Sono anni che seguo il lavoro di Valentina Ciardelli, versatile e anticonvenzionale interprete del contrabbasso classico, con crescente interesse: prima grazie a l’omaggio a Frank Zappa (accanto alla viola di Luca Sanzò) presentato al Rome Chamber Music Festival nel 2021, poi, l’anno dopo sempre nella cornice del festival romano, con Hope you’re happy, brillante traduzione cameristica dei brani più celebri di David Bowie e poi, tra gli altri, ricordo il vasto progetto How I met Puccini, presentato a Lucca Comics & Games nel 2023, in cui viene raccontato il rapporto dell’artista con il compositore toscano, attraverso l’esplorazione, schietta e ironica, della sua vita.
Dunque, ero già abituato alla forma mentis di Valentina: grande talento e profondo studio filologico uniti a uno spigliato anticonformismo e a una sfrontata apertura mentale. Eppure, sono rimasto comunque colpito dall’ultima opera in cui è coinvolta, Shake your duty (già uscito su Spotify e disponibile in cd dal 24 maggio): un disco straordinario, realizzato in trio accanto al controtenore Riccardo Strano e alla violinista Anais Drago. Un viaggio, zappiano nello spirito e non solo nei brani, tra barocco, blues, rock goliardico e musica classica, di altissimo livello. Non parlo solo delle notevoli capacità tecniche dei tre artisti, ma dell’inebriante mescolanza di alto e basso che permea, con acume ed eleganza, tutto il percorso musicale. Vederli dal vivo l’8 maggio scorso, per la presentazione del disco a La Casa del Jazz, mi ha letteralmente reso felice: i tre non sono solamente bravissimi, sono proprio belli in scena. Vedere la loro alchimia creativa sul palco è stato entusiasmante.
L’omaggio a Frank Zappa è degno sia per l’elevata padronanza tecnica degli strumenti (Ciardelli e Drago) e della voce (Strano), ma soprattutto per l’intelligenza brillante e il divertimento che traboccano da ogni esecuzione. Ecco il breve racconto della scaletta del concerto (e del disco). Si inizia con un brano di Alessandro Scarlatti, padre di Domenico, “l’Orfeo italiano”, maestro barocco della scuola napoletana (benché palermitano) dal titolo programmatico: Ammore, brutto figlio de pottana. Si prosegue con un colpo di genio: una versione classicheggiante, riarrangiata da Drago, di Tengo una minchia tanta, famigerato brano di Zappa (con testo in vernacolo siculo di Massimo Bassoli). Sempre arrangiato da Drago è, tra le vette del grottesco zappiano, The planet of The Baritone Women, in cui si esaltano le doti canore di Strano.
Ciardelli successivamente omaggia il quarto movimento della Sonata in Fa Maggiore per violoncello e continuo di Pergolesi, rievocate nel solo di contrabbasso del Pulcinella di Stravinsky. Si prosegue, in questo viaggio tra genio e goliardia, con Difficile lectu, divertissement mozartiano fondato su giochi di parole osceni, e tre brani zappiani riarrangiati da Ciardelli: una versione di rara complessità di Baby Snakes, una sorprendente reinterpretazione liederistca di Sofa No.2 e una rivisitazione di Cletus Awreetus Awrightus. Il brano successivo è originale, scritto da Ciardelli su testo di Alvaro Siculiana: Te Deum Laudamus – praise the (land) Lord, spassosa e amara satira, tra gregoriano e musical-theatre, dell’allucinante caro affitti londinese. Naturale appendice del brano precedente, forse l’esecuzione più impressionante per difficoltà e armonia giocosa fra i tre, è The Dangerous Kitchen, gemma zappiana riarrangiata da Drago, in cui si dà veramente sfoggio a una creatività libera e travolgente.
Si va verso il finale con altri due brani zappiani (l’ardua sfida di Moggio, arrangiato da Drago, e il blues trascinante di Your Mouth, arrangiato da Ciardelli), un brano originale di Drago e Siculiana (Queen of Beans, satira del sessismo strisciante nel mondo musicale accademico) per finire trionfalmente con Pox on you for a fop: ricordate l’incedere ieratico di Funeral of the Queen Mary, il brano che Kubrick scelse, nella versione elettronica di Walter Carlos, per aprire Arancia Meccanica? Forse non avete mai sospettato che Henry Purcell, l’autore capace di evocare quel sublime senso del sacro, fosse un famoso frequentatore di pub, in grado di restituire la realtà che testimoniava (come Caravaggio, spiega Ciardelli introducendo il brano da lei riarrangiato): ecco quindi un corale a 3 voci a cappella, dagli accenti ironicamente solenni, ritmato da un tappeto costante di rutti e peti.
Dio benedica questi tre artisti e la loro intelligenza ironica: semplicemente formidabili.