Centomila canzoni ogni giorno sbarcano sulle piattaforme. E non si pensi solo a Spotify o YouTube ma le canzoni trovano sbocco naturale ormai pure sui social da Instagram a TikTok, in tv, al cinema, in radio naturalmente. Per analizzare come una canzone nasce, come si sviluppa ed evolve c’è “L’industria della canzone” (Ed. Laterza), lo studio approfondito di Gianni Sibilla giornalista, direttore del Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica di Milano e docente universitario allo Iulm. La canzone, sebbene si dia ormai per scontata perché facilissimo ascoltarla ovunque ormai, si inserisce in un quadro complesso del quadro culturale italiano. Inoltre si è ramificata anche in altri ambiti come la dimensione live, i media e l’industria che dà lavoro a migliaia di persone.
“La canzone è un oggetto non solo da ascoltare, – racconta Sibilla nel suo volume – ma sempre più da comprendere, contestualizzare, studiare. Sarebbe facile liquidare il panorama odierno del pop con un ‘era meglio prima’, come fa chi periodicamente si lamenta che el canzoni di oggi sono brutte, che la musica della sua generazione era meglio, e così via. Chi critica la produzione musicale odierna si dimentica che molte delle caratteristiche che si attribuiscono alle canzoni dell’era digitale erano già presenti nelle brutte canzoni ‘analogiche’: melodie banali, suoni stereotipati, produzione in serie per cercare il successo replicando tendenze già consolidate”.
Dunque la canzone è nata per essere prodotta in serie ma sono da considerare diversi parametri: “Il valore economico della singola canzone (retribuzione media Spotify 3 millesimi per stream, il doppio su Apple, Tidal 1 centesimo, se una canzone viene ascoltata 1 milione di volte su Youtube, genera 2/3mila euro, ndr), il valore economico dei repertori e dei cataloghi delle canzoni (Universal ha pagato 300 milioni di dollari per Bod Dylan, ndr), il valore della canzone come parte di un’esperienza dal vivo, il concerto (costo biglietto varia da decine a centinaia di euro per uno show da 1-2 ore con massimo 30 brani in scaletta, ndr), il valore mediale, ovvero l’uso della canzone sui media (il brano in un film, serie tv, sigla tv, uno spot o un post digitale e social, ndr), il valore artistico, ovvero il ruolo della canzone nella costruzione della carriera dell’artista, il valore simbolico/culturale”.
Dunque quanto vale per noi una canzone? “Vale tantissimo, se pensiamo che entrano a far parte della nostra vita, tanto, se pensiamo a quanto siamo disposti ad investire per l’esperienza di un concerto. Pochissimo se pensiamo a quanto siamo disposti a pagare per ascoltarle su una piattaforma”.