Scienza

Un’intelligenza artificiale fatta in casa: sfido a un gioco elementare 21 bicchierini

Ho sempre ammirato Menace, un progetto degli anni ‘60 che fa capire bene la differenza fra la cosiddetta intelligenza artificiale (IA) – di cui sono un acceso sostenitore – e quella umana: una “macchina” costituita da 304 scatoline e molte perline colorate, che “impara” a giocare a tris.

Siccome 304 è un numero imponente, mi son messo in testa di imitare Menace, però con qualcosa di proponibile sul blog. Perciò ho ideato tre giochi elementari su cui possiamo addestrare un apparato più ridotto; servono 21 contenitori (io ho usato i bicchierini usa e getta che vedete nella figura) e un po’ di lettere scritte su pezzetti di carta: è la Macchina A Bicchieri (MAB) che descrivo qui in dettaglio. Vi propongo i tre giochi e la MAB non per sostenere tesi favorevoli o contrarie all’IA, ma per offrire un’esperienza e spunti di riflessione.

Si gioca in due (che chiamerò Ada e Bruno), mettendo a turno pedine sui vertici (A, B, C, D, E, F) di un esagono. Suggerisco di cominciare a giocare fra umani; dopo, Bruno sarà solo l’aiutante della MAB. In tutti e tre i giochi, Ada inizia mettendo una sua pedina sul vertice A. Nel gioco 1, Ada vince se mette tre pedine distanziate fra loro (praticamente solo su A, C, E), Bruno vince se riesce a impedirglielo. Troppo banale, come gioco? Vero, ma non ho detto il punto più importante: Bruno non sa qual è la configurazione a cui mira Ada! Per Bruno, la possibilità di vincere sta nel giocare più volte per indovinare l’obiettivo di Ada.

I giochi 2 e 3 sono analoghi, ma appena più complicati. Nel gioco 2 Ada deve mettere tre pedine in fila. Nel gioco 3, Ada deve mettere due pedine vicine e la terza distanziata. Anche qui Bruno non sa quale sia la configurazione a cui mira Ada. Naturalmente, per tutta una sessione di gioco Ada deve giocare solo uno dei tre giochi.

Ma veniamo alla MAB. Ognuno dei 21 bicchieri corrisponde a una delle situazioni di gioco che Bruno si può trovare davanti; potete stampare le 21 etichette a pagina 2 del link. Potete anche stampare le lettere (B, C, D, E, F) a pagina 3. Ogni etichetta riporta le lettere da mettere in ogni bicchiere a inizio gioco. Nel link ci sono istruzioni dettagliate e due esempi di partita; qua ne do un riassunto. Ada inizia mettendo una pedina su A. Bruno (che adesso è solo l’aiutante della MAB) prende il bicchiere corrispondente a questa configurazione (cioè una pedina su A e basta), pesca una lettera dal bicchiere e mette una pedina sul vertice corrispondente. Ada gioca la sua seconda pedina. Bruno prende il bicchiere corrispondente alla configurazione (due pedine di Ada e quella precedente di Bruno) che si trova davanti, ne pesca una lettera e mette una pedina sul vertice corrispondente.

A questo punto i casi sono due: 1) Ada mette la sua terza pedina e vince; allora Bruno NON deve rimettere nei due bicchieri usati le lettere che aveva estratto; oppure 2) Ada non può completare la configurazione che aveva prescelto, quindi perde; allora Bruno deve rimettere in ognuno dei due bicchieri la lettera che aveva estratto e aggiungerne una uguale. Man mano che si gioca (sempre solo uno dei giochi 1, 2 o 3) le lettere che fanno perdere la MAB spariscono, quelle che la fanno vincere si aggiungono. Vedrete che la MAB vincerà sempre più di frequente.

Non c’è alcuna sorpresa, dato il modo in cui abbiamo tolto e aggiunto lettere. Resta il fatto che la MAB vince sempre di più. Consiglio di giocare veramente, non solo di fare un esperimento col pensiero. Giocando, ho assaporato la differenza: un giocatore umano vince quando a) ha capito qual è la meta di Ada e b) ha concepito una strategia vincente; i bicchierini invece non “capiscono” qual sia l’obiettivo di Ada, non “concepiscono” una strategia, non “sanno” nemmeno di giocare, eppure pian piano finiscono per vincere. Che i bicchieri non “pensino”, almeno non come noi, è anche più chiaro che nel celebre esperimento mentale della stanza cinese di J. Searle.

Sì, dirà qualcuno, ma l’intelligenza artificiale è tutt’altro, c’è un computer, ci sono reti neurali profonde. È vero: ci sono mille tecniche ingegnose, oltre alle enormi capacità di calcolo; tuttavia la sostanza è sempre quella: “punire” la rete quando sbaglia, “premiarla” quando ci prende. In fondo, è il modo in cui abbiamo imparato tutto nei primi anni di vita e anche più tardi, in situazioni in cui l’esperienza ci ha insegnato più di qualunque modello razionale. Comunque, prima di sopravvalutare l’IA – nel bene e nel male – pensate ai bicchierini.