Quando il 6 maggio Marco Manfrinati aggredì e sfregiò l’ex moglie e ne uccise il padre, era già sotto processo per stalking. Oggi per l’uomo, avvocato che si autosospeso dall’ordine proprio le cause giudiziarie in corso, è scattata anche custodia cautelare per le persecuzioni a cui sottoponeva Lavinia Limido, 37 anni, e l’ex suocera Marta Criscuolo.

Il provvedimento è stato emesso dal giudice di Varese, Luciano Lucarelli, lo scorso 10 maggio davanti al quale è in corso il processo. Manfrinati è accusato del tentato omicidio dell’ex moglie, sfregiata con un coltello, e dell’omicidio dell’ex suocero Fabio Limido, 71 anni, intervenuto per soccorrere la figlia. Un anno prima della violentissima aggressione, anche a fronte di numerose denunce presentate dall’ex moglie e dai famigliari, la procura di Varese aveva chiesto l’arresto di Manfrinati. Arresto negato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese che aveva disposto la misura del divieto di avvicinamento.

Oggi il giudice ha disposto la custodia in carcere anche per l’accusa di atti persecutori “considerato che quanto accaduto il 6 maggio esprime, in primo luogo, l’urgenza di rivalutare l’esigenza cautelare posta a fondamento della misura generica – ossia il pericolo di reiterazione del reato – acuitasi in modo allarmante sino a giungere ad esiti fatali“. E che poi “deve prendersi atto di come la misura cautelare del divieto di avvicinamento si sia mostrata del tutto sproporzionata per difetto a fronteggiare la predetta esigenza cautelare, stante la necessaria libera adesione che il suo destinatario avrebbe dovuto prestare ad essa”. Dunque “la misura idonea a fronteggiare la predetta esigenza cautelare” è “solamente quella coercitiva”, ha scritto il giudice nel provvedimento.

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