La legge bavaglio è “un grave limite alla libertà di informazione dei cittadini”, le intercettazioni “sono necessarie per le indagini” e la loro diffusione sui media deve restare consentita. A dirlo è la maggioranza degli elettori italiani, rispondendo a un sondaggio realizzato dall’istituto Demopolis dopo lo scandalo di corruzione in Liguria che ha portato all’arresto del governatore Giovanni Toti. La prima domanda della rilevazione è sulla percezione della contiguità tra politica e affari nel nostro Paese: negli ultimi vent’anni è aumentata per il 35% del campione ed è diminuita secondo il 9%, mentre per la maggioranza, il 48%, è rimasta come prima.
Il secondo quesito riguarda la cosiddetta “legge bavaglio”, la legge delega approvata dalla maggioranza – su input del deputato di Azione Enrico Costa – che impedirà la pubblicazione letterale delle ordinanze di arresto. Per il 58% degli intervistati si tratta di “un grave limite alla libertà di informazione dei cittadini”, solo per il 33% di “una misura di tutela della presunzione di innocenza“, mentre il 9% non dà una risposta. Le ultime due domande sono sulle intercettazioni. Una chiede se “sarebbe opportuno porre dei limiti” al loro uso nelle indagini (si presume ulteriori rispetto a quelli che già esistono): appena il 24% risponde di sì, mentre il 67% dice che “no, sono necessarie” (il 9% non sa).
L’elettorato ha opinioni più frastagliate, invece, rispetto alla pubblicazione sui media dei dialoghi intercettati, che ora è permessa solo quando sono contenuti in atti non coperti da segreto: per il 25% dovrebbe essere “vietata del tutto per tutelare la privacy”, per il 23% “sempre permessa per non porre limiti al diritto di informazione, per il 52% “consentita ma con un divieto di pubblicazione delle conversazioni relative a persone o fatti non legati al reato“. Questo tipo di conversazioni, per la verità, di solito non vengono nemmeno trascritte nei verbali e ben difficilmente finiscono pubblicate sui media.