farmaco non è più in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere il tumore.

A causa della perdita di un gene noto come GABARAP, infatti, il mieloma multiplo diventa ‘invisibile’ al riconoscimento da parte del sistema immunitario”. Il mieloma multiplo è il secondo tumore del sangue in Italia, che colpisce ogni anno circa 2700 donne e 3000 uomini, ed è provocato da un’eccessiva riproduzione delle plasmacellule nel midollo osseo. La maggior parte delle persone con mieloma ha una recidiva di malattia dopo il primo trattamento. Con il progredire della malattia, il susseguirsi delle recidive e dei trattamenti, il mieloma diventa sempre più difficile da trattare.

“L’attuale paradigma terapeutico per il mieloma multiplo comprende una terapia di combinazione che può includere agenti immunomodulatori, inibitori del proteasoma, corticosteroidi e anticorpi monoclonali anti-CD38”, afferma Gullà. “Tuttavia, numerosi pazienti recidivano e/o diventano refrattari a queste classi terapeutiche. Per questo i nostri sforzi sono concentrati sulla ricerca di nuove armi più efficaci per prolungare la risposta a lungo termine e migliorare la qualita’ di vita dei pazienti”, aggiunge.

Il team dell’IRCSS Candiolo è partito dallo studio del meccanismo d’azione del farmaco bortezomib, che agisce sia contro le cellule tumorali che stimolando il sistema immunitario ad attaccare. “Tramite una serie di analisi in modelli preclinici abbiamo dimostrato che le cellule tumorali morenti, colpite direttamente da questo farmaco di prima linea, esprimono sulla loro superficie una proteina nota come calreticulina – evidenzia Gullà – che rende il tumore visibile al sistema immunitario che può così attaccarlo. Ma la perdita del gene GABARAP compromette l’esposizione della calreticulina, riducendo in questo modo l’azione del sistema immunitario contro il cancro”. Non a caso un basso livello di espressione di GABARAP è stato associato in modo indipendente a una sopravvivenza più breve dei pazienti con mieloma multiplo e a una ridotta infiltrazione immunitaria del tumore.

I ricercatori del Candiolo hanno inoltre dimostrato che la rapamicina, un farmaco inizialmente usato nei casi di trapianto d’organo, può ripristinare l’”effetto immunogenico” del bortezomib. “Riteniamo che l’uso combinato di bortezomib e rapamicina potrebbe migliorare gli esiti dei pazienti con mieloma multiplo, in caso di perdita di GABARAP”, sottolinea Gullà. “Abbiamo quindi individuato un possibile candidato, un farmaco già utilizzato in clinica, cioè la rapamicina, che potrebbe aggiungersi agli attuali trattamenti in uso nei pazienti con bassi livelli di questo gene. Il gene è localizzato sul cromosoma 17p, la cui delezione definisce pazienti di mieloma ad alto rischio. Questo meccanismo potrebbe quindi aggiungersi a quelli già noti che contribuiscono alla prognosi negativa di questi pazienti”.

L’articolo su Blood

Valentina Arcovio

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