Cronaca

Allieva carabiniera suicida alla Scuola marescialli di Firenze, la lettera-denuncia dei genitori: “Ci diceva ‘Mi sta rovinando la vita’”

Aveva 25 anni la giovane allieva morta suicida il 22 aprile scorso alla Scuola marescialli e brigadieri dei carabinieri di Firenze. Oggi i familiari hanno scritto una lettera al sindacato Unarma denunciando un clima di vessazioni tali da causare alla figlia uno stato di costante stress e disagio che potrebbe averla indotta al suicidio. L’allieva 25enne, al secondo anno di corso, si sparò con la pistola di ordinanza dentro la scuola. Nella lettera al sindacato i genitori ricostruiscono fatti e circostanze che provano lo stress psicofisico della figlia che, raccontano, “stava perdendo i capelli“. Come scrivono i genitori, la figlia voleva abbandonare la scuola e “diceva sempre più spesso alla mamma ‘questa scuola mi sta rovinando la vita‘”.

Il sindacato sulla vicenda presenterà un esposto alla procura del capoluogo toscano ma i genitori sottolineano che il loro obiettivo non è quello di “individuare i responsabili ai quali imputare la tragica fine” della figlia “ma per affrontare il problema dei suicidi” di chi veste la divisa, sottolineando che la loro “fiducia nelle istituzioni rimane integra come sempre”, si legge nella lettera. Le ombre sulla Scuola allievi marescialli dei carabinieri di Firenze erano state messe in evidenza già nei mesi scorsi: in due esposti alla magistratura militare e civile presentati dal sindacato dei carabinieri Unarma (l’ultimo datato 12 febbraio e indirizzato al ministero della Difesa oltre che ai vertici dell’Arma), sono stati denunciati presunti “abusi e violazioni” che sarebbero avvenuti nella Scuola, al punto da spingere circa sessanta allievi a rinunciare al percorso formativo professionale.

Nonostante gli esposti, però, poco sembra essere cambiato, almeno secondo quanto scrivono i genitori della 25enne che denunciano lo stress psicofisico della figlia “che non ne poteva più di sottostare a ‘regole’ poco funzionali che si insinuavano in ogni ambito della propria vita“, “dalla porta delle camere che doveva stare sempre aperta, al controllo del modo di vestire in libera uscita, a ordini assurdi”, “un ambiente estremamente rigido e totalitario“. Un episodio coinvolge anche il padre, pure lui carabiniere, che nell’ottobre 2023 ebbe una discussione coi superiori della figlia dopo che lei le aveva raccontato di esser stata obbligata a presentarsi all’adunata alle 6.15 del mattino “nonostante avesse il Covid e sintomi influenzali“. E ancora la giovane riferiva ai genitori che “chi ha conseguito un esame con voto 18-19-20 salta il pernotto“, “dietro la porta della camera ci deve essere solo l’acqua, niente sotto la scrivania, niente beauty case nel bagno”, “le ragazze non possono indossare stivaletti durante le libere uscite”. “Così mi tolgono la vita“, diceva ai genitori.