Scontro. Faida. Perfino governo a rischio. La seduta fiume della commissione Finanze del Senato di martedì ha dato lo spunto per raccontare una spaccatura nella maggioranza sul Superbonus che è stata dipinta dalle forze politiche di destra come il redde rationem in grado di mettere a rischio la tenuta dell’esecutivo Meloni. In realtà è stata più una dimostrazione elettorale e la tensione in maggioranza è stata minima. Secondo fonti di governo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo vicepremier Antonio Tajani hanno avuto diversi contatti durante la giornata e alla fine hanno trovato un accordo: Forza Italia si sarebbe astenuta sull’emendamento del governo che stringeva le maglie del bonus edilizio permettendo alla norma di passare e in cambio avrebbe potuto rivendicare il rinvio di un anno della Sugar Tax (su cui era d’accordo anche la stessa Meloni).

Un patto win-win alla vigilia delle elezioni europee: Forza Italia oggi può rivendicare – soprattutto di fronte alle categorie interessate (costruttori, banche e imprese che producono bevande) – di essere riuscita a rinviare la Sugar Tax e allo stesso tempo di essersi battuta per tutelare chi ha usufruito del Superbonus. Fratelli d’Italia e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti invece di aver messo a tacere i “riottosi” nella maggioranza e allo stesso tempo di aver approvato una nuova stretta sul Superbonus, dipinto come il macigno che pesa sulle casse dello Stato.

Un accordo che si è concretizzato nel pomeriggio, subito dopo pranzo. A portare avanti le trattative direttamente sono stati il ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, il relatore meloniano Giorgio Salvitti e Claudio Lotito, unico esponente della commissione Finanze. A livello più alto invece Meloni e Tajani hanno deciso di stringere un patto parlamentare dopo che in mattinata Forza Italia aveva deciso di non ritirare i suoi “sub-emendamenti” alla norma sul Superbonus (con parere negativo del ministero dell’Economia) minacciando di votare contro l’esecutivo.

I numeri della commissione Finanze, in mattinata, parlavano chiaro: con il voto contrario di Forza Italia e senza quello del presidente Massimo Garavaglia (leghista, che per prassi non si esprime), il governo sarebbe potuto andare sotto 8-9. Tant’è che nel pomeriggio, Fratelli d’Italia aveva ipotizzato l’inserimento di un ulteriore esponente meloniano, Salvatore Sallemi, in commissione Finanze per superare lo scoglio del voto. Poi non è successo perché non ce n’è stato bisogno: in cambio del rinvio della sugar tax di un anno, al 2025, Lotito non ha votato contro ma si è astenuto, ha votato a favore il presidente della commissione Garavaglia ed è stata decisiva anche l’uscita dall’aula dell’autonomista Pietro Patton (in teoria da conteggiare con l’opposizione). Alla fine è arrivato anche il sostegno della renziana Dafne Musolino che però non sarebbe stato decisivo. Fonti dell’esecutivo spiegano che non ci sarebbe stata una trattativa con Matteo Renzi anche se il parere favorevole della senatrice era atteso.

Non a caso oggi il governo metterà la fiducia sul decreto e Forza Italia voterà a favore senza mettere in difficoltà l’esecutivo. Tutti contenti, compreso Tajani che questa mattina ha rivendicato di aver fatto una “battaglia di principio”. La linea data a tutti gli azzurri inoltre è quella di esultare per il risultato sulla sugar tax. Peccato che ieri pomeriggio la bandierina elettorale fosse già stata annunciata da Palazzo Chigi con uno spin informale ai giornalisti.

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