In libreria il primo romanzo “dimagrante” dell’editoria italiana: “Dieta mediterranea, addio!” del giornalista, scrittore e polemista Paolo Guzzanti (Aliberti editore, disponibile dal 15 maggio). “In questo libro si parla, male, della dieta mediterranea. O meglio, si parlerebbe della dieta mediterranea, se solo esistesse. Perché le caratteristiche principali della dieta mediterranea sono due: la prima è quella di non esistere, la seconda, che deriva direttamente dalla prima, è quella di non essere mai stata praticata da nessuno”. Ad avvisarci è Alberto Grandi, direttore del marchio Wingsbert House per Aliberti, che firma anche la prefazione a questo volume e che è a sua volta tornato in libreria insieme a Daniele Soffiati con un’opera che è già best-seller, “La cucina italiana non esiste” (Mondadori). Ma come nasce il mito della dieta mediterranea? In anteprima esclusiva per il fattoquotidiano.it
L’ESTRATTO IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA
“Forse pochi sanno che l’autore di un tale miracolo, vale a dire rendere famoso nel mondo un regime alimentare che nessuno ha mai praticato e che nessuno praticherà mai, soprattutto in Italia, fu un fisiologo americano di nome Ancel Keys.
A partire dagli anni Cinquanta, questo poliedrico studioso notò come le malattie cardiovascolari fossero già molto diffuse nella società nordamericana in maniera abbastanza omogenea tra le diverse fasce sociali e allo stesso tempo notò come quelle stesse patologie fossero quasi del tutto sconosciute in alcune aree dell’Italia meridionale che lui aveva iniziato a frequentare insieme alla moglie Margaret. Da qui sorse la curiosità scientifica di comprendere se vi fosse un collegamento tra quello che si mangiava da quelle parti e il basso livello di colesterolo che si riscontrava in quelle comunità. Ovviamente il collegamento c’era e molto banalmente il collegamento sta nel fatto che mangiare poco e magari anche poco condito provoca tristezza e a lungo andare debilita, ma di certo non favorisce l’aumento del colesterolo.
Lo sforzo da ricerca e di analisi di Ancel Keys e della moglie Margaret fu davvero imponente e lo scopo ultimo era quello di costruire una dieta ideale, in grado di mantenere l’equilibrio psicofisico meglio di qualunque altro regime alimentare. Un sistema che privilegia cereali, frutta, verdura, semi e olio di oliva, un consumo moderato di carni rosse, la quasi totale assenza di grassi animali (grassi saturi) e un consumo moderato di pesce, carne bianca, legumi, uova, latticini, vino rosso e dolci. Insomma, alla base di tutto ci sarebbe la famosa triade mediterranea: ulivo, grano e vite.
Peccato che proprio gli studi di Keys smentissero di fatto il caposaldo dal quale erano partiti i volonterosi coniugi americani: le virtù salutistiche dell’alimentazione degli abitanti del Mezzogiorno italiano, della Grecia, della Penisola Iberica e del Nord Africa sono tutt’altro che dimostrabili”.
E questo perché, ci spiega Grandi, “le osservazioni sul campo di Keys quasi sempre smentivano le ipotesi di partenza. Alla fin fine, quello che si andava scoprendo era il mondo della fame; in Calabria e nelle zone interne della Sicilia dominava ancora la fame nera e ovunque c’erano bambini denutriti con gli occhi sporgenti e lucidi. I contadini che non avevano nulla da mangiare provavano difficoltà, disagio e vergogna a vedersi osservati mentre consumavano un povero pasto e invitavano i ricercatori a passare l’indomani. Massimo Cresta, che partecipò a quelle ricerche, racconta la delusione dell’intera equipe quando comprese che «la dieta mediterranea che si consumava in questa terra cilentana sessanta-settant’anni fa non era a base di olio d’oliva e di frumento, ma di castagne, granoturco e grasso di maiale».
Perché diciamocelo chiaro e netto, come ha dimostrato Vito Teti nei suoi studi antropologici, la triade mediterranea non è mai stata alla base dell’alimentazione dei ceti popolari quantomeno nel Mezzogiorno italiano, ma anche nelle altre aree del Mediterraneo non è facile trovare olio, grano e vino come basi dell’alimentazione. Nel sud Italia fino agli anni Cinquanta si consumava pane nero e come condimento si usava per lo più il grasso di maiale. L’alimentazione basata sul consumo dei derivati del frumento o di altri cereali, del vino, di olio d’oliva, di ortaggi, verdure e legumi di fatto è soltanto un’astrazione che non trova riscontro nella maggior parte delle cucine mediterranee.
Dopo il boom economico il benessere è arrivato anche nel sud e con il benessere è arrivata un’alimentazione più ricca, ma che ancora una volta con la mitica dieta mediterranea non ha nulla a che fare.
Oggi, nel sud Italia si riscontra il più alto tasso di giovani under 15 sovrappeso di tutta l’Europa. Eppure, quasi ogni giorno i mass media ci martellano sulla presunta superiorità della cucina italiana proprio in quanto perfettamente aderente ai dettami della dieta mediterranea”.
Per il professor Grandi questa convinzione però è “assurda dal punto di vista logico, perché pasta e pizza fanno solo marginalmente parte di questo regime alimentare. Ma assurda anche dal punto di vista storico, perché nessuno ha mai seguito i dettami del dottor Keys. Infine, assurda anche dal punto di vista dietetico, perché che faccia così bene è tutto da dimostrare.
Insomma, la dieta mediterranea è come l’araba fenice, secondo la nota definizione di Pietro Metastasio: «Che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa»”.
Infatti, nell’incipit alla nuova edizione, Paolo Guzzanti lo dice molto chiaramente e senza mediazioni: “Tre sono le polveri bianche che possono silenziosamente uccidere un essere umano: la cocaina, lo zucchero e la farina. Qui di cocaina non si parla se non altro perché non risulta come ingrediente della dieta all’italiana ribattezzata come mediterranea. Questo è un libro piccolo che fareste bene a non mostrare troppo, propagandare e peggio ancora regalare, perché è un manuale solo in apparenza innocuo e pieno di panna montata, ma in realtà contiene deprecabili semi di rivolta contro i luoghi comuni, l’ex politicamente corretto diventato ora una dittatura ideologica contro cui non si può seguitare a essere neutrali”.
Un’accusa politica e antropologica, quella argomentata in questo pamphlet gastro-letterario, condita da aneddoti e racconti famigliari che ci raccontano un’Italia povera, governata dalla dittatura, investita in pieno dalla seconda guerra mondiale, servita a tavola dal mito di Sua Santità la dieta mediterranea.
Perché, come continua Guzzanti, “potete parlare male della Resistenza, ma non della dieta mediterranea. Se lo fate è probabile che vengano a svegliarvi all’alba i feroci killer della lobby della dieta, televisionari e rigatoni, risottari e cuochi televisivi (la peggior specie). Vi prendono all’alba. Vi denudano. Vi cospargono di sugo. Vi portano via. Per sempre”.