Assalto francese, ritirata spagnola: la FederCalcio di Gabriele Gravina si rimangia la riforma sugli arbitri, almeno per il momento. La proposta non è stata presentata e approvata nel consiglio federale, come da piano originario, ma soltanto discussa: dopo la violenta protesta del movimento arbitrale si è deciso di dare all’Associazione (Aia) la possibilità di presentare un suo documento, in linea con i principi indicati dalla Federazione. Tutto rinviato, insomma.
Il Fatto ha raccontato la proposta del n.1 del pallone per il settore arbitrale, in questo momento dilaniato da divisioni interne e trame politiche, tanto da essere diventato ormai ingovernabile, con il timore di ovvie ripercussioni sulla serenità e terzietà dei direttori di gara in campo: la riforma prevede di portare da uno a due anni la durata del mandato da designatore, per dare stabilità. E poi introdurre il suffragio universale, per superare l’attuale meccanismo in cui ogni sezione esprime alcuni delegati che poi indicano il presidente. Un’idea neanche troppo sbagliata in linea di principio (il voto per capibastone è sempre più manipolabile), al netto di alcune specificità dell’Aia che non sono state tenute in debita considerazione. Soprattutto, però, una riforma con uno smaccato intento politico: posticipare le urne e cambiare le regole del gioco, perché se si fosse votato ora col sistema tradizionale molto probabilmente avrebbe rivinto l’ex presidente Trentalange e Gravina (che ha imposto l’attuale n.1 Pacifici e punta su Rocchi) avrebbe perso il controllo sugli arbitri.
L’invasione di campo però ha avuto l’unico effetto di ricompattare il mondo arbitrale, che si è schierato tutto a difesa della propria autonomia, compreso il presidente Pacifici. E così in consiglio federale è andata in scena una mezza retromarcia: Gravina ha spiegato le motivazioni che hanno indotto la Figc a stilare i nuovi principi, per superare le attuali tensioni politiche, ma non ha voluto affondare, rinviando la decisione finale. Insomma, un po’ lo stesso scenario di quanto accaduto tra governo e Federazione per la famosa Agenzia di vigilanza economica sui club (proposta per ora congelata dal ministro Abodi), solo a parti inverse.
A questo quadro va aggiunto però un altro elemento: un documento inedito, il parere elaborato dalla Commissione esperti legali dell’Aia. Si tratta di un testo ovviamente di parte (quale sia la posizione dell’Associazione è abbastanza evidente), stilato dall’avvocato Di Stasio, che però ha il merito di rivelare le falle sul piano tecnico della riforma e suggerire possibili scenari. La Commissione spiega chiaramente come quelli della Figc non siano dei principi ma un vero e proprio regolamento, imposto all’Associazione senza lasciare “qualsiasi spazio di discrezionalità” e con “modalità difformi dall’ordinario e legittimo iter di modifica”.
Ma soprattutto, smaschera la bufala che la riforma sarebbe dettata dai nuovi principi adottati dal Coni, la scusa fin qui utilizzata dalla Federazione per sospendere le elezioni arbitrali: nei principi Coni non c’è nulla che obblighi a riformare lo statuto dell’Aia, o almeno a farlo in questo modo. Lo dimostra il fatto il documento del Comitato olimpico prevede espressamente la possibilità di voto delegato, che tra l’altro la stessa FederCalcio ha mantenuto per la Lega Dilettanti (non si capisce perché il suffragio universale debba valere per i fischietti e non per le società, ad esempio). Un alibi – quello adombrato dalla Figc dell’adeguamento ai principi Coni – che ha sollevato nelle ultime settimane diverse perplessità anche all’interno del Comitato Olimpico, dove potrebbe anche finire (al Collegio di garanzia) se l’Aia impugnasse la delibera. Fin qui Malagò non ha battuto ciglio. Adesso magari sarà sollecitato a farlo da questo nuovo documento, che conclude: “Pare mancare il presupposto di qualsivoglia attività di ‘adeguamento’ normativo. (…) La riscrittura è svincolata da qualsiasi necessità di tipo tecnico-giuridico ed ancorata esclusivamente a valutazioni di opportunità”. Quella politica, di Gravina, su cui anche qualche suo alleato in Figc comincia ad avere dubbi.