È uno dei principali sostenitori, tra Bruxelles e la politica romana, del mondo venatorio, tanto che i cacciatori lo portarono, alle scorse elezioni, al Parlamento europeo (quando Fratelli d’Italia, con cui era candidato, elesse appena cinque eurodeputati col 6,4%, ma lui ottenne quasi 10mila preferenze). E ha fatto parlare di sé, due settimane fa, quando è comparso sui manifesti col fucile puntato, pronto a sparare. Ma se Pietro Fiocchi raccoglie i voti – e il consenso – dei cacciatori, non è così scontato che faccia altrettanto in famiglia. All’esponente di FdI, ex presidente e amministratore delegato della divisione americana della Fiocchi Munizioni spa, sono arrivate le critiche – niente di meno – del cugino: Stefano Fiocchi, presidente del Consiglio di amministrazione dell’azienda lecchese, ha detto che Pietro “è solo un socio di minoranza della Giulio Fiocchi Holding (che detiene il 25% della società, ndr). Non supportiamo e non finanziamo in alcun modo la sua campagna elettorale“.
Non solo. Stefano Fiocchi, parlando con il Corriere della Sera, ha rivelato che il cugino prestato alla politica “è stato invitato formalmente a evitare riferimenti alla società“. E i cartelloni elettorali col fucile? “Un’immagine da cui ci dissociamo“. Insomma, non benissimo per il buon Pietro, grande presenzialista dei canali del mondo venatorio e sempre in prima fila alla fiera delle armi di Verona o, a Bruxelles, quando c’è da difendere il piombo nelle munizioni dei cacciatori (vicenda per la quale, a causa del mancato rispetto della direttiva Ue da parte del nostro governo, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia).
Intanto per l’azienda che vende munizioni di piccolo calibro è previsto un sabato carico di tensioni. Alle 14 è previsto un corteo, organizzato da gruppi anarchici, che dovrebbe terminare di fronte alla sede lecchese. “Al fianco del popolo palestinese, disarmiamo la Fiocchi” scrivono, denunciando che “guadagna per il 70% grazie al settore industria e difesa e l’anno scorso ha venduto all’estero cento milioni di cartucce”. Ma Fiocchi respinge le accuse: “Non abbiamo mai venduto munizioni all’esercito israeliano, sono fake news. Non produciamo armi ma cartucce di piccolo calibro, proiettili per il tiro, e il settore della difesa rappresenta il 25% delle esportazioni”.
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